La lingua appoggiata sulla terra
come la suola delle scarpe.
appoggiare la lingua
le mani
costruire con gli occhi
col sorriso
riempire il mondo di fiato
e di calore
non di cemento e di strade,
mettere fuorilegge le betoniere
bandire il calcestruzzo
armare solo la pazienza
la dolcezza
amare il vuoto
svoltare con violenza
verso la povertà
svoltare assieme
tornare non al mondo contadino
ma a ciò che c’era prima
che nascesse il mondo
cancellare dentro la testa
i deliri degli ultimi millenni
e stare qui a lodare
quello che non c’è
quello che non abbiamo.
franco arminio da “doppiozero”
resto dell’idea che è più difficile ma più utile riempire di fiato e calore le strade e il cemento.
come dici tu mi pare un gol in fuorigioco.
Amici, io penso che [” cancellare dentro la testa/ i deliri degli ultimi millenni…/,F.Arminio ], in particolare dell’ultimo secolo che ha scempiato tanto paesaggio e umanità anche con artificiose ideologie, peraltro tutte immolate nella corsa sfrenata di un benessere non sempre equo e solidale, sia precipuo dovere di ognuno di noi; arrestare questa corsa all’impazzata , che ormai colora giorno per giorno la nostra anima di grigio, lo si può fare solo incontrando altra gente e altri luoghi, vale a dire la vita che resta nelle pietre delle case, negli stridori del nostro tempo inquieto o nel vento che sbatte contro un uscio abbandonato. Osservare il vento, mentre cadono le foglie in altro luogo sconosciuto, visitato con clemenza, al di fuori delle sterili luminarie natalizie, che ormai partono con 40 giorni d’anticipo, non può che farci bene; essere per un attimo negli sguardi degli altri per scalfire una parlata, la storiografia, il murmure di un fiume significa in qualche modo affratellarsi alla natura, fare compagnia al paesaggio, tributare un saluto al mondo per riconciliarsi nel proposito di un avvenire contemperato che reclama attenzione e consapevolezza…
Un saluto affettuoso a tutti, Gaetano.
…quel che ci illudiamo di avere e che non avremo mai.
Dall’Aquila un doppio grazie.