il lato entusiasmante della vita

di andrea di consoli

Più o meno mentre uno dei più talentuosi registi italiani riceveva l’Oscar a Los Angeles per aver realizzato il miglior film non americano, in Italia, al Sud, in Calabria, a Sibari, un sacerdote, don Lazzaro Longobardi, veniva ucciso brutalmente a sprangate, probabilmente a causa di una rapina. Domani, fra qualche secolo, se qualche storico – se ancora ce ne saranno – volesse tentare di capire lo stato spirituale dell’Italia di questi giorni e di questi mesi, farebbe bene a mettere ben affiancati questi due opposti eventi accaduti a cavallo tra la notte e l’alba del 3 marzo del 2014.

Un tempo ci si salutava con la gioiosa locuzione “ad maiora!”, oggi, quasi diffusamente, ci si lascia con un mesto e sconsolato “speriamo bene”: ormai il pessimismo della ragione ha quasi divorato per intero l’ottimismo della volontà. Siamo il popolo che più al mondo organizza convegni sulla “bellezza che cambierà il mondo”, ma poi giustifichiamo incuria, abbandono scolastico, sciatteria creativa, improvvisazione artistica incolpando semplicemente le condizioni date, le tante penurie a cui costringe la “crisi”. Eppure la vita è fatta di scelte, e lo stato d’animo di un Paese è la somma algebrica di queste scelte individuali.

Mentre Paolo Sorrentino vedeva riconosciuto il suo talento registico a Los Angeles, qualcuno, in Calabria, stava nascosto tra le spinose sterpaglie del più sporco giardino dell’umanità, al buio, con una spranga in mano. A entrambi batteva forte il cuore, ma per due orizzonti esistenziali completamente opposti. Qualcuno dirà, tentando di capire l’abisso insondabile del male, che l’uomo in procinto di assassinare don Lazzaro non ha evidentemente avuto la stessa fortuna di Sorrentino. Ma esiste davvero un uomo sulla terra che non abbia avuto la possibilità di sfiorare, intravedere, annusare il bene, il proprio talento, la possibilità concreta di costruire anziché distruggere? Questo è impossibile: la vita è libertà di scelta perché esiste il libero arbitrio.

Curare il proprio talento, accrescerlo con la bontà, la curiosità e la disciplina, migliorarsi, lottare per realizzare i propri sogni, mettersi nella condizione di massima utilità e bellezza per se stessi e per gli altri: ecco cosa potrebbe intendersi, senza incagliarsi nelle grandi aporie della filosofia morale, per una nozione minimamente condivisibile di bene. Eppure troppi, nell’Italia di oggi, vivono – mutatis mutandis – come quel balordo acquattato tra i rovi di Sibari: colmi di egoismo, di rancore, di distruttività, di disprezzo per la vita. E nessun dato sociologico potrà mai giustificarli, perché si contano a milioni, nel mondo, i disperati e i nullatenenti che fanno del bene e si fanno del bene nonostante tutto, nonostante la – a volte – insostenibile disperazione della vita.

Ai giovani che dicono che è inutile studiare, lavorare, migliorarsi, perché tanto tutto è perduto e vano, vorremmo indicare l’esempio di Paolo Sorrentino, un italiano “normale” (è sposato ed è un padre di famiglia come tanti) che ha saputo curare fino in fondo il proprio talento e la propria vocazione, fino a essere applaudito in mondivisione. E domandargli: cosa c’è di più soddisfacente di un applauso, di un ringraziamento, di un apprezzamento per qualcosa di bello e di utile che si è fatto? Certo, per fare qualcosa di bello e di utile bisogna lottare contro vili e umanissime insidie quali l’invidia, il cinismo (confuso spesso con la maturità e il sano realismo), la pigrizia, il disfattismo, il pessimismo, il rancore. Ma, superate queste insidie, ognuno ha la possibilità di portare a compimento un talento innato che in misura diversa e con esiti diseguali tutti gli esseri umani possiedono.

A una stessa ora, dunque, si può essere amati o disprezzati. Ed è solo una questione di scelta individuale. Il mondo e gli altri non c’entrano.

Oggi Sorrentino è amato, mentre il balordo che ha ucciso il parroco di Sibari è disprezzato. Eppure siamo certi che c’è stato un momento – fosse anche stato solo un attimo – che il balordo avrebbe potuto far andare la sua vita diversamente. Sarà anche poco relativista come si conviene a ogni buona filosofia non totalitaria, ma bisogna ripartire dal coraggio di saper indicare con certezza – soprattutto ai giovani – il bene, il bello e l’utile.

Continuare a sostenere, per timore di pedagogismo, di paternalismo o di moralismo, che una cosa vale l’altra, che tutte le vacche sono nere perché tanto è sempre notte, è il più grave delitto nichilistico che si possa commettere nei confronti dei giovani. Paolo Sorrentino , anche a causa di tristi e dolorosi eventi della sua vita privata, avrebbe potuto arrendersi rinchiudendosi nella rinuncia e nel piagnisteo. Oggi sprona tutti noi a fare meglio e a essere sempre al massimo delle nostre concrete possibilità creative. E’, insomma, un modello positivo per tutti coloro che hanno occhi sinceri per vedere il lato entusiasmante della vita.



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Pubblicato da Arminio

Nato a Bisaccia è maestro elementare, poeta e fondatore della paesologia. Collabora con “il Manifesto”, e "il Fatto quotidiano". È animatore di battaglie civili e organizzatore di eventi culturali: Altura, Composita, Cairano 7x, il festival paesologico ""La luna e i calanchi"". Da molti anni partecipa a innumerevoli manifestazioni sulle problematiche dei territori. Recentemente ha avviato scuole di paesologia (ne ha già svolto una decina in ogni parte d’Italia). In rete è animatore del blog Comunità provvisorie. E' sposato e ha due figli.

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