cari amici,
io penso che l’esperienza di questo blog va ripensata radicalmente. Abbiamo costruito un grande camino, ma c’è poca voglia di portare la propria legna, è come se ognuno sperasse di riscaldarsi col fuoco degli altri.
Possiamo tranquillamente e democraticamente e collettivamente e allegramente decidere di arrestare questa esperienza e aprirne un’altra. Costruire un cuore comune oggi è difficilissimo. L’idea delle comunità provvisorie è un’idea che richiede un impegno che alla prova dei fatti nessuno è in grado di sostenere. E allora non c’è nessun problema a correggere il tiro, a fare un’altra cosa, più corrispondente all’energie che ci sono. L’idea paesologica è un’idea mobile.
Non abbiamo bisogno né di un luogo paesanologico, né di un blog letterario. Ce ne sono fin troppi di luoghi del genere in rete.
Io sono disponibile a mettermi in cammino verso altri orizzonti comunitari. E mai come adesso non è questione di numero. Ci sono tante cose da fare o da non fare. La creatura a cui penso deve essere magra, randagia, distesa su poche ossessioni, ma decisa a portarle avanti. Ovviamente non c’è fretta. Possiamo benissimo tenerci questo luogo, ma se non siamo convinti noi, non possiamo contagiare altre persone e altri territori.
armin
Sottoscrivo questa “ resa paesologica”.
fabio facciamo una cosa lieve lieve e affettuosa
partiamo io e te per non so dove
assieme a chi sottoscrive questa resa,
facciamo un piccolo blog (forse) o altro (forse)
non per raccontare lo spirito del tempo
ma lo spirito dello spazio.
Forse non occorre partire. Noi siamo già qui in questo spazio. Il blog o altro deve entrare nel paesaggio prima ancora di raccontarlo e le sue articolazioni devono vivere l’infiammazione della residenza.
costruiamo un cuore comune, su, siamo ancora in tempo!!!
mi piacerebbe esserci “in questo paesaggio di affetti”……
“Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio………”
“ Se uno ,con la parte migliore del suo occhio, che noi chiamiamo pupilla, guarda la parte migliore dell’occhio dell’altro, vede se stesso” Platone.
L’amicizia non è ancora un sentimento fondativo ed essenziale della esperienza esistenziale e culturale della Comunità provvisoria. E’ dissolta,nascosta o momentaneamente accantonata per i tempi migliori? Forse siamo vittime inconsapevoli degli ultimi sviluppi tecnologici delle società di massa che incollandoci davanti a un computer a consumare le nostre bulimie affettive per esorcizzare la solitudine,lo sradicamento , il silenzio,le offese e le amnesie delle identità. Sempre più l’amicizia non praticata diventa difficile,impraticabile nello schema e nella funzione della ‘fiction’.La pratica praticata intorno a noi delle conoscenze utili e degli scambi di favori che aiutano le relazioni ipocrite e convenzionali che possono diventare vantaggiose…..non ci aiuta .La nostra grammatica sentimentale e sociale ci obbliga oggi a ragionare al ‘singolare’ o al ‘plurale’.Nel singolare coniughiamo la solitudine dell’anima che progetta e vagheggia mondi ideali o ancestrali, eden e paradisi perduti, radici nobili che la società ha corrotto ,dimenticato o deviate,ideazioni e sogni che non possono essere declinate in pubblico o nei rapporti comunitari. Al singolare possiamo vivere il dolore e il morire con dignità e autenticità e al massimo ci permette di avere il coraggio di esporci nelle nostre piccole comunità. Al plurale siamo costretti sempre a dare prova di sano realismo, apertura,tolleranza e pluralismo, di stare ai fatti, di controllare le emozioni, le rabbie, i sogni ,le speranze, a dare risposte agli altri e contenere e controllare le domande per essere accettati,riconosciuti,identificati e in qualche caso applauditi. L’amicizia può permettersi di coniugare il singolare al plurale ….e non è un gioco di parola. I nostri antenati greci ( spero di non offendere altre convinzioni) avevano in uso il ‘duale’ come forma verbale che esprimesse la valenza simbolica del linguaggio quando doveva esprimere i momenti e i furori sentimentali dell’innamoramento come “stato nascente” in cui non si riesce a pensare a se stessi senza l’altro. L’amicizia comunitaria come l’amore dovrebbe abitare e vivere al duale rifiutando l’anonimato e l’ipocrisia nel pubblico e la solitudine e l’afonia nel privato. Ecco perché la scelta comunitaria e paesologica e altruista e rivoluzionaria e l’amicizia in più ci permette di comprendere tutte le eccedenze di senso che in pubblico potrebbero apparire come segni di follia ,di idealismo,romanticismo ma in privato una possibilità di ascolto accogliente e generoso delle nostre intime verità e sentimenti. Per questo anche nella Comunità provvisoria si possono auspicare molte amicizie che possono corrispondere alle sfaccettature delle nostre anime che non possono essere svelate alla legittimità di custodire intimi segreti che altri segretamente custodiscono. Le nostre azioni pubbliche e comunitarie non devono necessariamente cercare consenso, conforto o confidenze ma sviluppare la necessità di alterità e apertura nei ritmi intimi della propria anima che non hanno voglia perdersi nella solitudine dolorosa o nei rumori assordanti e omologanti del mondo. Per questo io sono per sviluppare e non mortificare nella nostra esperienza comunitaria il sentimento e lo stato dell’amicizia per derimere e combattere la falsa alternativa tra l’anonimato o l’adeguamento nel pubblico e la solitudine dolorosa o gloriosa nel privato.Anche io penso a una ” creatura ….. magra, randagia, distesa su poche ossessioni, ma decisa a portarle avanti”. Ma nello stesso tempo credo che sia nelle caotiche e anonime società del nord e nell’isolamento- o meglio solitudini- delle società dei piccoli paesi e delle colline l’esperienza politica deve sempre più ricreare,favorire o promuovere primaditutto l’incontro a tu per tu con quello sconosciuto che ciascuno di noi è diventato per se stesso e vedere in un amico la luce dello sguardo o accogliente che ci invita a fare un viaggio assieme per scoprire le proprie radici per poter continuare i propri racconti personali ad altri a cui hanno mortificato la coscienza , vietato le storie ma sopratutto gli hanno tolto le parole per raccontarle e continuare a viverle amichevolmente e politicamente insieme agli altri.In un viaggio sempre diverso non per un nuovo orizzonte elitario ed arsitocratico ma convinti che di fatto lo “spirito paesologico e comunitario” se autentico nel cuore e non omologante nella ragione comunque possa “contaggiare altre persone e territori” .Il mio viaggio -malgrè moi-
privileggerà sempre compagni che non amano le radure, la stanzialità, i recinti mentali e territoriali.
mauro orlando
posso dire che ci sono, certo non troppo in questa forma, posso dire ci siete, che vi sento, ma anche che siamo sparigliati, siamo in un tempo di esplosione, siamo come randagi ad annusare l’aria, per capire la direzione… ma non è vero che non stiamo facendo, non è vero che non stiamo sentendo l’altro cuore.
le manifestazioni della residenza e la paesologia fessurano i nostri luoghi, lentamente lacerano la cortina…cerco di portare altrove, come voi, il senso delle cose dette in altre esperienza del quotidiano…non è una resa arresa ma restituita…siamo, adesso, restituiti ai nostri giorni e abbiamo il senso di tutti appiccicato addosso, negli occhi e nel respiro l’aria condivisa e chiacchierata…seppure non doveste esserci nè voi nè questo spazio non sarebbe una resa arresa, ma solamente un reso…siamo in cammino, abbiamo molti passi da fare nelle nostre scarpe – lo sa ognuno di noi…vi abbraccio
Che succede? Ho letto la lettera di Franco. Mi ha messo un poco in apprensione. Dice che “c’è poca voglia di portare la propria legna, è come se ognuno sperasse di riscaldarsi col fuoco degli altri”. Delle volte capita che non si ha legna. In questi casi che si fa? Ci si scalda al fuoco comune quando c’è, e il fuoco comune diventa un cuore comune. Ho partecipato con grande passione alla precedente esperienza che è stata di fondamento a questa nuova delle Comunità Provvisorie. Le due settimane a Cairano, trascorse con gli amici comunitari, resteranno nel mio cuore per sempre. Non ho partecipato molto a questa nuova esperienza delle Comunità Provvisorie, ma gli amici che vi partecipano mi sono molto cari. Questa cosa per me è importante. Spesso importante è una parola assai fraintesa, specie di questi tempi; viene da importare che significa “portare dentro”. Questa cosa è importante per me perché la porto dentro di me, nel mio cuore. Bisogna capire se questa cosa la portiamo dentro: se la portiamo dentro è importante. Poi portare fuori le cose che si hanno dentro, le cose importanti, non è mai semplice. Franco all’inizio della sua lettera scrive che “c’è poca voglia di portare la propria legna, è come se ognuno sperasse di riscaldarsi col fuoco degli altri”. Questa in una qualche maniera è la mia legna. Vi giunga un grande abbraccio. Teniamo il fuoco accesso con la nostra legna.
Adelelmo
non capisco di cosa si ha paura…
la mia era sola apprensione, mi avevano colpito le parole di Franco; se dovessi riassumere il mio commento appena sopra in pochissime parole lo riassumerei dicendo l’amicizia è un bene prezioso un saluto Adelelmo
Lioni, 6-3-2012, ore 15:10
Carissimi amici,
veramente, con affetto verso tutti, non capisco; vi abbraccio e suggeritemi se posso portare la legna che forse non conosco – se poi è da blog letterario o pseudotale e non va – allora abbiatemi nel vostro sorriso perchè ho stima di tutti voi e immeritatamente penso di non voler scomparire solo perchè sono oppresso da tristi preoccupazioni familiari, Gaetano
spero che ci vedremo presto. ci tengo a ribadire che la mia letterina non ha nemici. sono convinto che il meglio della nostra esperienza deve ancora venire