una poesia di franca mancinelli

cucchiaio nel sonno, il corpo
raccoglie la notte. Si alzano sciami
sepolti nel petto, stendono
ali. Quanti animali migrano in noi
passandoci il cuore, sostando
nella piega dell’anca, tra i rami
delle costole, quanti
vorrebbero non essere noi,
non restare impigliati tra i nostri
contorni di umani.

P.s.

da NUOVI POETI ITALIANI (6), EINAUDI

antologia che raccoglie le migliori poetesse dell’ultima generazione

 

4 pensieri riguardo “una poesia di franca mancinelli

  1. Desiderio e volontà di trascendenza dai quei contorni umani che come cancelli a volte aperti, permettono il ritorno delle energie individuali e collettive alla primigenia. Esperienza possibile con l’unione amorosa dove la dissoluzione dell’io non permette tuttavia la presa di coscienza del superamento dell’ostacolo. E’ una missione ancestrale per gli esistenzialisti ricercare quindi un varco, un passaggio che possa permettere, anche per un solo istante, una esperienza cosciente dell’Uno, con il dovere poi, da parte di tali fortunati audaci, di tornare a raccontarla a coloro che attendono il loro momento per farlo. Importante e significativa poesia di Franca Mancinelli che rappresenta un esempio coraggioso di questo tentativo, più che umamo di varcare le soglie della propria finitezza, prima con l’amore e poi con la poesia.

    Umberto Battista

  2. Ciao Franca è davvero molto bella la tua poesia. E’ tutto chiaro in essa, anche se parla di “notte”, di “sciami/ sepolti nel petto”. Questa chiarezza intensa è il suo fiato.

  3. Battista ha cercato di espicitarla abbastanza bene, ma la poesia non ha bisogno di commenti , ha bisogno di essere vissuta nel suo straordinario infinito, come quando si ama!

  4. Molto bella, Franca. Avverto un sentimento di ”zugunruhe” in questo testo (passami l’autocitazione): la voglia di sconfinare, di oltrepassare i propri limiti corporali alla ricerca di un luogo aurorale dove smarrire i propri ”contorni di umani”. Volontà di trascendenza? Di riunificazione con l’Uno? Suggestioni metafisiche valide, certo. Ma soprattutto ci sei tu: il tema del corpo/paesaggio che delinea il tuo immaginario poetico sin dalla tua opera d’esordio. Così accade che le costole diventino ”rami”, il petto un luogo di transito per ”sciami” e ”animali”. In più, un filo conduttore che ti tiene ancorata alla nostra migliore tradizione: versi musicali, uso dell’enjambement, e il tema del sonno già sperimentato da altri autori del ‘900 (mi viene in mente, fra i tanti, Valerio Magrelli).

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