La cena masochista
Caro Franco, sono Daniele, di Lecce, e ci siamo incontrati quest’estate a Francavilla (ora mi trovo in provincia di Bergamo, per fortuna, per una supplenza). Approfitto della nota 5 del tuo Diario invernale per scrivere un pensiero che mi ronza in testa da tempo e che si è rafforzato dopo avere letto, di recente, Terracarne. Leggendo di Kafka e Scotellaro mi è venuto in mente il parallelismo che Cesare Garboli aveva pensato per accomunare Antonio Delfini e Kafka. Vado a memoria, ma nell’introduzione ai Diari di Einaudi dello scrittore modenese, Garboli parla della scrittura di Delfini come di una secrezione naturale, di quella bava che la lumaca lascia per terra al proprio passaggio. La scrittura, dunque, come qualcosa di assolutamente concreto e fisiologico, come tu fai da anni, è qualcosa di vivo e di pulsante, non di spontaneo e impressionista (per questo non esperibile da tutti), ma un lavorio costante che conosce bene chi è poeta delle cose: come te e i grandi scrittori. E tutto questo alla faccia – ma senza risentimento – di quella cosiddetta “letteratura dell’inesperienza” che per alcuni autori e critici è il luogo che ci tocca abitare in questi nostri anni. Pertanto, ma è probabile che tu l’abbia già letto, concludo e ti suggerisco quelle bellissime pagine di Garboli su Delfini, proprio per provare a imbastire un discorso critico che leghi insieme Kafka, Scotellaro (che ho la colpa di aver letto poco) e ovviamente il tuo stesso lavoro. Ti continuo a leggere con grande ammirazione. Un caro saluto, Daniele. ps. non sarò a Lecce il 20 di dicembre perché ritorno a casa solo il 23
Oggi il diario lascia la parola a un giovane del Sud che vive al Nord. Non mi ricordo la sua faccia, è una delle tante facce incontrate in questi mesi. Ora spero di ricordarmi il suo nome. Devo tenere fede al proposito di ieri: dare attenzione a chi c’è e non a chi non c’è, come ho fatto praticamente per tutta la mia vita.
Vengo da una notte in cui la solita cena masochista mi ha messo in un sonno di carta velina. Vediamo se da questa sera riuscirò ad arrivare al sonno senza zavorrarmi di cibo.
Ai tempi di Scotellaro non c’erano tutti questi dolciumi in giro.