Elogio del bambino barbarico

Metto qui un articolo di Paolo Mottana, che sottoscrivo pienamente.

(Antonio D’Agostino)

 

Foto di Salvatore Di Vilio, Mosca 1979


L’infanzia è stata scippata. Sequestrata. Reclusa in luoghi senz’aria e senza sbocco. Intrappolata nella famiglia prima e nella scuola dopo, canalizzate tra loro da corridoi di palestre, sale giochi e macdonalds, l’infanzia vive nel soffocamento e nell’isolamento. Rapita dalle strade, dai cortili e dai giardini, non sventola più come una bandiera iridata sui mezzi mercuriali del suo fluire vertiginoso, in bicicletta, sui pattini o semplicemente in corsa, ora è bloccata sulle seggiole sghembe delle celle casalinghe, delle aule scolastiche, decrepite e avvilenti, dei linoleum e delle moquette infeltrite e avvelenate.
Come restituire l’infanzia al mondo “senza negazione” e l’aperto all’infanzia? Quell’aperto dove il poeta la vedeva affacciata, dischiusa sull’infinito come solo l’animale sa essere, ed ora come l’animale stesso ingabbiata, domata, corrotta? Il bambino, come diceva Bachelard, viene reso “oggettivo”. “Lo si prepara alla vita nell’ideale degli uomini inseriti”, entra così nella zona dei conflitti familiari, sociali, psicologici. Diventa un uomo prematuro, un “uomo prematuro in stato d’infanzia repressa”. Strappato al “lucore” dei “limbi” e alla fantasticheria umbratile delle sue solitudini, è immesso nel circuito degli strappi e delle compressioni che debbono estirparne l’incommensurabilità, l’anima di fauno e l’aspetto camaleontico.
Non c’è rapimento, fuga o “pederastro”, per dirla con Schérer e Hocquenghem, che possano sottrarlo all’infausto destino della sorveglianza e dell’addomesticamento. Sottoposta a vigilanza continua, scrutata dalla lente della totalizzazione psicologica e frugata nei suoi recessi di inafferrabilità, l’infanzia perisce e con essa un mondo ancora affermativo e vitale di cui era l’emblema rutilante. Niente più infanzia sporca, sanguinante, fangosa, solo soldatini piombati, curvi sotto le cartelle e sotto lo sguardo solerte dell’adulto legislatore e sanzionatore di turno.
Basta con l’infanzia privatizzata, ghettizzata, sorvegliata. Facciamo una città che risuoni di gazzarra e di moti accelerati e imprevedibili. Città mercuriale, elfica, dionisiaca. Fuori dal mortorio delle lezioni e degli schermi obbligati, il cemento come pista infinita, la terra come letto di zuffe, gli alberi come trampolini di cielo, le grandi altalene di Wenders, il circo e le focacce croccanti. Rovesciare il mondo che non è più di nessuno, neppure di adulti dall’agenda gravida e dall’affaccendamento senza orizzonte, mondo spadroneggiato solo dell’astrazione scambio. Restituirgli carne, zuffe e pelle polverosa. Lì l’ esperimentum mundi, la prova e la sfida. Lì la catena che si schioda dalle barriere e dai pali del tempo saturnino. Adulti e bambini al sacco della città, come li voleva Fourier, piccole bande di gustatori, ma anche di pulitori, di fattorini, di apprendisti del bar. Scambiare le ore di parola con le ore di esperienza, che poi diventa anche parola e immagine e gesto, nell’arena a cerchio e a spirale che potrebbe diventare la scuola. Fine dell’ “educastrazione”, inaugurazione di un’eupedìa innervata nelle “arterie della città”, fermento di una rinnovata connessione tra le “immensità primitive”, il “pane ben imburrato” dell’esperienza e il reticolo affascinante e labirintico di un territorio di nuovo palpabile e percorribile, acceso di legno combusto e di frizzante letame odoroso.
Bambini barbarici e scatenati contro il bambino “culcùlo” dell’ortometrìa pedagogica calcolata e disciplinata.

 

Paolo Mottana

6 pensieri riguardo “Elogio del bambino barbarico

  1. Antonio, un articolo bellissimo, che da voce a tanti dei miei dubbi sul ruolo dell’esercito di educatori per l’infanzia che escono dalle facoltà di scienze della formazione e di psicologia. Come se il sogno di educare il selvaggio (che oggi è curiosamente sinonimo di pericoloso, anzichè di naturale) fosse tutt’altro che sbiadito, ed anzi, divenuto ordinaria amministrazione istituzionale. C’è un libro bellissimo, che ho solo adocchiato qua e là ma che sembra il linea con questo tema, di John Savage, si chiama “L’invenzione dei giovani”. Grazie intanto di questa bella sponda di senso, Jim Morrison chiamava l’educazione “il primo omicidio”.

  2. Caro Luca, sono queste le cose da dire ad alta voce! L’infanzia è conquista “recente”, ma che già si appresta al tramonto.

  3. Mi piacciono queste paroIe che profumano d’infanzia ,di movimenti ampi e portati fino in fondo in cui c’e’ piacevolezza e divertimento e si puo’ esprimere il ruggito del leone e la tenerezza del cerbiatto.I bambini vogliono momenti autentici da vivere non solo divieti e prescizioni.I giochi scatenati,la lotta sono quelli che consentono ad un bambino di contattare la sua forza,di percepirla e direzionarla.Sempre piu’ e da piu’ parti si elogia il bambino Cognitivo,che sappia l’inglese,l’informatica e le materie internazionali.Che noia! A scuola di mio figlio ho chiesto se oltre alle attivita’COGNITIVE ci fossero anche attivita’ sportive o che prevedessero un corpo che puo’ muoversi,correre e rotolare ho visto uno sguardo truce che faceva fatica a realizzare quali scopi perversi si nascondessero dietro le mie parole.E’ solo fingendosi un po’ distratti e lavoratori impegnati che ci si sottrae alle richieste di un impegno maggiore per il bambino da parte delle insegnanti insaziabili. Un bambino dovrebbe poter utliizzare nell’apprendimento l’attenzione giocosa, non per questo poco seria,al contrario naturale e profonda in ognuno di noi.ma a partire dallo zaino di polifemo molto e’ inesorabilmente assoggettato alla legge di gravita’.saluto tutti e ringrazio per questo momento di squisita condivisione!

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