un frammento erotico

il 29 marzo a oppido lucano c’è uno spettacolo dedicato alla mia scrittura. musica e parole….e dovrebbero esserci anche queste, un frammento di un racconto molto lungo….la politica stinta non mi piace…la politica deve avere l’intensità degli orgasmi….

(…) Andiamo via mi dice, mi fa male la testa. Sono le cinque del mattino e non ho capito perché abbiamo fatto così tardi. Le strade della città sono vuote, in pochi minuti siamo sotto casa sua. Lei mi saluta con un bacio frettoloso. Le dico che non ha senso andare a dormire a quest’ora, se si vuole essere davvero strani e sbandati bisogna andare a dormire alle undici di mattina.
Torna in macchina. La destinazione è decisa, rocca san felice. Arriviamo all’alba fa un po’ freddo ci abbracciamo tra le pietre sotto la rocca. Il cielo si riempie di luce molto lentamente, io sono sopra di lei dentro la rocca, qui non ci disturba nessuno, sono sopra ma lei non vuole saperne di abbassare i suoi jeans, spingo furiosamente annuncio che sto per venire poi la bacio dolcemente proviamo vari tipi di baci, quando il bacio dura molto mi manca il respiro perché io non uso il naso e quando mi manca il respiro torna l’idea della morte, comunque questa rocca dove fu imprigionato Manfredi è assai meglio del salotto avellinese con erba e chiacchiere inutili. Sospendo il mio su e giù mi alzo in piedi. Fammi venire con le mani e poi ce ne andiamo al bar a fare colazione. Io desidero soltanto porre fine al mio desiderio, non so bene cosa voglia lei, le dico che basterebbero cinque secondi con le sue mani, fallo da solo mi dice, non ho voglia di toccarti, le faccio vedere il profilattico le dico che mi basterebbe solo entrare, due secondi esatti. A questo punto ho una fitta violentissima al petto, sbianco, lei mi chiede se mi sento male, si mi sento male, ma voglio farlo. Lei si spoglia e mi aiuta a spogliarmi, sono nudo ho un dolore fortissimo so che sto morendo, lei apre le gambe, si fallo, fallo presto. Non riesco ad entrare me lo prende in bocca io gemo per il dolore al petto e per il piacere giù nel ventre, il mio corpo è spaccato, sto morendo e mentre muoio comincio a fare l’amore come non l’ho mai fatto in vita mia. Mi muovo furiosamente, la punta sembra andare sempre più dentro, anche lei gode urla mi morde mi bacia mi lecca mi stringe con le gambe con le braccia, il mio corpo attraversa il suo come una migrazione di bisonti, tutta la torre sembra tremare, io so che sto morendo ma resisto avanzo sudo urlo mi sollevo la sollevo la prendo da dietro lei piange si è accorta che sto male il mio viso è bianchissimo, tutto il mio corpo è bianco tranne il sesso violaceo, mentre spingo cerco con le mani il pantalone prendo il tranquillante faccio scendere molte gocce nella bocca, forse non è un infarto forse è solo un attacco di panico, il mio corpo sta fingendo di morire, lo ha fatto tante volte, continuo a spingere, lei sta godendo: si ti amo ti adoro ti voglio si vienimi dentro. Io non ricordo il mio nome non so dove mi trovo, il dolore al petto si è attenuato ma ora non sento più la testa, la sento più piccola di una pulce e mi sembra che tutto l’universo stia scivolando via e ci lasci soli, niente stelle niente bar niente luce né buio, niente amici nemici braccia capelli macchine scarpe, tutto se ne va via da un buco, a furia di spingere dentro di lei ho sfondato l’universo.

Anche il mio sperma cola giù e si perde, non ho più la mia bocca non più le mie ansie, la paura della morte si è dissolta come un miraggio, non ho più niente e non neppure l’idea di non avere più niente che già sarebbe qualcosa, mi sembra che tutta la vita dall’inizio dei tempi ad ora sia stata un grande film con tante guerre amori cataclismi ma che adesso tutto questo è finito se ne vanno le comparse e gli attori principali si smontano le scenografie dei fiumi e delle montagne, era tutto finto, anche i poeti anche i morsi dei serpenti. La mia semiamante è l’unica rimasta a farmi compagnia, si pulisce il mio succo mi bacia sui capelli ma io non ho più cranio e la sua lingua cade giù, i corpi ormai non hanno più leggi, gli atomi delle sue dita esplodono liberamente, gli elettroni sciamano nello stomaco, il fegato non vuole più fare il fegato e vola via e si perde. Non ci è possibile vestirci. Rimaniamo nudi e sparsi, oltre la vita e oltre la morte, oltre le cose e oltre noi stessi, l’umanità era una pellicola sottile ma resistente, il mondo era un’illusione consistente ma forse da tempo senza saperlo gli uomini stavano migrando per uscire dalla loro forma, si erano stancati di amarsi e di odiarsi, si erano stancati perfino della loro indifferenza. Da tempo si sentiva che doveva succedere qualcosa che non era mai successo prima, nessuna rivelazione, nessuna distruzione, ma uno scioglimento dello spazio e del tempo, uno scioglimento di tutti gli aggregati, nessun atomo vuole più saperne degli altri atomi, l’universo finisce come un bicchier d’acqua e noi restiamo nudi dentro una torre.

Sono le undici del mattino quando prendiamo sonno.

 

franco arminio

Pubblicato da Arminio

Nato a Bisaccia è maestro elementare, poeta e fondatore della paesologia. Collabora con “il Manifesto”, e "il Fatto quotidiano". È animatore di battaglie civili e organizzatore di eventi culturali: Altura, Composita, Cairano 7x, il festival paesologico ""La luna e i calanchi"". Da molti anni partecipa a innumerevoli manifestazioni sulle problematiche dei territori. Recentemente ha avviato scuole di paesologia (ne ha già svolto una decina in ogni parte d’Italia). In rete è animatore del blog Comunità provvisorie. E' sposato e ha due figli.

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