La scrigno sonoro di Zanzotto

Sono anni che vivo nell’afflizione per come la mia terra è stata trasfigurata , ferita a morte.

Da ragazzino le mie giornate solari le attraversavo vivendo in un luogo in cui era facile scoprire qualche incanto , perdersi.

La chiesa diroccata con il dipinto delle grazie sul timpano della facciata , con le strade scavate nella terra che la circondavano. I rovi che l’assillavano, quasi a impedire a noi di entrare; le gambe impazzite per il prurito per aver strisciato le orticarie. Vivevo completamento immerso nel paesaggio di un paese con qualche isola di campagna ancora intorno. Isole verso cui si approdava percorrendo; prima strade urbane (ancora prive di asfalto e di fogne), poi lunghi tratturi che segnavano la campagna incrociandosi, o perdendosi nei pressi di un alberata di asprinio, un noce , o un vecchio rudere.

Il paesaggio in quegli anni scolarizzava la mia anima, con esso mi educavo, prendevo forma, dimensione, mi sfamavo. Con le biciclette , con i miei compagni di giochi, mi recavo anche di notte nei pressi della chiesa delle Grazie (detta del Ponte di Friano), non appagati abbastanza di averla guardata, percorsa, con la luce del giorno. Sentivo (sentivamo) il bisogno di accostarci alle sue pietre nel baluginio della luce tremolante della notte, qualcosa di materno mistero ci attraeva, guidava.

Il quel luogo ho sperimentato la vita , ma ho anche scoperto la sconveniente presenza della morte; quando, entrando un pomeriggio nella navata della chiesa, scoprimmo uno scheletro di volpe con tutta la prole, che sotto un sole cocente di luglio, si dissolveva sotto l’assalto di migliaia di vermi famelici.

Vivevo profondamente immerso nella vita, ed essa  donava la possibilità di incontrare la morte, in tutta la sua ferita aperta, nel bel mezzo di un cammino gioioso, ancora acerbo. Quella visione, anche se tragica, mi educò ancora di più alla vita, al mistero creaturale , al palpito vegetale, delle cose.

Oggi per me la tragedia è un farmaco senza principio vitale, non da scandalo, non irrompe nella vita come un oggetto che marchia a fuoco la carne. Tutto scorre su un piano alienato, che corre come un nastro impazzito il cui spezzarsi non ha lo scoppio della morte in seno, ma un timbro sul nome burocratico di una vita sincronizzata con l’artificio.

“…in questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato o se ingoio.”

Questi ricordi mi arrivano sonori e visivi oggi che Andrea Zanzotto ha lasciato il mondo. Non è un caso, ma si aperto dentro di me come un “ricovero” destinale , in cui radunare i sedimenti, gli scoppi della mente, i palpiti che smuovono lo sterno.

Circa tredici anni fa , telefonai Zanzotto per invitarlo a presentare un suo libro nel mio paese, mi rispose che non poteva , che non stava bene in salute . In quel periodo ero in preda a profonde ansie : la terra in cui vivo , violata dai palazzinari , aumentava in me l’angoscia . Con la sua voce dolce , mi raccontò del paesaggio che nella sua terra era violato dal cemento … stava male anche lui , per lo stesso motivo che feriva il mio corpo , la mia anima . Mi raccontò tutto in quelle tre telefonate, con poche parole , autentiche , piene di indignazione e passione.

Conservo nella mia memoria quella voce come uno scrigno sonoro , che mi suggestiona e accarezza ancora.

Antonio D’Agostino

9 pensieri riguardo “La scrigno sonoro di Zanzotto

  1. grazie Antonio per le emozioni che mi hai dato, per aver riaperto una ferita che non dobbiamo far rimarginare : il nostro territorio, la nostra storia “nostalgia della memoria! direbbe il nostro Aldo Carotenuto e grazie per questo ricordo rispettoso e delicato per Zanzotto che hai avuto la fortuna di ascoltare: si uno scrigno sonoro prezioso a cui tu puoi dare voce per riprenderci la speranza, la gioia di vivere, la passione e la grinta per coltivare dentro di noi ciò che ci è stato violentemente sottratto e non consentire alla rassegnazione di occupare il nostro spazio vitale! un abbraccio! Pino

  2. grazie Antonio per le emozioni che mi hai dato, per aver riaperto una ferita che non dobbiamo far rimarginare : il nostro territorio, la nostra storia “nostalgia della memoria! direbbe il nostro Aldo Carotenuto e grazie per questo ricordo rispettoso e delicato per Zanzotto che hai avuto la fortuna di ascoltare: si uno scrigno sonoro prezioso a cui tu puoi dare voce per riprenderci la speranza, la gioia di vivere, la passione e la grinta per coltivare dentro di noi ciò che ci è stato violentemente sottratto e non consentire alla rassegnazione di occupare il nostro spazio vitale! un abbraccio! Pino Tartaglia

  3. Grazie, della condivisione, in questi dolorosi gg, dell’addio, sembra una gara (non qui) nel dire MI PIACE /NON MI PIACE” come lo spirito più triviale di fb può indurre, o le accese funebri rivalità sul carpire, Mi ha votato, non mi ha votato, etc.(Ahi bella Italia!)
    Maria Pia Quintavalla

  4. meraviglioso…..tutto quello che la mia anima avrebbe voluto esprimere…tutto il dolore che il mio corpo avverte quando il mio sguardo non riesce ad andar oltre…..

  5. Da un’ apnea di frustrazione dolore rabbia – con un grumo nero che mi ammutolisce e e non si scioglie- per caso sono incappato in questo scrigno “sonoro di emozioni”, che mi ha ridato umanità, commozione affetto. Grazie Antonio per la splendida sensibilità, per aver ricordato con tanta misurata dolcezza Andrea Zanzotto e per avermi fatto inspirare un soffio di aria pura nel lago oscuro di “silenzio” in cui mi trovo.

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