collegio dei docenti

un pezzo da NEVICA E HO LE PROVE (laterza). questo libro è quello a cui ho lavorato di più. ha avuto grande accoglienza dalla critica, ma non tanti lettori.

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Quanti propositi vani che sicumera farnetica e buffa angeli falsi e imposture vita confusionale stecche stonature io sono un insegnante cioè un muffologo incontro ogni giorno fantasmi afflosciati arance spremute la scuola è un agrume che a stento tiene insieme i suoi poveri spicchi la scuola non può essere arcobaleno incendio che danza basta con queste cantilene a buon mercato finiamola con questi branchi di chiacchiere e grammatiche e astrusi calcoli la scuola non è un rotocalco vogliamo insegnanti dalle braccia pelose una scuola moschicida finitela di gracchiare di aggiornamenti e migliorie io vorrei una scuola popolata di guerci e lebbrosi piuttosto che questi piccoli mostri rigonfi di zucchero e di queste maestre come miseri stucchi ogni creatura è un violino bendato e noi facciamo sputacchiere e noi ci dedichiamo alla grottesca ortopedia dei recuperi e delle attenzioni gli insegnanti come pensionati perenni convalescenti senza iride in queste tombe stanzette io vorrei un preside come un enorme oste baffuto uno che ti guarda con rancore un posteggiatore dell’inferno ora siamo goffi e attoniti appallottolati in una bruciante mestizia altra che l’uvaspina dell’infanzia la scuola è un uovo mai fecondato una Siberia dev’essere luogo dell’ebbrezza e del malore burrasca burrasca e non questo paniere d’uccelli morti una mareggiata di becchini ci circonda voglio una scuola caverna né messaggi né illusorie ricette per un più felice domani monaci lestofanti pellegrini personaggi torvi e aguzzi altro che queste signorine che sanno di sedano e carota signorine brodino ognuna invaghita affogata in se medesima intanto se n’è andata ogni regina e il mondo è sbiancato dalla candeggina del buon senso insomma la scuola come una gotica fiaba e non come una perenne ritirata di Russia una bettola del trambusto altro che gessetti colorati e registri una scuola lontana dall’aria e dal sole con le porte serrate a cinque mandate una scuola afgana altro che parlantine di droghe e razzismo un pandemonio di indifferenze è questo che viviamo la scuola come stella di perdizione mercurio danzante cantine di carie e artrite e non queste vaporiere di malva queste squamose scarlattine questa farmacia per testicoli fossilizzati questo alberello umidiccio e malsano uno scrutinio purissimo come una ghigliottina una vita funebre e arlecchina e non questo viluppo di stracci e non questa nave che posa nei ghiacci qui non si rilasciano cartacce pompose e certificati di crusca se piove i bambini vadano a scuola senza ombrellini e non vogliamo temi come frittelle di fango non vogliamo la merenda la ricreazione ma cose enormi temporali acquazzoni la scuola delle intemperie terra di boati e di rantoli e non questa ignobile palude sorniona questa voragine in un cucchiaino basta con le recitine col dolciume natalizio non siamo pollivendoli e non ascoltiamo chi brontola una scuola gelida e ventosa scuola del batticuore ma non qualcosa che intacchi la cera del nostro essere una scuola spaccanuvole e non birillo inutile e non gattine impigliate nei bronchi abissi dei mari e non storie di Rodari delirio delirio e non gente aggricciata su una cattedra posture sbilenche un terriccio che frana uno zucchero nero più che queste ore squallide e non invochiamo angeli ormai grigi e claudicanti siamo soli colleghi perché fate finta di non saperlo? Invoco un’aria corrusca e non queste fiumane di inceppi la scuola è un uccello migratore e non questo roveto questo malessere questo perenne grigiore fiasche gravide di vino occhi di gufo fin dal mattino viva gli esausti i delusi chi non si alza dalla stufa e non questo groviglio di grembiuli siamo tristi e senza aiuti colleghi basta coi progetti analisi dialisi la scuola è un fiore oppure è niente la scuola è l’ignoto la miseria la scuola è fiera di funamboli e digiunatori la scuola è la mano del postino la scuola è una volpe ferita come noi come tutta la vita.

Pubblicato da Arminio

Nato a Bisaccia è maestro elementare, poeta e fondatore della paesologia. Collabora con “il Manifesto”, e "il Fatto quotidiano". È animatore di battaglie civili e organizzatore di eventi culturali: Altura, Composita, Cairano 7x, il festival paesologico ""La luna e i calanchi"". Da molti anni partecipa a innumerevoli manifestazioni sulle problematiche dei territori. Recentemente ha avviato scuole di paesologia (ne ha già svolto una decina in ogni parte d’Italia). In rete è animatore del blog Comunità provvisorie. E' sposato e ha due figli.

2 pensieri riguardo “collegio dei docenti

  1. Rileggendo questo ritratto della scuola non posso che condividere anzi, mi metto in coda nel caso si decidesse di incendiare tutte le scuole italiane con la metà degli insegnanti intrappolati tra le fiamme!! E se sono troppo cattiva che bruciassero anche me che in quell’arancia ammuffita ci lavora e, spesso commette l’errore, ci crede.
    Ah, io Nevica e ho le prove l’ho letto e lo tengo sempre lì, con gli altri tuoi, sul comodino per qualche lettura la sera, per dare una dritta ai sogni. Un “arminio” abbraccio, marian.

  2. Un impatto con la scrittura di Franco Arminio che mi ha molto colpito come insegnante.Non avevo letto niente di più poetico e spiazzante sulla scuola.Mi sarebbe piaciuto condividere questi pensieri con altri insegnanti,trovare altri consensi ma l’ambiente scolastico è così sterile,tutti ligi al dovere di non insegnare nulla ma di ammaestrare menti fanciulle desiderose di meraviglia,fantasia,stupore.

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