il mio pezzo uscito sull’ultimo numero di lettera internazionale..
saluti a tutti i paesologi. f. arminio
C’è un’urgenza in me.
La poesia e l’idea della morte, la paura del caldo, il crollo del buio.
Il sospetto verso il procedere della vita, la vita procede verso la morte.
Il corpo che respira l’aria secca, la gola, il cuore che si dibatte in un fondo a un secchio senz’acqua.
Dire di noi, ma a chi? Non dire agli altri ho fatto questo e quello. Non fare richieste, oltraggiarsi in maniera definitiva piuttosto che tagliarsi un dito alla volta.
Il corpo viene coinvolto nella nevrosi o è uno degli attori della commedia?
Avere il naso chiuso.
Il sonno difficile quando il giorno dopo è difficile.
La retorica della vita e della felicità.
Molti dicono che vogliono essere felici. Questa espressione mi innervosisce.
Sono le quattro del mattino, ho mal di testa, il sangue fritto dentro la testa, sotto il cranio.
La colla del non essere che impedisce ai morti di muoversi.
La città, cioè l’uomo assoluto, non mi piace. E non mi piace la natura assoluta, il grande fiume che è solo fiume, il cielo solo con se stesso, la foresta immensa. Mi piacciono le cose quando sono attraversate da qualcos’altro.
Pensate quando sarebbe bello un delirio concordato. Evacuare Firenze, impedire di visitare Venezia per un anno. Mettere Venezia in cassa integrazione. Mettere il mondo a riposo con noi dentro.
Uscire dalla scrittura nel momento in cui il mondo non è altro che scrittura.
Riconoscere l’egoismo, essere egoisti con se stessi.
Togliere i viveri al narcisismo.
Dire al corpo che deve morire è inutile, il corpo non ti ascolta, al massimo puoi ascoltarlo. Sei la cima e il fondo della cosa osservata.
Il corpo è provvisorio, l’anima, se c’è, è definitiva. Non esistono assenze provvisorie.
Vedere come i sogni cercano di svegliarti, il sogno è un avvertimento che diamo a noi stessi. Fuori dal corpo non ci sono sogni. Il sogno del vento non lo vedi.
L’attualità è il centro del tempo, il passato la sua periferia.
La società ormai non è più possibile. Dobbiamo rassegnarci alla solitudine. Ognuno è diventato il Dio del suo ateismo.
Stanco dei miei errori, sono stanco del mio volermi male.
Alle quattro del mattino puoi allungare il braccio, vedere il mondo sul palmo della mano.
Gli ospedali, portare il corpo negli ospedali è una forma di disprezzo. La cura non può essere una professione. La vita in fondo è il prendersi cura del proprio disfacimento.
Non ho il diritto di dormire. Sono qui per festeggiare la mia insofferenza.
Cos’è un grande libro? È la sofferenza che organizza un grande ricevimento, il corpo pieno di luminarie e bancarelle.
L’io è solo un palco, non è necessario usarlo sempre.
Spingo me stesso fino al punto di rompermi. Non voglio rompermi, voglio capire in quale punto posso rompermi.
Pensare che sono già morto è un buon esercizio e nessuno può escludere di essere già morto.
Quando il corpo non ha niente da dire è inutile mettersi a scrivere. Il miracolo di evitare qualunque discorso.
Un uragano di formiche.
Le parole che sanno di frigorifero, quelle che sanno di obitorio.
Le parole che diamo al corpo per non farlo uscire, le parole come tappi.
Incorniciarsi fuori da se stessi.
La crepa su un tufo alle quattro e mezza.
Il freddo nelle ginocchia e il caldo nella testa, il corpo è ancora una cosa unica, il cuore che porta il sangue alle ginocchia è lo stesso che porta il sangue alla testa. Fuori dal corpo non c’è questa coralità, è un caos di cose singole e sperdute, qualcosa come un ramo dentro il finestrino di una macchina, un unghia che disegna un elefante.
Ho questo mal di testa a disposizione, cosa posso farne? Bisognerebbe ragionare così col nostro corpo.
I corpi degli altri, i corpi che ricevono altri corpi al telefono. Usiamo tanto il telefono, non esistono molte riflessioni su questo mezzo. Conversare senza occhi, pagare per conversare alla cieca.
L’amore è un’infiammazione della vita, l’occhio che vede sempre le stesse cose. Io vedo solo te. Io che faccio del pensiero di te una cosa visibile, io che ti metto nel mio corpo e ti guardo. L’amore non è mai mobile, girevole. È sempre una fissità, gli amanti si parlano sempre dal fondo di una crepa.
Se questa notte avessi dormito avrei saputo molto meno di me. Sono l’unico allievo alle lezioni dell’insonnia.
Avere una donna è un’illusione molto più potente che averne molte.
Il corpo annoiato del nostro conversare.
La piega della distanza.
A far parlare le cose non si sbaglia mai.
Ieri sera a cena ho visto che ero l’unico che non rideva, ero troppo stanco per ridere, troppo preoccupato della mia stanchezza. La paura di morire di stanchezza è al centro di ogni mio progetto di riposo. Io ho dichiarato guerra al riposo.
Non voglio un lettore, voglio un lettore che dica di avermi letto.
Ognuno sfama il suo narcisismo.
Io ho sempre avuto la passione di stare nella vita per fare tutt’altro che la vita.
Stare molto al mio paese, stare al mio paese sempre.
Ogni paese ha un gesto, c’è quello che si mette le mani nei capelli, quello che si gratta il culo.
Vivere è rispondere a domande che non abbiamo capito e mentre rispondiamo speriamo che qualcuno ci ripeta la domanda.
Il problema non è averti, ma non avere neppure la speranza di te.
Volersi bene senza i tranelli della psicologia.
È strano che qualcuno ci pensi.
Non si può più cambiare il mondo e allora ci mettiamo a cambiare le fotografie che facciamo al mondo. Photoshop al posto della rivoluzione.
Scrivere per evacuare un po’ di corpo.
Amare per portare dentro di sé un altro corpo.
Non bisogna mai vantarsi di non desiderare qualcuno.
Sono solo, scusatemi.
Fare un oggetto di parole. Dare al parola al corpo.
Il corpo e il cibo.
La bulimia e l’anoressia, l’anoressia del piccolo paese, la bulimia urbanistica, il corpo ingrassato delle metropoli.
Mettere a dieta i luoghi affollati.
Dopo la morte del mondo c’è ancora il mondo, dopo di noi non c’è niente.
L’amore libero è un controsenso, non esiste un amore libero, l’amore è il segno di una costrizione, un essere con le spalle al muro, è una resa, un cedimento, non è scegliere di andare e venire, è essere confiscati dall’altro.
Dammi la mia mancanza, senza richieste assurde non c’è amore, ci amiamo e l’assurdo è contento.
Se uno ti ama ha bisogno di fartelo sapere.
La paura della morte non è più un tema unico. Adesso sono una stazione, non sono più un binario morto.
Gli scrittori inutili, gli scrittori che mettono i guanti all’ovvio e te lo vendono per altro.
Non si è mai scrittori, scrivere per diventare qualcos’altro.
Io voglio portare l’umanità fuori da se stessa.
La fatica di avere una faccia.
Non è importante cosa sa il mio corpo, ma di cosa sa il mio corpo.
Svegliarsi, accendere lumini sulla propria assenza.
Arrampicarsi, cercare la cima dell’altro.
È tutto un volersi e non volersi.
Telefonare è diventato un passatempo.
Nella paura sei solo. La verità delle grandi paure, la menzogna dei grandi desideri.
Fino all’amore ci arrivo. E dopo?
La creatività di massa è nauseante.
L’arte è interessante quando è una traccia solida e irripetibile.
Ci sono i sociologi, ci sono i giornalisti, non ci possono essere i poeti. Il poeta è sempre uno solo.
La carne, il respiro dell’infanzia.
Sono fatto per la vita eroica. Ho una nevrosi eroica, non posso curarla.
Scrivere dentro il corpo, in genere questo è il lavoro delle malattie. Scrivere fuori dal corpo, ma col corpo, questo è il lavoro dello scrittore. Uscire fuori dal mondo e restare nel mondo, è il lavoro che dobbiamo fare adesso.