Albert Speer, Memorie del Terzo Reich, Mondadori, Milano, 2009 (ristampa), tit. or. Erinnerungen, Verlag Ullstein GembH, Frankfurt/M-Berlin Propiläen Verlag, 1969
Theorie vom Ruinenwert, p. 67:
«I lavori sullo Zeppelinfeld ebbero immediato inizio, affinché perlomeno la tribuna potesse essere pronta per il raduno del partito. Si dovette sacrificare il deposito tranviario di Norimberga, e un giorno, quando già si era provveduto a farlo saltare, mi accadde di passarvi davanti e di osservare il miserando spettacolo del cemento armato in rovina, con le nervature di ferro penzolanti e già corrose dalla ruggine. Non era difficile immaginare quanto sarebbestato rapido l’ulteriore decadimento. Questa visione desolante stimolò in me un’idea che esposi più tardi a Hitler sotto il nome alquanto pretenzioso di Theorie vom Ruinenwert, cioè del valore che un edificio può avere visto come rovina. La mia premessa era che le costruzioni moderne sono indubbiamente poco adatte a creare quel «ponte di tradizione» che, secondo Hitler, avrebbe dovuto congiungere la nostra generazione alle generazioni future: era impensabile che da cumuli di rovine polverose potessero sprigionarsi quelle ispirazioni eroiche che riempivano Hitler di ammirazione davanti ai monumenti del passato. La mia teoria si proponeva proprio di superare questo punto morto. Impiegando determinati materiali e rispettando certe esigenze statiche, si doveva poter costruire edifici capaci di eguagliare, in pieno sfacelo, dopo centinaia (anzi, secondo il nostro metro, migliaia) di anni, i monumenti romani.1
Per rendere più evidente il mio pensiero, feci eseguire un disegno che raffigurava romanticamente la tribuna dello Zeppelinfeld dopo secoli di abbandono: coperta di edera, infrante le colonne, crollate in vari punti le mura, ma ancora intatta e pienamente riconoscibile nelle sue grandi linee. Disegno, questo, che nell’entourage di Hitler fu considerato «una bestemmia», non potendosi concepire che qualcuno prevedesse un periodo di decadenza del nostro impero appena fondato. Hitler, al contrario, trovò che le mie riflessioni erano logiche e illuminanti, e stabilì che nell’avvenire le maggiori costruzioni del suo Reich fossero erette secondo la mia «legge delle rovine»».
1 «A tale scopo noi volevamo rinunciare possibilmente a tutti gli elementi dell’edilizia moderna in acciaio e cemento armato che fossero sensibili alle intemperie. I muri dovevano reggere a elevate pressioni del vento, anche a grande altezza, e anche eliminando le sporgenze dei tetti e delle coperture. Vennero quindi eseguiti i necessari calcoli di statica».
Trovo interessante questo contributo anche se non so dove vuole condurre…alle nostre rovine? Da me ho creato un post sul Festival di agosto. Ciao