La vita esposta

un pezzo da Circo dell’ipocondria (le lettere, 2006)

 

Quando penso alla vita mi viene sempre di accompagnarla con questo aggettivo: esposta. Quando penso alla vita penso sempre che è esposta alla morte. Come una casa che ha il pavimento squarciato da una faglia e da sotto spira il vento nero, il vento del thanatos. In effetti noi possiamo costruire muri e tetti per riparare la vita, ma non possiamo costruire pavimenti. Dovunque andiamo, anche sulla luna, rimaniamo sempre appoggiati sulla terra. Appoggiati fino a quando siamo vivi.

Anche quando penso alla scrittura mi viene sempre di accompagnarla con questo aggettivo: esposta. Penso sempre che la scrittura che non si espone è profondamente inutile. Sembra strano che una scrittura non si esponga, ma è una cosa che accade molto spesso.  Comunque non si può impedire a nessuno di scrivere giocando a nascondino. In effetti anche chi si espone si nasconde, per il semplice fatto che appena ti fai vedere, immancabilmente gli altri chiudono gli occhi. Io credo di aver fatto questa esperienza con le donne. Con loro ho puntualmente registrato questa mia condizione di invisibilità. Mi ricordo certi discorsi fatti dai sedici ai vent’anni. Ogni donna che incontravo era occasione per un lungo discorrere. Parlavo per farmi notare, per rendermi notevole ai loro occhi, e questo parlare piano piano o velocemente mi sgretolava. Direi che l’unica variante era proprio il ritmo con cui avveniva la sparizione, ma sul fatto che sparivo ai loro occhi non c’era dubbio. Non ero corpo, ma una voce. Allora ancora non lo sapevo, ma io non parlavo di me stesso, ma di un caso, il caso Arminio. Esponevo la cosa più intima come fosse la cosa più distante. E dunque per nessuna donna era possibile capire chi era la persona che chiedeva intimità: la persona che parlava o quella di cui si parlava.

La faccenda tra me e le donne più che erotica è sempre stata semiologica. Tra me e loro c’era sempre la scrittura. Arrivavo a una donna portando la scrittura a cui mi avevano portato le donne precedenti. Vanamente chiedevo che fossero loro a scrivere, a parlare, lo chiedevo così fittamente che non c’era spazio per interrompere la mia richiesta. Non ci sono mai state novità in questi incontri. Alla mia esposizione seguiva il loro nascondersi e sparire. Io non ho mai lasciato una donna e non sono mai stato lasciato. Semplice dissolvenza. Destino normale per un dissoluto.

 

Pubblicato da Arminio

Nato a Bisaccia è maestro elementare, poeta e fondatore della paesologia. Collabora con “il Manifesto”, e "il Fatto quotidiano". È animatore di battaglie civili e organizzatore di eventi culturali: Altura, Composita, Cairano 7x, il festival paesologico ""La luna e i calanchi"". Da molti anni partecipa a innumerevoli manifestazioni sulle problematiche dei territori. Recentemente ha avviato scuole di paesologia (ne ha già svolto una decina in ogni parte d’Italia). In rete è animatore del blog Comunità provvisorie. E' sposato e ha due figli.

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