SONO QUI, SONO VICINI

metto qui la prefazione che ho scritto per un libro di narratori della provincia di foggia. il libro si chiama i fuggiaschi.

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Questa non è un’introduzione. E io non sono un critico letterario. “Io non narro quasi mai e non m’importa poi molto del narrare”. Cito a memoria questo pensiero di Andrea Zanzotto. Lo feci mio. Per narrare ci vuole una fiducia in se stessi e negli altri. Devi sentire che hai una storia da raccontare e qualcuno che la vuole ascoltare. La narrazione, anche quando è disperata, è sempre un gesto caldo, un tentativo di comunione.

Gli autori che raccontano in questo libro sono pugliesi del nord, quasi tutti rimasti nella terra in cui sono nati. Una terra in cui raccontare era un modo per impiegare il tempo. Oggi i narratori stanno sparendo. Sono arrivati gli opinionisti, i ripetitori delle fatuarie che si dicono in televisione. Oggi si definiscono narrazioni cose che non hanno niente a che fare col narrare, spesso si tratta di slogans, di visioni del mondo che a tutto servono tranne che a far vedere il mondo. Bisogna diffidare delle narrazioni planetarie. Il narrare è sempre un fatto locale, si parla di qualcuno a cui accade qualcosa in qualche luogo. Il resto è argilla espansa.

Quando mi hanno chiesto di scrivere qualcosa per questo libro in verità pensavo si trattasse di testi che raccontavano il territorio, un territorio adiacente al mio. Foggia è la città più vicina al mio paese. E il Gargano quando l’aria è limpida si vede anche di giorno da casa mia. Non avevo capito bene. Questo è proprio un libro di racconti. E ogni autore sta dentro la sua storia e senti che non appartiene a una cordata, a una scuderia.

La bellezza di questo libro è che non è un prodotto industriale, come certe antologie in cui si crea una tendenza che non c’è. Questi autori non sono della stessa generazione, non hanno gli stessi padri spirituali, semplicemente appartengono alla stessa terra. Ma anche qui la faccenda non è semplice. Cos’è oggi la provincia di Foggia che qui diventa Califoggia? Stiamo parlando di una provincia che mette insieme Monteleone e Lucera, Biccari e Pugnochiuso, Cerignola e Mattinata. E in mezzo c’è una città senza miti: forse l’unico mito dei foggiani è Napoli, la vecchia capitale.

Io amo molto le Puglie e so bene che dagli altri pugliesi la provincia più a Nord è sentita un po’ estranea. Un’estraneità che si sente anche nei diversi territori della provincia di Foggia. Gli abitanti delle Tremiti sono lontanissimi da quelli di Anzano. E se a Rocchetta Sant’Antonio si sentono irpini, a Carlantino si sentono molisani e non so come si sentono i garganici e non so nemmeno come si sentono a Manfredonia.

Io se dovessi eleggere un centro ideale di questa provincia penserei a Herdonia. Quando vado in quella piccola Pompei in mezzo al grano mi pare di sentire perché amo questa terra.

Ovviamente la mia è la visione di uno che non ha l’infiammazione della residenza. Non sono mai rimasto più di tre ore di fila a Foggia. Non so che effetto possa fare questa città a chi ci vive ogni giorno, ogni mese, ogni anno. Nei racconti che ho letto lampeggia un senso di disagio, ma questo credo accomuni i narratori di qualsiasi provincia italiana. Profughi, puttane, faccendieri sembrano le punte di un’umanità vaga, imprecisa e indecisa: modernità e mondo contadino, un cambio della guardia mai realizzato del tutto, per fortuna. Compaiono in questi racconti ambizioni andate a male, indugi e partenze, un’umanità sempre un po’ tumefatta, senza eccessi lirici. Anche le vicende più forti è come se avessero un fondo di ordinario, uno squallore invincibile, ma anche un filo di bonarietà. E poi c’è la lingua. Questi narratori scrivono col tono di chi non si sente un autore affermato. Non hanno il tono insopportabile degli scrittori di successo, quelli che si ritengono titolari di uno stile e di una visione della letteratura.

Non spetta a me definire valori e gerarchie. Io posso solo dire che in questo libro c’è un’aria amichevole, come se gli autori ti invitassero ad andare a casa loro. Senti che non c’è distanza, nessuno parla dall’alto e da lontano. Sono qui, sono vicini.

 

 

Pubblicato da Arminio

Nato a Bisaccia è maestro elementare, poeta e fondatore della paesologia. Collabora con “il Manifesto”, e "il Fatto quotidiano". È animatore di battaglie civili e organizzatore di eventi culturali: Altura, Composita, Cairano 7x, il festival paesologico ""La luna e i calanchi"". Da molti anni partecipa a innumerevoli manifestazioni sulle problematiche dei territori. Recentemente ha avviato scuole di paesologia (ne ha già svolto una decina in ogni parte d’Italia). In rete è animatore del blog Comunità provvisorie. E' sposato e ha due figli.

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