La luce che c’è oggi

metto qui un pezzo uscito ieri sul manifesto. spero che questo blog diventi sempre più punto di raccolta per i sensibili, i non affidati….per chi crede al nuovo umanesimo delle montagne…

grazie a tutti i comunitari che ieri erano con me a napoli.

***

Dentro la nostra testa non c’è più una vita pubblica e una privata. Ci possiamo svegliare alle quattro del mattino per lo stomaco che ci brucia, ma anche per le nostre difficili relazioni sentimentali e per lo sdegno di essere governati da un uomo moralmente morto, da un governo clinicamente morto. Il dopo quindici ottobre non sarà riflusso, ormai non è più possibile rifluire da nessuna parte. E non si illudano D’Alema e compagni che tanta rabbia possa rifluire in organizzazioni tecnicamente morte come i partiti. Ormai

la battaglia è aperta ed è destinata ad infuriare, con o senza manifestazioni a Roma, con o senza i giovani senza patrie ideologiche ed emotive che hanno sequestrato il corteo degli indignati. Adesso la scena della lotta è in ogni luogo, è un corpo a corpo con noi stessi e con le persone vicine. Si tratta di un lavoro millimetrico e oceanico allo stesso tempo. Andiamo avanti ogni volta che salutiamo con clemenza. Andiamo avanti quando ascoltiamo un vecchio, andiamo avanti quando i nostri ragazzi si decidono a vivere nelle nostre case raccontandoci come si sentono, quando capiscono che siamo curiosi di sentire come stanno. Andiamo avanti quando diamo valore a un libro e non a tutti i libri, a una persona e non a tutte le persone, a una parola e non a tutte le parole.   La situazione non è più sostenibile, non solo perché non ci sono prospettive di lavoro per le nuove generazioni e perché il pianeta con questo modello economico rischia di avere non più di due secoli di vita. La situazione è insostenibile dentro la testa delle persone. L’inferno più grande è lì dentro, è nella enorme confusione che ha preso le coscienze, nella labilità e volatilità dei desideri, nell’impazienza che è diventata il vero governo delle cose. E nello scontento che domina ogni scelta. Berlusconi se fosse stato l’uomo felice che vuole farci credere di esserci non avrebbe allestito il macabro rituale che sabbiamo. E Bersani e compagnia non avrebbero inventato un partito a cui non crede neppure chi lo dirige, un partito che sembra una tavola senza piedi, una mensa a cui tutti vogliono mangiare senza che cucini nessuno. Per sfamare la nostra rabbia bisogna mettersi a lavorare con più lena ciascuno nei propri luoghi. Ci vuole un anticapitalismo site specific, una lotta costruita su un alfabeto locale. Ogni volta che finiamo nelle astrazioni, ogni volta che ci intestardiamo a cercare un centro e a colpirlo, ecco che la bestia sfugge, ecco che ci ritroviamo a colpire noi stessi.

Abbiate fiducia, sono morti, si tratta solo di inumarli, ma dobbiamo farlo prima dentro di noi, questo è il più grande mutamento. Una volta che abbiamo seppellito per bene nella nostra testa certe posture, certe illusioni, ecco che l’aria si fa più chiara. Il mondo che verrà sarà necessariamente anticapitalista e sarà più lieto e più giusto di questo, ma dobbiamo uccidere in noi il feticcio del guadagno e della crescita. C’è un nuovo umanesimo che tutti assieme possiamo costruire e dentro questo umanesimo arriverà anche una nuova politica, una nuova cornice. Non è il sol dell’avvenire, è una luce che c’è già oggi, basta saperla scoprire.

4 pensieri riguardo “La luce che c’è oggi

  1. E’ sempre più difficile avere fiducia, però certe parole fanno bene, fa bene leggerle.
    E non perché danno speranza, ma perché infondono consapevolezza.
    Un saluto
    Pamela

  2. Questo tuo articolo, che ho desiderato e ottenuto che mi firmassi , l’ho preso come la dichiarazione di intenti di un intellettuale atipico (alla Zanzotto: “si sente la necessità”) che chiama alla mobilitazione delle idee; non tutti i libri, hai ragione… eppure mentre penso al Manifesto dei Briganti dell’Accidia, me ne vengono in mente ossessivamente altri. Non è inutile Franco, scriverli qui, sotto quella tua firma per la “rivoluzione”: il Cristo di Eboli ha inaugurato l’antropologia italiana vera, e così Scotellaro…ma oggi penso al Brigante di Berto e a Fontamara di Silone che le maestre sagge mi facevano leggere in classe. Sono le mie terre, di una Lucania estesa fino alla Terra di Lavoro, è la mia storia interrotta dal salto dell’era della pietra dove era, o forse meglio, era della gleba a quella della piastrella, come dici tu.
    E’ l’arrivo dietro l’angolo della selva che ci auguriamo dopo l’era della betoniera: è la “sagra del futuro” a cui non possiamo mancare. Il ricongiungimento, anche letterario, dei paesi… e in quella selva, dove questa sagra si svolge, il brigante che è in me, dalla terra di Fra Diavolo e Chiavone, aspetta in agguato di fiera.

  3. Dopo averti letto quando fai ragionamenti di questo tipo, come spesso mi capita, mi viene voglia di contraddirti.Vorrei parlarti di come è difficile amministrare le comunità, di come è difficile spendere le risorse che non ci sono,di come non credo nel comitatismo,di come ritengo che i partiti non siano ancora completamente defunti e che ci sia ancora qualche spazio per tentare di fare bene. Ma poi mi disarmo e faccio prevalere la mia attitudine alla rivoluzione clemente , alla decrescita necessaria, all’utopia e partecipo alla sagre del futuro.Allora comincio a sperare nell’umanesimo di cui parli sperando nella reciprocità dei miei interlocutori. e vado avanti.
    angelo castelluccio

Rispondi

Scopri di più da Casa della Paesologia

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading