……la rivoluzione si fa nelle piazze ….. e si fa anche dalla “panchina”


di franco arminio
.”…..Il sessantotto delle montagne dovrebbe avere come cuore pulsante la richiesta di un modello economico basato sulla decrescita e di un modello culturale basato su un nuovo umanesimo, l’umanesimo delle montagne. Non più l’uomo come ingordo produttore e consumatore, schiavo insonne nella piramide capitalista, ma essere che si muove tra le cose sapendo che siamo qui per passare il tempo e spesso per non venire a capo di nulla, siamo qui per immaginare, per emanciparci dalla nostra psiche ristretta e avara e accasarci in una mente più grande, più generosa, più accogliente: i nostri impulsi intrecciati al moto delle nuvole e al grano che cresce, al fiuto delle volpi, al richiamo dei falchi, insomma una nuova alleanza con la natura.
Questo nuovo movimento può nascere solo nelle zone dove l’umano è più fragile e dove il mito della potenza è stato dismesso a favore di sentimenti più arresi, più umili. È questo il paradosso della rivoluzione che mi piace evocare, una rivoluzione che metta al centro la resa. Più che barricate si tratta di organizzare ritirate. Più che l’esposizione al mondo, quello che immagino è un sessantotto basato su un vivere nascosto, un rimanere sui margini, sui confini. Non c’è un centro da abbattere o da conquistare, ma un orlo che sia fatto di sfilacciature riammagliate che mai prima si erano incrociate. È una rivoluzione artigianale, fatta sui gesti che ognuno sa produrre, senza slogans che valgano per tutti. Ulteriore paradosso: un movimento collettivo che esalta il dettaglio, l’eccezione, il singolare. Quando nevica nessun fiocco è simile a un altro e il nostro sessantotto deve essere così: un movimento che si accende e si spegne, che avanza e si ritira, che si apre e si chiude, un movimento fatto anche di timidezze, di affanni, di ritrosie, di debolezze, di esposizione, di furie. Una rivolta concepita come sistema di depurazione, come tentativo di accogliere con lo stesso amore il rigore, il furore e la desolazione.
Il sessantotto delle montagne non può che essere silenzioso, frugale. Oggi le cose vere quando arrivano alla ribalta mutano segno, un po’ si perdono. E allora avanti, con pazienza e a testa china: essere in pochi è il nostro successo, produrre perplessità è la nostra missione, non abbiamo un vangelo da sostituire agli altri, non viviamo quest’epoca in attesa che ne arrivi un’altra. Siamo qui, provvisoriamente felici, provvisoriamente perplessi…..

di mauro orlando

Nel momento che siamo vicini idealmente e concretamente ai nostri giovani figli e nipoti nelle piazze italiane per continuare i nostri viaggi nella libertà e nella gioia ….mi chiedo cosa veramente mi ( Ci) sentirei di dire ai nostri ragazzi e ragazze al di là della retorica o dell’astratto ma partendo dalla nostra esperienza paesologica nei piccoli paesi e nelle nostre comunità provviosorie.Io scriverei una lettera inattuale e improbabile ma vera per esperienza vissuta …… Sono in tanti tra di voi che sembrano condurre una vita senza senso ad inseguire un sapere come riscatto o come possibilità di ribaltare i meccanismi dei poteri o di poterli reinterpretare a proprio vantaggio. Sembrate mezzo addormentati,disorientati anche quando siete occupati a fare ciò che ritenete importante. Questo perché molte sono gli stimoli e le occasioni per stare dietro a cose sbagliate , superficiali all’apparenza. Si può arricchire di significato la propria vita primaditutto disponendosi ad amare gli altri, dedicandosi alla comunità che ci vive intorno e impegnandosi a creare qualcosa che gli/e/ ci dia uno scopo, un senso. Vi affacciate alla vita sociale e pubblica dietro allo stimolo e alla necessità di dovere difendere e ribadire un “diritto”: il diritto alla cultura, alla libertà, alla salute e alla cura di sé e degli altri. Viviamo una terra bellissima, ricca di tanti “piccoli paesi dalla grande vita” e ricca di storie di impegno civile e culturali importanti e profonde ,ma oggi non ci basta. Un semplice impegno pubblico oggi richiede a voi sentimento,passione ma soprattutto ragione che alimenti nuova vita mentale e strumenti per affrontare l’esperienza fondamentale di un uomo in quanto uomo:la politica .Noi oggi normalmente pensiamo che la politica copre un ambito molto ristretto della nostra vita. Tanto ristretto che uno potrebbe non incontrarla mai e non fare mai nulla di politico nella sua vita senza rimorso e sofferenza. Non gli è proibito da nessuno. E qualche volta ,invece, ai più è concesso accedere alla politica in un attimo ,in un istante, cioè nel momento in cui va a votare. E’ un breve attimo, è un segno e poi la sua vita rientra di nuovo in un ambito non-politico, privato. Ecco come stanno le cose oggi anche in Irpinia, in Lommellina,nel Bergamsco o in una provincia lucana calabrese o siciliana.La politica copre di fatto un settore molto parziale e non esaltante della nostra vita. Infatti a ciò che propriamente e comunemente costituisce il politico (cioè lo Stato,le istituzioni, i partiti….) si contrappone una sfera vastissima, molto più ampia ,ricca e vitale che è la “società civile” che comunemente non è considerata ( e forse non lo è) politica. Ma io voglio dirvi che le cose non stanno propriamente così. La Politica ha una dimensione più vasta e assolutamente diversa dalla politica praticata e professionale come puro o distorto esercizio del potere che noi quotidianamente subiamo o accettiamo criticamente. Anche la scienza politica moderna è cieca e colpevole rispetto alla vita politica e lascia gli uomini indifesi anche rispetto alle perversioni più aberranti,drammatiche e violente (totalitarismi ideologici e fondamentalisti).Non è bastato a M. Weber scrivere “ La scienza e la politica come professione” per dare un senso possibile all’impegno politico nelle contraddizioni della modernità e a voler giustificare razionalmente un qualsiasi atteggiamento pratico.(governare un comune, una regione …una scuola ,un ospedale).
La politica attiva, pratica,concreta nelle migliori sue interpretazioni o manifestazioni tende a non considerare la vita degli uomini e la cura di essi quando viene meno la sua salute, prigioniera di ragionieristiche camice di forza della burocrazia o del bilancio. La stessa medicina come scienza e come pratica scientifica non si pone la domanda se la vita è degna di essere vissuta ma nel migliore dei casi quando o per quando la vita deve essere vissuta. La medicina al massimo ha come suo scopo la salute e la vita del paziente. E noi non le possiamo chiedere se invece essa è desiderabile e perché continuare a vivere. Questo significa che purtroppo ogni scienza ,la più utile e più nobile, oggi risulta cieca rispetta al proprio fine e a i propri valori. La stessa scienza politica non ci può dire :se la democrazia è desiderabile o più desiderabile di altre forme di governo. Ci può raccontare ,descrivere quante e quali sono le forme di democrazia o le forme contrastanti con la democrazia. Ci può aiutare a capire o rilevare criticamente quando funzionano male o distorte istituzionalmente diverse organizzazioni e pratiche del potere e delle organizzazioni politiche. La scienza politica ,purtroppo, si prefigge di presentarsi imparziale, neutrale, a-valutativa. Il campo politico a sua volta , per come lo vediamo e lo sperimentiamo quotidianamente e concretamente ,nei momenti di crisi si rivela essenzialmente come il campo e l’ambito del potere . La politica è lotta per il potere. E quindi per entrare in quell’ambito bisogna organizzarsi e pensare in un certo modo per entrare nelle ‘macchine del e per la lotta per il potere,per la distribuzione ,per la spartizione del potere ’ che sono i Partiti. Oppure nel caso della necessità di vivere la Politica come valore o etica si rischia di produrre capi carismatici o radici etniche o fondamentalistiche che spostano in altri o nel passato il senso e le modalità di un impegno pubblico sul proprio territorio,non in modo proattivo ma reattivo La nostra esperienza “paesologica” nella Comunità provvisoria è e vuole essere filosofica e politica ma non nel senso della ‘scienza filosofica e politica’ ma esitenziale e umanistica.Preferiamo parlare di “umanesimo delle montagne”.Noi ci domandiamo e chiediamo non la ‘natura dell’uomo’ universale e necessario ma quali sono le condizioni ,in determinato territorio e tempo, con la sua storia culturale etnicamente determinata e che rende possibile l’uomo in quanto uomo , non l’uomo irpino rispetto al napoletano o del nord. Certo con questo atteggiamento concreto e critico e con queste domande mostriamo di essere ,quantomeno avversi o sospettosi di una certa deriva della “modernità” senza cadere nei fondamentalismi etnici con esiti fobici o razzisti. Dopo Cartesio noi coltiviamo il sospetto e il dubbio che l’uomo, inteso come soggetto unicamente conoscente, rischia di sentirsi incondizionato, cioè come colui che non accetta nessuna condizione, ma pone lui le sue condizioni alle cose, al mondo esterno e algi latri uomini diversi da sè .Preferiamo che le nostre “comunità” siano provvisorie, inoperose e e non definite su fondamenta solide e immobili che ti costringono a vivere beatamente con le spalle rivolte al passato ( sia esso celtico,nordeuropeo o semitico-ebraico.greco-romano). Per noi gli uomini e le cose sono realtà finite ,limitate a cui la politica cerca di dare senso ,volta per volta, a questa finitezza e limitatezza. Sappiamo cha anche i diritti sanciti dalle varie carte costituzionali o dalle lotte sociali del passato vanno rivitalizzati e riportati alla unicità e identità comunitaria di ogni essere umano. Noi non chiediamo solo di ripristinare o mantenere un diritto o uno spazio di cura dei singoli malati indipendentemente dal fatto di essere momentaneamente malato. La salute è un bene che non lo stabilisce solamente la medicina o la politica sanitaria. La questione per noi è di sapere e evidenziare ciò che è per noi desiderabile, a Desenzano o a Bisaccia o a Porto recanati,Rho, Aliano o Ribera, se anche lo vogliamo veramente. E questa è propriamente una questione politica. La politica per noi non è un settore determinato e limitato( e stabilito o imposto dagli altri) della nostra esistenza di cui possiamo fare anche a meno, se vogliamo; o che incrociamo molto raramente, se vogliamo;o che incrociamo più intensamente ,se vogliamo. Ma la politica riguarda proprio l’uomo in quanto tale. Per noi è politico rieducare lo sguardo per vedere il bello dei nostri territori (paesologia), utilizzare in modo essenziale e non solo utilitario o in diritto gli strumenti della tecnica e della medicina per giocare politicamente nelle articolazioni provvisorie delle attività propriamente umane…percepire,conoscere, sognare, lavorare,fabbicare e agire( ponein,poiein,prattein…come dicevano i greci che io preferisco ai celti!!!!) …. e anche innamorarsi ed amare. Esse sono qualità superiori alla contemplazione e al fare teoria o ideologia. Rovesciare gli ordini tradizionali di pensare e agire partendo dalla finitudine umana e dalla sua provvisorietà e possibilità di realizzare se stesso nella propria individualità e alterità comunitaria.Abbiamo una priorità : riconquistare il nostro spazio di vita e le nostre comunità.Che non significare il banale luogo comune :piccolo è bello! Una comunità è appunto questo: è una struttura permanente e provvisoria (ossimoro) che vuole rendere quotidiano e possibile lo straordinario e il profondamente autentico e prima di tutto rende possibile a ciascuno di essere sé stesso al cospetto e nel confronto con gli altri. La Comunità è soprattutto la condizione e l’esercizio della libertà individuale e concreta. La libertà è da intendere esattamente come il potere o dovere mettersi in contatto con gli altri a partire da se stesso, e per se stesso; e tenendo, in qualche modo, e sfidando anche il ricordo e le memorie, cioè proponendo le proprie azioni, pensieri,sentimenti,passioni,sogni,speranze come degne di ricordo e memoria. Solo in questo , nel proporre e presentare le proprie azioni ed idee come degne di ricordo, l’uomo compie azioni veramente politiche, altrimenti retrocede a livello della specie. La vita diventa sacra e degna di essere vissuta solo attraverso la continua capacità di produrre idee e azioni. La politica è lo spazio pubblico, un grande palcoscenico, in cui tutti gli uomini possono entrare ed uscire a propria volontà e libertà, cercando di starci anche in modo non permanente,stabile, solido ma….provvisorio.
mauro orlando

7 pensieri riguardo “……la rivoluzione si fa nelle piazze ….. e si fa anche dalla “panchina”

  1. Le evocazioni di Franco sono misteriche e per questo affascinano.L’immergersi nella natura richiede olfatti nuovi e nuov uditi e nuovi sguardi. Calarsi fra le pieghe di una spiga di grano, introdursi nelle gocce di rugiada,perdersi nel silenzio dei voli,produce un sentire che può portare bene a sè e alla vita, Ma la contingenza delle emozioni non determina l’etica:è poesia: Nelle fraglità e nelle provvisorietà possono nascere i fiocchi,ma i fiocchi si sciolgono e non lasciano tracce se non nel cuore e nella memoria. Mettersi in marcia stando seduti su di una panchina è un bellissimo ossimoro…..

  2. Io non so bene a chi si chiedono i “modelli”. C’è forse qualcuno che li modella e poi li dà a richiesta? Oppure economia e cultura bisogna modellarsele da soli e praticarli in libertà?

  3. per ora … horror pleni … troppe parole … non riesco a leggerle … quasi rumore … domani … forse domani … scusatemi …

  4. “urbano flacco !” ….chi era costui…”…. questo nome mi par bene d’averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?”. Tanto il pover’uomo era lontano da prevedere che burrasca gli si addensasse sul capo [che cosa stava per succedere]!…. un pò di sarcasmo manzoniano non guasta solo per esternare un dubbio o un sospetto che i suoi “commenti” sanno di risaputo ,dejavu, in questo Blog …mi piacerebbe conoscere la sua vera identità anagrafica per approfondire il rapporto di conoscenza e di confronto senza appesantire il nostro Blog di “umori cattivi” superflui e non espressi….. con il più democratico spirito di tolleranza…..secondo il detto “che i morti seppelliscono i morti”!
    mauro orlando

  5. nome omen per me vale doppio, nel mio nome anagrafico ma anche nell’identità della mia partecipazione che identifica molto meglio quello che il mio anagrafico non può più rappresentare. nessun vezzo. nessun atteggiamento. la mia vera condizione quindi, il mio vero e contemporaneo anagrafico. quindi nulla da svelare. solamente pensiero da rappresentare, e con il quale, purtroppo solamente urbano, contribuire. grazie mauro. grazie franco. grazie.

  6. per meglio dire e non per suscitare curiosità o attirare attenzioni, ma anzi esclusivamente nel rispetto della sensibilità e perspicacia di mauro e della profondità attiva di franco, aggiungo:
    urbano, cittadino, e flacco che ricorda la parola fiacco, stanco, ma anche il vocabolo spagnolo flaco, che vuol dire secco, magro, esile, e non più in senso fisico ma ormai solamente per come mi sento intimamente e per come e dove vivo quotidianamente, in un ambito imperialdecadente dal quale il nome non è esente. l’opposto del mio vero nome anagrafico, più conforme alla mia natura, anche geograficamente.

    vorrei, comunque continuare ogni tanto, se non disturba, a lasciare qui dei commenti in varie forme, parole che a me sembrano affini, in libertà e con leggerezza, essere provvisorio di volta in volta in una comunità che possa ”tollerare” anche abitanti di grandi città e poco partecipativi fisicamente. grazie. salute.

  7. Mercuzioooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!! Ma mo, pure gli angeli vogliono fare la rivoluzione? Uffàààààà!!!! Io gliel’ho detto un sacco di volte che la “rivoluzione” non si può fare……ma lui ormai insisiste!……..

    Nanos – Capitano dell’esercito de “I GUERRIERI DELL’ARCOBALENO”

    http://comunitarncd.wordpress.com/2012/11/25/i-guerrieri-dellarcobaleno/

    Uffàààààà ..io non so più come dirglielo, e se lo sà u Mast suoi lo fulmina!!!! …….

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