dal nostro corrispondente dagli alburni…

Nelle notti silenziose l’odore del bosco arriva nelle case, un verde incombente bussa alle porte di notte e di giorno. Se ne sta il mio paese come un gatto acquattato su un precipizio, tra selve e cielo. Nessuno ha mai raccontato qualcosa di sentimentale del posto in cui sono nata e in cui ancora ufficialmente risiedo, l’esiguità di pubblicazioni sugli “elefanti” alburnini  e sui paesi incastonati alle sue pendici mi ha sempre rammaricata. I documenti storiografici o le poesie da sole non bastano. Descrivere un luogo nel quale si vive o si è vissuti non è cosa facile, il genius loci per sua natura è sfuggente, un paese è un’ entità fisica e metafisica molto complessa, occorre far parlare più voci, avere più occhi, passione per l’anatomia. Partire dai luoghi e dalle strade della propria infanzia potrebbe essere un inizio di racconto…

 

Stradario sentimentale sicignanese

                   1° percorso: dal Barraccone all’Aria

Il periodo “delle buste in testa” non ricordo quant’è durato ma coincide con la costruzione della “Salerno- Reggio Calabria”  i primi cinquanta chilometri di questa autostrada passavano per fortuna dalle mie parti. Erano i favolosi anni sessanta, molta manodopera era stata presa sul posto per  lavori ben pagati, mio padre come molti altri in paese sospese per qualche anno la sua attività di commerciante per diventare camionista, stava poco a casa e spesso lavorava anche di notte. Quando sono nata  lo seppe solo la mattina successiva  tornando a casa e trovandomi nella culla.

Tra il “Barraccone” dove c’era il negozio di mio padre e “l’Aria” dove c’era la nostra casa si snodava quasi tutto il centro abitato di allora, ci toccava in quel periodo fare avanti e indietro a piedi, avevamo una macchina beige ma mia madre non la guidava,  ventiquattro anni, gambe agili, un maestoso tuppo e due figli con meno di sei anni al seguito.  Tutti e tre la mattina scendevamo al negozio e mentre lei apriva due rumorose saracinesche senza chiave noi correvamo a giocare nei paraggi, dentro e fuori il negozio avevamo un mondo da esplorare. Qui si vendevano i primi elettrodomestici, mobili, lampadari, scatole vellutate con servizi di piatti, phon, un po’ di tutto sugli scaffali. Dietro al negozio si aprivano altri luoghi fantastici, gli odori della falegnameria, colle, vetri, stucco e, discretamente impilate in uno dei due sottoscala che allora non portavano da nessuna parte, diverse casse da morto. Quell’edificio aveva solo il pianoterra sarebbe diventato negli anni un palazzo di quattro piani. Il negozio di Paoluccio era il locale più grande di Sicignano, all’occorrenza diventava una sala per sponsali e tutta quella merce  improvvisamente spariva per far posto al vuoto, un giro di sedie sotto le pareti e tanto spazio al centro per ballare. La musica del complesso, i dolci col naspro, panini e murzelletti, torta e confetti. Con qualche foto e con poco altro si festeggiavano allora divertenti  matrimoni. Ma torniamo alle buste in testa…. era un gioco escogitato da mia madre la sera per farci tornare più in fretta a casa, alla chiusura delle saracinesche stanchi e con  nessuna voglia di camminare lei aveva scoperto che bastavano due grandi buste di imballaggio di cellophane tesate sul nostro capo per farci riprendere fiato, prendevamo la rincorsa per farle gonfiare e via si partiva. Rumoreggiava l’aria in quelle buste, uno screpitio di vele ci accompagnava a casa, poche le automobili e pochi i lampioni  in quel corridoio-strada della nostra casa-paese, nessun pericolo ci minacciava era quello un ventre quieto. Accogliente.

Sett. 2011

 Lucrezia Ricciardi

9 pensieri riguardo “dal nostro corrispondente dagli alburni…

  1. Sicignano degli alburni nei mie ricordi…………

    Era una sera dell’etate del 1979 quando fui portato, per fare il servizo militare, da Caserta a Persano. Fui subito messo di guardia alla caserma. Allora quei posti erano molto bui ed il terremoto del 1980 sarebbe arrivato ,solo dopo, ad “illuminarli”.Dalla mia postazione ,nel buio più totale,mi colpirono le luci di alcuni paesi che degradavano,se pur sfalsati,verso la valle dl Sele. Seppi subito da un mio commilitone che trattavasi di Sicignano Postiglione e Altavilla. Ebbi tutta la notte per possedere l’immagine complessiva.Fu come lo sviluppo di una foto durata un’intera notte.Alle prime luci dell’alba cominciai ad intravedere gli Alburni e le sue cime calcaree come le Dolomiti mentre scomparivano le luci dei paesi.E man mano che esse si attenuavano, trionfava il paesaggio degli Alburni evidenziando le sue dolomitiche cime calcaree.Quello scenario visto e rivisto, per le tante notti di guardia fatto in seguito, e`rimasto indelebile nella mia memoria ed anche se in seguito andai spesso a visitalo, Sicignano rimane nella mia memoria – il paese visto di notte da lontano………

  2. decisamente paesologico questo pezzo di lucrezia. speriamo di averne altri. l’ideale sarebbe che poco alla volta convergessero qui voci diverse da diversi luoghi.
    siamo le comunità provvisorie

  3. Scuste la correzione,ma è sempre difficile per me scrivere in questo ristretto quadro.

    Sicignano degli alburni nei mie ricordi…………
    Era una sera dell’etate del 1979 quando fui portato, per fare il servizo militare, da Caserta a Persano. Fui subito messo di guardia alla caserma. Allora quei posti erano molto bui ed il terremoto del 1980 sarebbe arrivato ,solo dopo, ad “illuminarli”.Dalla mia postazione ,nel buio più totale,mi colpirono le luci di alcuni paesi che degradavano,se pur sfalsati,verso la valle dl Sele. Seppi subito da un mio commilitone che trattavasi di Sicignano Postiglione e Altavilla. Ebbi tutta la notte per possedere l’immagine complessiva.Fu come lo sviluppo di una foto durata un’intera notte.Alle prime luci dell’alba cominciai ad intravedere gli Alburni mentre scomparivano le luci dei paesi.E man mano che esse si attenuavano, trionfava il paesaggio degli Alburni evidenziando le sue dolomitiche cime calcaree.Quello scenario visto e rivisto, per le tante notti di guardia fatto in seguito, e`rimasto indelebile nella mia memoria ed anche se in seguito andai spesso a visitalo, Sicignano rimane nella mia memoria – il paese visto di notte da lontano………

  4. …..Descrivere un luogo nel quale si vive o si è vissuti non è cosa facile, il genius loci per sua natura è sfuggente, un paese è un’ entità fisica e metafisica molto complessa, occorre far parlare più voci, avere più occhi, passione per l’anatomia……In questi giorni la Filosofia ufficiale si interessa del rapporto uomo-natura. Noi lo facciamo sul campo in modo militante ed esistenziale. ”La paesologia “ ha il merito di sgomberare il campo dagli equivoci malevoli , pretestuosi e modernisti di un comunitarismo e territorialismo a rischio identitario e xenofobo .Esso punta costitutivamente ad una soggettività –plurale consapevole ed attiva e non “una specie di moda elitaria per i cittadini meno granitici, un modo per assicurare alle loro coscienze una parte di assoluzione”. Non è la nuova ideologia per “spaesati” ,”terremotati” ,abbandonati e stressati dal postfordismo e dalla globalizzazione neo liberista e speculativa che nelle zone interne e nelle periferie metropolitane ha spazzato via anche il possibile mito industrialista e modernizzatore superficiale delle coscienze …..gli scritti di Lucrezia raccontano le storie di anime che sentono prima di pensare le cose ,gli uomini ,la natura……quello che io penso della filosofia
    mauro

  5. ….PS ….questo Blog sta trovando la sua strada del dono ,della generosità e della bellezza e……io sono molto felice…..

  6. Grazie per il rimbalzo dei commenti.
    Tutti noi umani abbiamo “sempre” fame di cibo commestibile e di cibo spirituale, cioè di storie.
    Lo stradario sentimentale è qualcosa che rumino da tempo, vorrei metterci anche i sentieri, le stagioni, le persone-paese—se si potesse fare letteratura come si beve un bicchiere d’acqua sarebbe fatta, ma per me così non è.

  7. e quel palazzo di Paoluccio a me sembrava enorme e al tempo stesso simbolo di un benessere raggiunto con fatica ed un pò di ambizione. Il suo interno ,,agli occhi di una estranea fino troppo educata, sembrava tutto uguale, fatto di stanze uguali, di mobili uguali e di un odore sempre uguale, ovunque ti dirigessi. Solo di un posto resta un ricordo sfocato e al tempo stesso preciso: dietro un armadio in una delle tante stanze, la figlia del proprietario aveva realizzato un angolo di intimità artistica. C’erano colori, pennelli e delle piccole tele sulle quai tracciava i segni della sua inquietitudine. Allora il paese le sembrava troppo piccolo.

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