Il bar della rabbia

Se l’anziano al bar non è gradito perchè “inquina” l’immagine

di Massimo Fini

L’altro pomeriggio, in una bella giornata di sole, ero seduto a un tavolino all’aperto del mio solito bar, a bere un bicchiere di bianco in perfetta solitudine. Non è un bar “trendy”, tipo Corso Como per chi conosce un po’ Milano, ma cerca comunque di darsi un certo tono anche perchè è circondato da locali di lusso (a poche decine di metri ce n’è uno frequentato dai giocatori del Milan, da Galliani, da Paolo Berlusconi, da Emilio Fede, da belle ragazze, la solita fauna). Io mi diverto a guardare il passeggio nell’ora dell’uscita dagli uffici: manager fra i quaranta e i sessanta in divisa d’ordinanza (giacca, pantaloni e “ventiquattrore”, neri come latte), altri, sempre con l’aria da manager, ma più giovani, vestiti in modo più disinvolto, “ragionieri pieni di stress” per dirla con Max Pezzali e donne che, se sono appena un po’ carine, marciano sui tacchi o sugli stivali con aria sostenuta e vagamente sprezzante, come se ce l’avessero solo loro.


Mi si è avvicinato un vecchio distinto che mi aveva riconosciuto. Ci siamo messi a chiacchierare. Poichè se ne stava lì impalato, in piedi, gli ho detto di sedersi. “Non posso”. “Ha lasciato qualche debito al bar?”. “No, no, per fortuna mia madre mi ha lasciato un discreto patrimonio”. “E allora?”. “È che quelli del bar mi hanno fatto capire di non gradire la mia presenza”. “Perchè?”. “Sa, questo è un posto frequentato da giovani e io sono vecchio”. “Non mi pare che abbia molti anni più di me”. “Ne ho 70. Ma lei è una persona nota e spesso viene qui con delle ragazze, mentre io sono sempre solo. Naturalmente non mi dicono in faccia che è perchè sono vecchio. Il pretesto è che a volte, per solitudine, attacco a discutere con qualche avventore. Ma non lo faccio in modo intrusivo, se quello, o quella, mostrano di non gradire lascio subito perdere. E questo divieto, chiamiamolo così, non scatta solo qui ma anche negli altri locali della zona”. Insomma, il vecchio disturba la coreografia. Per la verità, la cosa non è nuova. Un paio di anni fa ho raccontato, proprio sul Gazzettino, l’episodio di Tellaro, paesino ligure esclusivo frequentato dai Vip, dove la popolazione si era opposta al progetto del sindaco di adibire una delle case della celebre piazzetta a comunità-alloggio per anziani: la vista dei vecchi avrebbe danneggiato il turismo, il business. Un tempo, perlomeno a Milano, le cose non andavano in questo modo. Città interclassista, prima che i ceti popolari venissero sbattuti nell’hinterland, ogni quartiere aveva un bar dove, la sera, giovani e vecchi scendevano a giocare al biliardo, a boccette e, nel retrobottega, a poker. L’incontro fra generazioni avveniva in maniera naturale e, credo, feconda. Nulla a che vedere con quella pia e dolorosa usanza di oggi per cui giovani volontari si recano a casa di vecchi soli per tenere loro compagnia per qualche ora, cosa più umiliante della stessa solitudine.
Allora ho portato il mio amico M.C. in quello che, riprendendo da Alessandro Mannarino, cantautore borderline romanesco che sta tra Trilussa e De Andrè, ho chiamato “il bar della rabbia”. È un luogo singolare che è a metà strada fra il lussuoso hotel Principe e Savoia e la “movida” di Corso Como, ma non ha niente a che fare nè con l’uno nè con l’altra. Una enclave rimasta miracolosamente intatta dove si radunano i relitti, i vinti della vita, e nessuno si sognerebbe di cacciare due anziani perchè sono soli e sono vecchi.

Il Gazzettino, 27 aprile 2012

7 pensieri riguardo “Il bar della rabbia

  1. Salve a tutti, grazie del post.
    Il problema vero non è […il vecchietto dove lo metto?..] è ma ‘sti giovani dove li mettiamo? cosa ne facciamo? come li vedremo?
    Meditiamo gente, meditiamo – ovviamente senza birra e ovunque!-, Gaetano:-)

  2. Salve a tutti, grazie del post.
    Il problema vero non è […il vecchietto dove lo metto?..] è ma ‘sti giovani dove li mettiamo? cosa ne facciamo? come li vedremo?
    Meditiamo gente, meditiamo – ovviamente senza birra e ovunque!-, Gaetano:-)

  3. mio padre non va a un bar della rabbia perchè si è scelto come residenza un anonimo quartiere borghese, dove sotto casa ha solo baretti scemi senza neanche un tavolo per sedersi…io gli dico di spostarsi ma non ha più neanche la forza di prendere quest’idea in considerazione

  4. mio padre non va a un bar della rabbia perchè si è scelto come residenza un anonimo quartiere borghese, dove sotto casa ha solo baretti scemi senza neanche un tavolo per sedersi…io gli dico di spostarsi ma non ha più neanche la forza di prendere quest’idea in considerazione

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