Dinuccio e Nunziatina

un vecchio pezzo. uscito prima nella rubrica paesologia che avevo sull’unità e poi in oratorio bizantino (ediesse)

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In pochi giorni di questo livido marzo a Bisaccia sono morte due persone che definirei persone-paese. Intendo dire due persone che hanno vissuto fino come se la loro vita non fosse segnata dai confini del loro corpo, ma fosse un alito, un frammento della vita del paese. Una vita all’aperto, tutta giocata nello spazio pubblico pur non avendo mai ricoperto alcun ruolo di rilievo. Dinuccio, maestro elementare, da giovane era quello che si occupava della squadra di calcio. Nunziatina, casalinga, apriva la sua casa quando arrivavano i compagni a fare i comizi. I nostri erano tutti e due comunisti e direi che interpretavano il comunismo in questa loro estrema apertura alla vita di tutti, quasi che fosse indistinguibile dalla propria. Ed è proprio questo elemento che rende la loro scomparsa particolarmente grave. Ormai anche nei nostri paesi si tende ad adottare stili di vita che sono cattive imitazioni dello stile cittadino. Sembra prevalere la logica del farsi i fatti propri, del chiudersi in casa, come se lo spazio esterno fosse un luogo in cui niente si può prendere e niente si può dare. Questa situazione indebolisce ulteriormente la già debole azione della politica. Se prevale il sentimento dell’Immunitas a quello della Communitas, la politica si vede sottratta lo spazio in cui agire e diventa una pratica tesa unicamente a sostenere se stessa.

La vita “immunitaria” è quella che si chiude all’interno dei propri confini protettevi, quella di chi disprezza le persone che non capisce. La vita ispirata alla Communitas era quella di Dinuccio che comprava i libri per farli leggere ai ragazzi della sua squadra, quella di Nunziatina che non ha mai messo le tendine davanti alla porta di casa. Questi sono gesti che non hanno nulla di grandioso, ma sono un buon esempio della civiltà che abbiamo smarrito precipitosamente in pochi decenni. Il paradosso è che, nonostante sia perduta, questa civiltà rimane l’unico punto su cui far leva per darci un futuro. Dinuccio, che tutti chiamavano Krusciov, camminava ancora col giornale sotto il braccio anche se ormai non aveva neppure la forza per aprirlo. Immagino che doveva apparire una figura strana a quei ventenni che stanno qui senza guardare nessuno che non appartenga al loro branco. Questi ragazzi sembrano immunizzati dal contatto con gli altri, come se la loro vita fosse una faccenda in cui nessuno può mettere il naso. Nunziatina e Dinuccio parlavano di tutti, sapevano la vita di tutti. In questo modo, senza volerlo e senza farci caso, hanno dato un lustro durevole alla loro.

Pubblicato da Arminio

Nato a Bisaccia è maestro elementare, poeta e fondatore della paesologia. Collabora con “il Manifesto”, e "il Fatto quotidiano". È animatore di battaglie civili e organizzatore di eventi culturali: Altura, Composita, Cairano 7x, il festival paesologico ""La luna e i calanchi"". Da molti anni partecipa a innumerevoli manifestazioni sulle problematiche dei territori. Recentemente ha avviato scuole di paesologia (ne ha già svolto una decina in ogni parte d’Italia). In rete è animatore del blog Comunità provvisorie. E' sposato e ha due figli.

Una opinione su "Dinuccio e Nunziatina"

  1. Il commento che lascio qui non è riferito all’articolo Dinuccio e Nunziatina ,letto a suo tempo…ma è un commento al tuo ultimo libro..Il topo sognatore…….il libro è piaciuto molto ai bambini di terza e quarta ….(una di loro ha colto la vena triste che accompagna i racconti)…e hanno voluto scrivere anche loro racconti simili….è venuto fuori qualcosa di bello …saluti

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