Latouche , Arminio e il Crocifisso

Conferenza del filosofo Serge Latouche con lo scrittore Franco Arminio, qui ad Avellino al Palazzo Vescovile. Grande folla e partecipazione. Attesa. L’Aula conferenze del Vescovado si è rivelata  insufficiente , ma tant’è. Eccone un resoconto estremamente semplificato,  in presa diretta dal cellulare di Raffaele Cutillo (che trovate in versione non ritoccata sul suo profilo facebook). Qui ho operato delle aggiunte. (Salvatore D’Angelo)

 

 di Raffaele Cutillo & Salvatore DAngelo

Arminio chiede a Latouche:

Ti sei mai rimproverato di essere una ossessione positiva? Stai smontando pezzo per pezzo le certezze di 20 secoli. Credo che la tua idea di decrescita, ricca di sviluppi politici, nel senso di un possibile nuovo esperimento di vita basata non sulla logica capitalista del profitto e del feticcio “sviluppista”, ma sui sensi e su un nuovo rapporto corpo – paesaggio, qui in Irpinia terra dell’orlo, della modernita’ non arrivata, può avere un fertile terreno di coltura. Ma prima di parlare di questo (ne parleremo più avanti) vorrei chiederti: Qual e’ il rapporto con il tuo superlavoro?

Latouche:

ho lavorato solo 2 mesi nella mia vita, alle poste francesi. Dovevo catalogare vaglia e assegni. Era un inferno. Poi il lavoro di studio e di ricerca è stato un “piacere”, non l’ho mai considerato un lavoro. Il solo inconveniente è stato farlo in ore prefissate. Ora , pensionato, penso e leggo senza tempo, per il puro piacere. Travaille e’ sinonimo di tortura.  L’ obiettivo dunque e’ duplice  primo assicurare un lavoro per tutti  al di fuori della logica produttivista, poi in una seconda fase abolire il lavoro come attivita’ di sofferenza. Siamo colonizzati dalla societa’ della scarsita’ e della frustrazione. Le societa’ felici non consumano. Dunque, per garantire sempre maggiore consumo, occorre una società di infelici. Occorre creare sempre nuove aspettative, nuovi bisogni da in/soddisfare per creare nuova tensione al bisogno insoddisfatto e nuova aspettativa, come insegna la tecnica pubblicitaria. Tutto ciò al solo fine di riprodurre ad libitum la logica alienata del profitto che alimenta altro profitto, staccata dall’essenza umana, una rapacità che produce  scarsità Paradossalmente si può dire che l’ Eta’ della Pietra era un’ Eta’ dell’Abbondanza, fondata su pochi bisogni e su molto tempo “liberato”, per le attività dell’interrelazione umana Occorrevano un tre ore per la  Caccia ai bisonti e il resto della giornata era devoluto alla festa, alla danza. Oggi un’ autentica Societa’ dell’ abbondanza  può esistere solo con il Limite, ma bisogna uscire da questa logica sviluppista e rapace. Mettere freno alla avidita’ ,  una tragedia che distrugge il  pianeta e la societa’.

Arminio:

Posso dire che ero per la decrescita  già a 8 anni, quando andava via la luce e si poteva stare senza la Tv e si giocava intorno al fuoco, oppure quando nevicava e le macchine non potevano circolare. Per me l’adesione all’idea, al concetto di decrescita prima che astratta, intellettuale è una sorta di primaria adesione fisica, è un rapporto stretto tra il mio corpo e l’ambiente circostante; è un sentire il corpo del paesaggio con occhi nuovi, con gli occhi dell’adesione clemente ad esso, non invasiva. Qui, sull’orlo, ai margini delle grandi città ci sono grandi possibilità per una vita fondata sulla decrescita. Occorre mettersi in  cammino nel proprio territorio ri/scoprirlo con cuore e sentire nuovi, in maniera quasi religiosa. Viaggio nei dintorni, non in Tailandia. Latouche e’ costretto a girare il mondo, Vancouver, Francoforte. Ma ci sono pezzi di mondo che hanno bisogno di sguardo. Hanno adiacenza tra loro: bisogna riscoprire  la comunita’. Dove si puo’ ricostruire. L’Irpinia e’ a tal riguardo il luogo ideale di questa indagine. La decrescita e’ una necessita’. Gli uomini hanno capito che bisogna svoltare. Questi pezzi residuali dell’Occidente hanno bisogno di rivalutazione. Che ne pensi, Latouche?

Latouche:

Ad un convegno nei paesi baschi, abbiamo simpatizzato… In Francia abbiamo fatto per anni lotta su organismi geneticamente modificati, che amplificheranno anche i pesticidi. Crediamo con una piccola fattoria di aver vinto una battaglia, ma sappiamo che e’ difficile. La Resistenza e’ una necessita’ come in val di Susa. Abbiamo distrutto il socialismo utopico dell’800. Ma non  abbiamo una nuova tensione utopica.  Ad ogni modo devo dire che Franco è proprio un poeta e che sì, nel filone del pensiero della decrescita questa via poetica ha una sua dignità e coerenza al pari del filone politico e di ricerca teorica.

 


Ar

Arminio:
Latouche e’ un rivoluzionario, pur non incendiando il palazzo. Pure vorrei sottolineare un grave problema che affligge il mondo moderno, l’ autismo corale: tutto l’occidente e’ solo, ciascuno gira su se stesso, incapace di vero contatto, di una comunicazione autentica L’uomo ha nostalgia di quel momento in cui non e’ stato solo. Negli anni 60 eravamo felici per quella trama contadina ancora viva e per l’essenziale del benessere, l’acqua calda, e poche altre cose. Dopo il terremoto si e’ rotta questa condizione. La decrescita va messa nelle orecchie e nel cuore  delle persone sul piano affettivo. La dimensione sentimentale, l’emozione, puo’ essere il punto di forza della decrescita. Costruire una nuova dimensione umana.

Latouche:


Dobbiamo ritrovare la poesia e nel contempo approfondire gli  studi politici, teorici della decrescita. Siamo condannati alla barbarie. La gente ha bisogno di cose oltre i libri ed oltre il puro consumo. La Tatcher diceva che la societa’ non esiste, esiste solo l’individuo. Lei rifiutava la solidarieta’, quindi. Io dico invece che ci vuole nostalgia della comunita’. Occorre recuperare e rivivere  la convivialita’. Per Aristotele alla base delle relazioni umane autentiche  c’era la filia, il sentimento dell’amicizia, ma inteso in maniera più ampia rispetto alla pura relazione amicale a due; la filìa era la tensione al vivere comunitario, alla condivisione. Nella società dei sodali greci tutto veniva messo in  comune. Ecco, bisogna recuperare e rivalutare la   logica del dono, quella sorta di obbligo/necessità  di dare e ricevere che ha a che fare col profondo del nostro essere e che forma la base della famiglia, della famiglia in senso lato e in senso umano esteso. Dopo l’individualismo si puo’ tornare alla filia aristotelica. Si, con la convivialita’. La reciprocita’ e’ la nostra sfida. Realizzare una societa’ conviviale e’ la nostra risposta.

Arminio:

Io credo sia più agevole realizzarlo nei piccoli paesi. Piccoli paesi Grande vita, per usare uno slogan. Anche solo 200 persone  sono una risorsa, un tesoro inestimabile. Quando muore una persona in un piccolo paese il colore stesso di quel paese cambia. Quando abbracciamo, ammiriamo, siamo risorsa. La decrescita non e’ astio verso la modernita’ ma tributo al futuro. Quando visito Montaguto, Cairano, Andretta e vedo i vecchi, gli emarginati, le persone che vi vivono, mi sento parte di essi, sento che essi sono una vera risorsa. Ma non è nostalgia del paese chiuso, di un passato mitico inesistente, ché quel passato era fatto di durezze e fatica,ma è la necessità di vivere in una dimensione più ridotta, più concentrata, più a misura umana e più vicino alla naturalità, insomma  vorrei che con questi paesi noi si entrasse assieme  nel futuro, nella vera modernità civile, tutta da costruire.

Latouche:

Arminio e’ un poeta. Io sono attaccato alla vita cittadina, non contadina. Si, possiamo avere rapporto al massimo proprio con 200/300 persone , laddove possiamo esercitare più agevolmente  la democrazia diretta…valorizzare e rivalutare la dimensione delle reti territoriali, ma vi sono alcuni grandi temi, come il regolamento climatico, ad esempio,  che  si risolve solo su scala mondiale e con una visione a trecentosessanta gradi. Fondamentale è una nuova idea di democrazia, diretta e partecipata, perché la democrazia e’ ancora il modo migliore  di gestire i conflitti, in una visione urbana e rurale basata sulle mediecittà. Le megalopoli sono condannate. L’impero romano non e’ mai caduto, di fatto. La globalizzazione romana ad un certo  punto semplicemente non ha piu’ funzionato, perché – fondate com’erano le città dell’Impero sulla rapacità e lo sfruttamento intensivo delle risorse allotrope – esauritesi queste, esse si sono svuotate. La Roma imperiale del Quarto secolo dopo Cristo, una volta esauritosi il grano egiziano e le grandi scorte di ricchezza  provenienti dall’oriente e dai confini dell’Impero, dal milione e duecentomila abitanti che era, si è andata svuotando : i ricchi nella campagna circostante e le masse povere in emigrazione in senso inverso, fino a ridursi a circa trentamila abitanti. Parimenti, con questi ritmi di sfruttamento e di consumo delle risorse nel mondo globalizzato in cui viviamo Tokyo o Citta’ del Messico sono destinate a perire. La citta’ ideale e’ Siena.  Dico infine che vi è un visione cittadina della decrescita e una visione contadina ed entrambe possono dare un contributo per indicare un via d’uscita dalla crisi irreversibile di un sistema.

Nessun dibattito… Eh sì, quando l’ambiente stava per riscaldarsi veramente, si è preferito chiudere per la stanchezza manifesta dell’ospite, toccato da una giornata intensissima, prima all’Università di Napoli e poi in Irpinia, dove ha incontrato gli operai dell’Irisbus presso il sindacato provinciale.

(Tutte le foto sono scattate dal cellulare da Raffaele Cutillo)

29 pensieri riguardo “Latouche , Arminio e il Crocifisso

  1. In omaggio alla sede ospitante latouche ha fatto la sua orazione millenaristica, con l’annunciazione della fine del mondo a causa del maligno (incarnato nella multinazionale alla guida della mega-macchina) e la sua proposta escatologica.
    Qui non ho capito bene se il nostro fissa l’aldiqua in un eden pre-neolitico o nella rinascimentale città di siena.
    In attesa di sviluppi, mi permetto di suggerire la prima che ha detto, giacché proprio a siena il demonio ha cominciato a spratichirsi con la finanziarizzazione e la globalizzazione dell’economia.
    Per l’intanto, pronto alla conversione non appena l’argomentazione latouchiana faccia almeno un accenno di inchino anche alla ragione, mi mantengo ancora sulle mie posizioni, e cioè che fanno più danni le bomboniere degli OGM.

  2. grazie a raffaele e salvatore
    per questo prezioso post.

    e che ognuno si esprima, presenti e assenti…
    bello l’intervento di paolo
    nel senso che siamo qui per dirla tutti, senza infingimenti
    cp è un bel luogo per far germogliare idee
    per farlo fuori dai professionismi

  3. in Italia c’è un pensatore che da decenni parla di “decrescita”. Prima di Pallante e Latouche. E’ Massimo Fini che ha scritto “La Ragione aveva Torto?” (1985) e ha fondato il Movimento Zero.

  4. Interessantissima serata ieri, emozionante davvero, peccato non sia stato possibile porre qualche domanda, ad esempio Latouche ha affermato che per vivere meglio bisogna ripensare quindi la società, inventando un’altra logica sociale. Ma qui si pone la questione più difficile: come costruire una società sostenibile, in occidente come nel Sud del mondo?
    Comunque subito dopo, tornato a casa, mi sono letteralmente “goduto” il video Di mestiere faccio il paesologo………..bellissimo !

  5. Grazie a chi ha postato. mi dà la possibilità di esserci stato.
    Mi ha colpito la frase di latouche dove parla della decrescita cittadina ,sull’agonia delle megalopoli.Anche la durezza e l’stinazione dell’apologia del vuoto, del naturalismo paesologico di Franco sono concetti che forse meritano approfindimento, lettura ed ulteriori considerazioni. grazie ancora alle comunità provvisorie. speriamo di rivederci al più presto.

  6. in ordine temporale, il primo a parlare di decrescita è stato Ivan Illich in tanti suoi libri e interviste. comunque, non è questo il problema. bisognerebbe capire fino a che punto la decrescita è estendibile all’interno di un sistema socialmente rappresentato. oppure può essere praticato da gruppi grandi o piccoli…..
    il tema è : può la decrescita diventare una prassi politica nei sistemi amministrati?!

  7. “….per scegliere una vita austera con strumenti conviviali bisogna difendersi dall’imperialismo dei megastrumenti in espansione; tale difesa non sarebbe possibile senza un esercito moderno, che a sua volta richiede un’industria in pieno sviluppo. In realtà, la ricostruzione della società non può essere protetta per mezzo di un esercito, innanzi tutto perché sarebbe una contraddizione in termini, e poi perché nessun esercito moderno d’un paese povero potrebbe essere una valida difesa contro un tale potere. La convivialità sarà opera esclusiva di persone che usino un’attrezzatura da loro effettivamente controllata. I mercenari dell’imperialismo possono avvelenare una società conviviale, possono distruggerla, ma non conquistarla. ” Ivan Illich

  8. ottime le riflessioni di antonio.
    su, fate anche girare questo post, io l’ho comunicato su fb
    cerchiamo di fare di cp un luogo da cui si irradiano idee
    e questo colloquio con latouche è una buona opportunità.

  9. mi fa piacere che davide citi massimo fini, che io leggo da anni con piacere. sarebbe bello che massimo fini divenisse un patrimonio comune della comunita provvisorie, anche come ospite a qualche nostro evento. per capirlo in breve tempo consiglio di leggere il suo “il mullah omar”

  10. la vita attiva
    e quella arresa
    ben mischiate
    solitudine e comunità
    silenzio e parola.
    queste sono le nostre verità
    provvisorie
    le nostre miserie
    le nostre glorie.

  11. tre modi di pensare alla vita individuale:

    -vita paesologica e comunitaria
    “Dai nostri luoghi, dal museo dell’aria e del buio, dal museo del silenzio e della luce, possono raccogliersi gli sguardi di un nuovo umanesimo delle montagne, delle colline e delle pianure, un nuovo modo di abitare, di stabilire relazioni tra gli uomini e tra gli uomini e la natura: di pensare, insomma, il futuro.
    In un momento in cui “il centro” è sfinito, ridotto a una mera giostra dell’autismo corale, noi vogliamo essere il punto di una rete stabile tra le diverse esperienze che si muovono ai margini, e che dal margine vedono già ciò che al centro appare opaco e resta impensato” F. Arminio

    – vita austera
    “Per Aristotele come per Tommaso d’Aquino, essa ‘l’austeritas’ è il fondamento dell’amicizia. Trattando del gioco ordinato e creatore, Tommaso definisce l’austerità come una virtù che non esclude tutti piaceri, ma soltanto quelli che degradono e ostacolano le relazioni personali. l’austerità fa parte di una virtù più fragile che la supera e la include: ed è ‘la gioia’, ‘l’eutrapelia’, ‘l’amicizia’…” Ivan Illich

    -vita per un abbondanza ( o decrescita ) frugale
    “…ma non si tratta di una austerità virtuosa sostenuta da Illich e che noi preferiamo chiamare frugalità, bensi di un’asterità che priva non soltanto del superfluo ma anche di una parte sempre più grande del necessario…..come una strana e masochistica concorrenza nella corsa all’austerità……” Serge Latousche

  12. Credo che tutto sommato alle teorie di Latouche sfuggano, o quantomeno non sembrano centrali, le implicazioni su scala globale del problema energetico. Mi permetto di evidenziare che non mi sembra plausibile immaginare di impiantare comunità frugali nelle aree metropolitane del mondo.
    Atteso che Latouche possa aver ragione quando paragona le “megalopoli” – che comunque non sono le aree metropolitane , le grandi città e i loro contorni – alla implosione di Roma imperiale che da un milione di abitanti si ridusse a trentamila, resta fondamentale comprendere come in un tempo storico di 30-40 anni , di transizione, noi ci rapportiamo alle questioni energetiche globali.
    La modifica degli stili di vita non possono comprendere la rinuncia ad alcune conquiste di benessere, socialità, comunicatività che una parte del mondo ha raggiunto ed esploso e l’altra parte del mondo tende disperatamente a raggiungere.
    E’ opportuno lavorare su una redifinizione del rapporto politica-economia-società. Mi pare evidente che l’economia resta centrale nella vita degli uomini.
    Della serata di ieri mi porto con me la sensazione straniante e comunque positiva del fatto che nel palazzo vescovile, al cospetto del Vescovo parlassero pensatori come Arminio e lo stesso Latouche (che citava anche eco-anarchici e rivoluzionari che poco hanno a che fare con la religione cattolica) che credo solo 15 anni fa non avrebbero avuto udienza pubblica nemmeno dall’ultimo rappresentante del clero: questo si è il segno di tempi nuovi.
    Ancora, Latouche ieri sera , nella trasmissione di Santoro Spazio Pubblico su Cielo, intervistato, ha fortemente auspicato il ritorno agli “scudi” come monete nazionali, distruggendo il concetto dell’Euro. Anche questo punto di vista è ancor più discutibile: dal mio ogni ridefinizione dei sistemi sociali ed economici, calibrati sulla limitatezza delle risorse , non può prescindere dall’impegnarsi senza sosta per la costruzione di un Europa politica delle comunità, preludio ad un mondo pacificato delle comunità e dei popoli. Scusatemi, ma in queste esternazioni televisive ho ravvisato una posizione che una volta si sarebbe definita conservatrice e reazionaria.
    Comunque è un bel viatico per discutere e come al solito imparare a crescere confrontandosi.

  13. … se non ho capito male, la curia (il vescovo) ha donato un terreno alla provincia (sibilia) per la costruzione di un parco etologico (canile, in latino) che sarà gestito (a la latouche) dalla fattoria sociale.
    noi eravamo lì in rappresentanza dei cani. a fine serata, secondo costume, abbiamo abbaiato alla luna…

  14. “A questo punto, per quanto mi riguardava, le 42.500 miglia di autostrade larghe e dritte potevano anche andare all’inferno; io preferivo viaggiare sui tre milioni di miglia costituiti dalle strade rurali americane, strette, tortuose e a due sole carreggiate, quelle cioè che portano a Podunk e Toonerville, tra i campi, i boschi, i piccoli borghi, gli stagni, le stazioncine sperdute, i punti-panoramici-della-strada e i paesini che “se ti distrai un attimo li hai già superati”. In quei posti dove viene da dirsi: “Mio Dio! Pensa se vivessi qui!” Nel bel mezzo del Nulla”

    William Least Heat Moon – Strade Blu

  15. L’ altra sera sono rientrato a casa a mani vuote. La sala era colma ma la misura non è stata oltrepassata, dal calice del discorso non è caduta una parola. Vista dall’altura la decrescita è alle spalle.

  16. purtroppo non ero ad avellino ad ascoltare latouche, di cui ho seguito un ciclo di lezioni nella mia università.
    ho però percepito molto clamore e attenzione attorno alla sua visita, ma non so se gli operai Irisbus e gli altri che vivono le difficoltà di questa provincia, imprenditori compresi, siano rimasti soddisfatti delle sue ipotesi.
    e il commento di fabio mi conferma questa idea.

  17. Leggendo la cronaca (ma parto prevenuto con Latouche da cui, è un economista?, mi aspetterei calcoli, modelli, statistische invece che vaghe indicazioni “decrescita e danze neolitiche post caccia, da quella parte”) l’incontro mostra un paradosso: la paesologia (col suo approccio sentimentale, contemplativo, inutile, quasi mistico) siccome va dritta all’uomo, va anche al centro del problema e risulta più pragmatica.
    “L’umanesimo delle montagne”, “coniugare il pero selvatico col computer”, “le nostre case piene di oggetti non rari” hanno una forza viva che diventa programmatica e supera i modelli economici alla buon selvaggio.
    Forse ho studiato poco (sicuramente), ma come fa Siena a essere un modello di città (Siena!?).

  18. a un certo punto del colloquio ho avuto alcuni passaggi
    che mi sono parsi decisamente felici.
    forse se ero io il francese
    i commenti sull’incontro avrebbero avuto altri accenti.

  19. … “Dobbiamo ritrovare la poesia e nel contempo approfondire gli studi politici, teorici della decrescita. Siamo condannati alla barbarie. La gente ha bisogno di cose oltre i libri ed oltre il puro consumo.”

    grandissimo! Bello e interessante, grazie Franco

    Luigia Sorrentino

  20. È stata una serata triste. Personalmente ho messo in conto un centinaio di chilometri e sottratto tempo e affetto ai miei bimbi. Latouche è stato deludente e per certi aspetti assente. Il punto chiave di tutto credo sia stata la prima domanda che Arminio ha fatto a Latouche, Arminio ha cercato il corpo di Latouche e la non risposta del francese ha chiuso la porta alla “rivoluzione” della serata, poi lampi del pensiero arminiano hanno tagliato l’aria surriscaldata della sala ma il pubblico, fatte alcune eccezioni, non era lì per Arminio. Arminio viene da Bisaccia e nei suoi discordi cita cairano, senerchia, friggento, e sono discorsi che in Irpinia non radunano folle. Quando capiremo che montaguto val bene una messa?!

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