La crisi dell’Armonia

Premessa: un sistema che fallisce sul suo presupposto fondante è un sistema che perde il suo motivo d’essere. Il presupposto fondante del capitalismo è l’economia. La parola più usata da anni è crisi economica.
Non ci vuole Aristotele, ma rileggere Marx è utile, come ormai riconoscono anche gli economisti più testardi, per capire dove il capitalismo non ha funzionato e ciò verso cui la comunità terrestre non può che tendere per salvarsi: politica, nel senso datole da Don Milani di “fare le cose insieme”, ma soprattutto equità e bellezza, comunità, e convivialità. Ciò che San Giovanni della Croce chiamava nel 1584 “presenza e figura”.

“La tristezza d’amore non si cura
se non con la presenza e la figura”

“In questi due versi, c’è la storia dell’umanità e tutta la poesia”, scrive Maria Zambrano.
La “tristezza d’amore” è l’umore dell’umanità nell’epoca attuale, svuotata dalla scienza (economica od altra che sia), la nuova teologia, ed abbruttita e ridotta in miseria dai servi di essa. Chi può riempire questo vuoto d’amore ormai secolare? L’Altro, ossia la “presenza”, e la bellezza del simbolo dell’Altro, ossia la “figura”.

Abbiamo bisogno dell’Altro, di riscoprirci comunità e accettare il conflitto che ad essa appartiene e che da decenni ignoriamo con una ipocrisia istituzionalizzata, di stato.
“Verrà un giorno in cui la guerra ucciderà la guerra grazie al progresso scientifico che consentirà devastazioni così tremende che ogni conflitto diventerà impossibile” scrisse   Louis Pasteur ancora nel XIX secolo. La minaccia costante degli ultimi sessant’anni di una terza guerra mondiale, combattuta con armi di distruzione di massa, ha imposto all’essere umano una pax atomica insostenibile e profondamente ingiusta, operata dalle due nazioni dominanti dell’ultimo secolo per soggiogare il resto del mondo ai propri interessi. Ne sono scaturite infinite guerriglie e guerre civili “più feroci e crudeli della guerra, perché coinvolgono principalmente fanatici o uomini esasperati, spinti da odio ideologico o religioso.” (Massimo Fini)
Guerre tra poveri, in angoli dimenticati del mondo, mentre i luoghi d’interesse dei potenti venivano conservati con colpi di stato e il quotidiano oblio imposto da feroci dittature. Così come oggi, per un cazzotto od un’offesa verbale, si finisce in galera, in nome di un quieto vivere imposto dalla ragione ed insostenibile per il cuore, che assomiglia sempre di più ad un sonno del corpo e della mente, e che ha svuotato borghi e paesi in nome di città verticali ed obliquamente disumane. Ambedue le condizioni,di macro e micro pace ipocrita, si accordano alla necessità scaturita dall’ideologia di fondo, il liberismo sfrenato che ci ha trasformati da uomini a consumatori ed ha trasformato i nostri sogni in desideri. E l’immaginario dell’uomo è stato ridotto ad uno scaffale di un discount.
Il positivismo e il culto del progresso ci hanno illusi di poter vivere in un mondo di perfetti uguali e di trovare ciò che desideravamo. E’ finita esattamente al contrario: siamo finiti per desiderare ciò che troviamo, sostituendo “la pubblicità alla morale,. (Ennio Flaiano)
Questa logica del controllo istintuale e dell’inibizione spirituale fu fatta in nome di quei valori traditi da quel sistema a cui ci siamo affidati passivamente, il capitalismo, i cui tragici effetti non possono più essere contestualizzati attraverso l’effetto di sottosistemi devianti. E’ il Sistema, ad esser deviante, ed i sottosistemi ad aver connaturata in se stessi la tragedia, l’isolamento, una diaspora apolide, dimentica di sè.

La fine del capitalismo è il ritorno dell’uomo, d’un “nuovo umanesimo”, e la crisi, un momento della storia dei popoli, non un ingranaggio inceppato d’un sistema che ha finito per dominarci e degradarci, invece che sostenere il nostro benessere e l’armonia della comunità terrestre.
Non abbiamo bisogno di tecnici ed economisti, ma di uomini e poeti. Di riscoprirci, da animali asserviti all’ideologia scientista e alle macchine, a uomini, pensanti e pulsanti , che si servono di strumenti per diffondere armonia, quell’”invisibile agli occhi” che nessuna tecnica può spiegarci, ma che spesso gli uomini sanno creare senza che niente debba accadere.
Albert Einstein scrisse: “La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e disagi, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. (…) Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. (…) Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla”.
E noi oggi si, “Vogliamo il pane, ma anche le rose”. (Riccardo Rita)

“Ci dev’essere stato un momento in cui sentire e capire erano la stessa cosa”, scrive  ancora Maria Zambrano, a proposito di quell’invisibile agli occhi, “la presenza e la figura”, che qui chiamo, ed amo chiamare, “Armonia”, il vero ed unico parametro possibile ed essenziale dell’attuale crisi. La comunità terrestre è orfana d’oggetti d’amore, ma una profonda “ecologia della mente”, come direbbe tutt’oggi Gregory Bateson, e la bellezza, possono ancora salvare l’umanità.
Carl Rogers, illustre psicologo umanista, descriveva questa nostra vita ed insieme questo (non nostro) mondo che ci accade, attraverso la metafora della patata: così come questa, riposta in una cantina buia e nonostante le condizioni sfavorevoli, germogli ugualmente e cerchi comunque di crescere tendendo verso la debole luce di una finestrella, così la vita tende al “disegno intatto” che le sopravvive, quel disegno cantato con sublime grazia nei seguenti versi, versi eterni, di Osip Mandel’štam.

“Io sono il giardiniere, e sono fiore;
nel mondo-carcere io non languo solo.

Già sui vetri dell’eternità è posato
il mio respiro, il caldo del mio fiato.

L’impronta lasceranno di un disegno,
e più non si saprà che mi appartiene.

Scoli via la fanghiglia dell’istante:
rimarrà il caro disegno intatto”

Franz Marc, "Cavallo nel paesaggio", 1910

13 pensieri riguardo “La crisi dell’Armonia

  1. Riflettere sul tema della crisi “epocale” che stiamo comunque vivendo non da soggetti ma da oggetti significa primaditutto convenire intellettualmente e praticamente che ” l’unica crisi pericolosa, è la tragedia di non voler lottare per superarla”.
    In un secondo momento riconoscere che la viviamo non un un regime di soggezione ma di libertàse pur in un sistema di democrazia di democrazia formale mai definitivamente compiuta.
    E’ proprio la “democrazia” (moderna e degli antichi) non rappresenta solo la cornice dei nostri ragionamenti ed azioni ma ci obbliga a ripercorrere quel percorso intellettuale, che muove proprio dalla constatazione che nel regime della libertà (il regime in cui tutti sono ugualmente liberi) una tale libertà può anche rendersi povera e inutile perché incapace di strutturarsi nelle forme razionali della convivenza civile. La democrazia di cui parla Platone, proprio come la democrazia del nostro tempo, è il regime della crisi, perché è incapace di contenere la forma della scienza; per questo il filosofo si muove alla ricerca di una politica nuova, nei confronti della quale manterrà comunque un rapporto travagliato, di dubbi, prove ,errori, speranze ,sconfitte……..per praticare amore, bellezza, poesia, armonia,disegni intatti,le sfide alla routine e alle lente agonia……per sentirci “orfani di oggetti di amore, non di beni di consumo”
    mauro orlando

  2. Conosco troppo poco Platone per rispondere nel merito, grazie dunque doppiamente del tuo spunto, Mauro.
    Io credo che un ritorno alla mistica sarà del tutto naturale, un rifugio caldo, un disegno ancora intatto, che spesso l’uomo ha cercato nella sia storia dopo momenti di febbrile (e cieca) accellerazione della ragione. Una mistica oggi, potrebbe esser considerata già l’apertura alla complessità di varie discipline scientifiche. Vangeli apocrifi, in una epoca senza alcun profeta da ricordare ai posteri.

  3. La società non migliorerà e non risolverà i problemi fino al giorno in cui chi comanda non comprende che nessuno può restare indietro. Finchè c’è gente che crede nell’eccellenza, nelle classi sociali, nella possibilità di stabilire un’area dove vivono e operano, meritoriamente, noi che siamo quelli che, rispetto a tutti gli altri, finchè questo dura non si risolverà niente. L’italia è da sempre un paese costruito in questo modo, è stato il grande errore della Democrazia cristiana, nonostante la stretta connessione con la religione, peggio ancora in questa Seconda Repubblica dominata dai partiti politici che dello snobismo hanno fatto una filosofia portante.
    E oggi lo vediamo in Europa, con l’atteggiamento intransigente ma inascoltabile della Germania, che, per quanto mi riguarda, se la facesse da sola la sua Europa.
    Marx o non Marx, Keynes. @ Paolo: per cortesia, puoi spiegarmi cosa hanno corretto in Cina? Io vedo un paese governato da un solo partito, dove se protesti te le suonano come si deve e ti sbattono in galera, dove la corruzione è alle stelle e la gente lavora anche quindici ore al giorno e senza diritti sindacali, altro che abolizione dell’articolo 18. Ma forse mi sbaglio…

  4. in cina, i comunisti al potere hanno riletto marx e – con buona pace di pascoski – non hanno corretto il capitalismo ma il maoismo, introducendo proprietà privata, libera iniziativa, commercio internazionale, profonde modernizzazioni.
    Che stiano sbagliando non c’è da convincere me, ma i cinesi…

    sul fatto che in cina non ci sono diritti sindacali – nella misura in cui è vero – bisogna sapersene ricordare più che altro quando si comprano smartphone…

    1. Paolo, non ho mai parlato di Cina, quindi sono ed ero in pace comunque. So bene come vanno le cose là, e di Marx non hanno neanche il fiocco, ormai, al massimo la bandiera, per chi ci crede ancora e neppure ho detto che Marx ci salverà, casomai ho scritto che è utile a leggere il presente. A te, con il sorriso, consiglio di leggere meglio i miei post.

  5. Il problema di questa Europa è che è una unione monetaria (neppure finanziaria, ed oggi lo si vede benissimo) e non culturale e comunitaria. E non è un caso che più si va verso un’idea di Europa federale e più i localismi, talvolta purtroppo anche quelli meno genuini e più in malafede, tornano come esigenza della collettività.
    Se il paramentro di relazione con l’Altro resta la competizione per sopravvivere, emergere, eccellere, non c’è alcuno spazio per quel termine che ho letto qui per la prima volta legata ad un’idea di società, la “convivialità”, quello star bene perchè si gode dell’immateriale delle relazioni e del contatto puro tra noi e gli altri, il tutto, ancora, il “disegno intatto”.
    Finchè l’unico metro di valore sarà il denaro, non ci sarà spazio per l’uomo. Sarebbe molto bello, per questo, parlare qui delle nuove teorie comunitarie sul Benessere Interno Lordo, che va a braccetto con la per fortuna (almeno qui) decantata (giustamente!) decrescita.

  6. Splendide e belle le parole di Mandel’stam. Degna conclusione di un interessantissimo post, che ho apprezzato per lo sforzo di sintetizzare un concetto di armonia che sia prodotto del megtlio del pensiero marxiano ( e dico “marxiano”, di Marx e non “marxista” di tutti gli “ismi” stravolgenti), e il grande pensiero mistico (ma più che mistico, direi “UMANO”, dal concetto rinascimentale di umano, con i dovuti aggiornamenti).

  7. In effetti, i perni di quello che io ho chiamato, per esigenze di sintesi “nuovo umanesimo”, e di ciò di cui sento il bisogno, oggi, sono quelli da te citati.
    Grazie Salvatore, sono lieto del tuo interesse.

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