di maria grazia calandrone
Leggerissimo è il sole nell’esercizio della sua caduta.
Leggerissimo il richiamo. Terra
magenta. Un magnetismo
imperdonabile. Vieni, diceva. Leggerissimo il rogo.
Leggerissimo il nome, ripetuto. Vieni, ti dico.
Vèstiti dell’ingiuria
entra con me nell’ironia leggera della vita: lo vedi
nonostante questo
brulicante cumulo di dèi
del disincanto, si resta tutti bianchi come bambini
perché nei nostri nidi di dolore abbiamo fatto il guscio. Lo vedi
che piangendo si secerne
una raggiera di felicità, vedi che nel terrore si fanno queste
punte di gioia tremende
come lance: vedi, se sorridiamo, è perché siamo irti
della inesorabile felicità
dei bambini, che sono
solamente natura.
Poi, per mezzo di questi bambini, la natura parla. Secondando uno a uno gli elementi di crescita del muscolo della lingua: altezza, rotondità delle vocali
vibrate dai pilastri palatini, percentuali di sollevamento sull’asse del frenulo, rigonfiamento delle guance
con l’emissione del fiato, tutto
secondo la sintassi di una lingua che, a contatto con la muscolatura intrinseca della lingua umana, aumenta in complessità. Così
si alimenta il distacco
dai laghi delle impronte primordiali. Non abbiamo motivi
per dubitare della buona fede della natura nel voler prendere le distanze da noi
assegnandoci l’atto diabolico della parola, che presuppone questa solitudine
da abnegare
con questo essere poveramente aria. Poi
che siamo stati conficcati con vivo spiegamento di forza morale
in questa povertà, poi che ci è stata consegnata questa
separazione, avviene a volte che la parola diventi, come certe
colonne e certi spaventosi
monumenti di marmo, solamente natura, estroversione di una vittima
perché dal basso della sua solitudine
ci raggiunga il suo grido di gioia, la fermezza di quest’ultimo lancinante sorriso.
Roma, 30 aprile 2011
la Calandrone con i versi tesse e ritesse un tela infinita di richiami e significati. la sua parole sembra voler riaccordare il mondo alla “irrealtà” dei significati. il bambino latita il senso, ma proprio per questo suo scomposto vivere, lo vivacizza, lo coglie e lo semina.