la questione sanitaria

di pasquale vitagliano

Lei ha un tumore? la domanda gli viene gettata in faccia. Senza delicatezza. Come una qualsiasi altra domanda che da uno sportello può essere fatta ad un uomo (o a una donna) in fila. Mi fa vedere la carta sanitaria? Che reddito ha? Di quanti componenti è la sua famiglia?
La sanità tocca il cuore delle persone. Ma dal loro cuore è lontana, ancora molto lontana. La “soddisfazione del cliente”, la customer satisfaction come la chiamano scopiazzando dagli americani, è arrivata nelle pubbliche amministrazione solo come linguaggio alla moda. Niente di più. All’anagrafe come in tribunale. Ed anche nelle corsie di un ospedale. La Sanità è messa come la Giustizia. Allo sfascio. Con una sola differenza: per la tutela dei diritti e degli interessi i soldi sono pochi e male distribuiti. Per la tutela della salute i soldi ci sono eccome. E’ il diritto alla salute che non si vede ancora.
Potrebbe anche essere un tumore? La comunicazione, senza certezza, ti può arrivare per telefono, come una tagliola. Anonimamente. E’ lei che ha fatto questo esame? E’ necessario fare degli ulteriori accertamenti. I cittadini adesso sanno tutti leggere e scrivere. Aumentano le cause per responsabilità professionale. Il medico ha sbagliato? Deve pagare. Il rischio è che perda serenità nell’esercizio di un servizio delicatissimo. Se invece a sbagliare è stato il servizio sanitario, beccare il responsabile diventa impossibile. La responsabilità si polverizza dentro un sistema organizzativo che vuole essere manageriale ma sosta ancora nel secolo della burocrazia inaccessibile ed esoterica. Cambia il linguaggio. Le file restano le stesse. Le file fuori all’Hotel Sanità, chic ma inutile perché chiuso a chi non ha il santo in accettazione ed allora deve sostare in attesa, col suo numerino, in una sala d’attesa triste come una mensa dei poveri. L’ho detto, la Sanità sta rovinata come la Giustizia. Ma nessuno dice che non esiste una sola Sanità, polverizzata tra pubblico, intra ed extramoenia, convenzionata, sovvenzionata, privata punto e basta e privata a carico e nelle strutture dello stato. La Giustizia invece è unica, pubblica e dissestata.
La sanità di Vendola, malgrado il suo impegno, non è stata diversa da quella di Fitto. Lo scenario infatti è lo stesso. Le vacche sono scappate. L’ospedale sotto casa è diventato troppo costoso. L’apertura di nuovi reparti ospedalieri come sbocco occupazionale può solo essere vagheggiata con nostalgia come una vecchia cartolina. Intanto quella che può essere una gastroenterite per il pronto-soccorso di Terlizzi, per Cerignola è una labirintite. Report in tv ha denunciato le inefficienze della Giustizia, con i fascicoli che non si trovano o che sono esposti alla pubblica curiosità. Di un cittadino portato in giro come un pacco, anzi come un vero e proprio fascicolo, con tanto di numero di registro generale ricoveri chi parla? Un fascicolo però è cartastraccia, mentre la storia delle persone è fatta di carne e dolore. E attese. E telefonate. Le telefonate giuste, mi raccomando.
Negli anni ’90 negli uffici postali campeggiava un manifesto pubblicitario contro il tumore. Sconfiggeremo questa malattia nel 199… Mancava l’ultima cifra presupponendo che la data della speranza arrivasse nel secolo scorso. Il tempo invece ha scoccato il 2012 e quella terribile falce è ancora là, inesorabile. Forse è troppo forte. Invincibile. Oppure dovrà esserci un giudice a Berlino (in Italia è meglio non cercarlo a questo punto) che valuti la ricerca e le sue applicazioni sanitarie. Perché i soldi per l’ospedale sotto casa non ci sono, mentre quelli per pagare i mandarini della sanità, quelli ci sono e ci sono tutti. Oltre ogni misura di valutazione.
Non resta che puntare tutto sulla prevenzione. Il direttore generale della nostra ASL ha girato negli ospedali per promuovere la qualità totale della prevenzione. Bene, c’è qualcuno che ha scoperto in tempo la malattia. La prevenzione ha funzionato. Ma è la cura che non và. I mesi guadagnati scoccano via, in mesi e mesi di lista d’attesa, fuori all’addiaccio di questo lussuoso sistema della sofferenza e della speranza. Sì, lussuoso. Perché diciamolo pure, i baroni della Sanità stanno bene, malgrado la crisi economica, malgrado il permanente stato di indebitamento. La casta non è solo quella dei politici. Ci sono anche i grandi primari. Come i grandi professori universitari. Molti sono primari e professoroni. Senza nessuno che gli chieda conto.
C’è stato un tempo in cui i medici nella società erano giudicati come gli attori. Da seppellire in terra sconsacrata. Perché avevano a che fare con il corpo. Ed il corpo era in passato qualcosa di sporco. Contava solo l’anima da salvare. Lo stesso per gli attori che del corpo facevano spettacolo e dunque ludibrio. Poi il corpo è diventato importante. Perché la vita si allungava. E il medico è diventato il sacerdote, il mago, il venditore di speranza, il manovratore di tecnologie avanzatissime grazie alle quali le vite si curano, si salvano e si allungano. Fino a quando va tutto bene. In questi casi, solo in questi casi, il medico è bravo. Si pende dalle sue labbra ed è inestimabile il valore della sua prestazione. Lui è il sacerdote del nostro corpo. Perché in questo mondo in lento disfacimento, il corpo sano, bello, perfetto è l’ultima, estrema, tangibile prova che noi esistiamo. Gli ospedali sono diventati più sacri delle cattedrali. Lo abbiamo visto nei giorni della rivolta contro Fitto in Puglia. Da allora però ben poco è cambiato.
Le prestazioni sanitarie restano ridimensionate. Lo impongono i vincoli di bilancio, oltre ogni bandiera politica. Anche un servizio basilare come quello di distribuire i moduli di esenzione dal pagamento tiket continua ad essere un’operazione difficile e snervante. Una migliore idea gestionale poteva venire a Fitto o a Vendola, ad esempio, far distribuire gli stampati anche presso gli studi dei medici di base. Un’idea né di destra, né di sinistra, un’idea buona e basta. Senza idee buone si rischia che a distribuire i moduli finiscano i carabinieri. La sanità diventerebbe – e in qualche episodio è già accaduto – un problema di ordine pubblico, con le forze dell’ordine impegnate a sedare i tumulti del ticket, come un tempo si placavano quelli della farina.
Lo scenario storico-politico no, non è cambiato. Mi è capitato di parlare con degli amici a Milano di malattia e di dolore. Ho dovuto portare un parente a San Giovanni Rotondo, dice uno di loro. Niente. Se non fai la telefonata giusta ti abbandonano al tuo destino. Lo dice con rammarico, senza pudori, lui che è orgogliosamente di sinistra. Questo è il dramma. Il bisogno ci rende uguali, conservatori o progressisti, cinici o compassionevoli. Salvo non appartenere a questo mondo. Come sa bene chi ha il cielo di riserva e sa bene che al corpo è meglio non affidarsi. Finita la conversazione, un amico ci fa ascoltare una registrazione eccezionale. L’unica intervista radiofonica rilasciata da Padre Pio, rilasciata Franco Bucarelli. Come sta padre? gli chiede il giornalista chiaramente commosso. “Sono fracassato. Tutto il mio corpo è fracassato”, gli risponde il santo, con una voce flebile eppure certa”. “Dia una benedizione ai nostri ascoltatori, che noi le auguriamo altri cent’anni di vita. No, per favore. Basta, è la risposta, chissà quanto ironica. Il santo aveva capito tutto. La malattia si sconta vivendo.



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Pubblicato da Arminio

Nato a Bisaccia è maestro elementare, poeta e fondatore della paesologia. Collabora con “il Manifesto”, e "il Fatto quotidiano". È animatore di battaglie civili e organizzatore di eventi culturali: Altura, Composita, Cairano 7x, il festival paesologico ""La luna e i calanchi"". Da molti anni partecipa a innumerevoli manifestazioni sulle problematiche dei territori. Recentemente ha avviato scuole di paesologia (ne ha già svolto una decina in ogni parte d’Italia). In rete è animatore del blog Comunità provvisorie. E' sposato e ha due figli.

2 pensieri riguardo “la questione sanitaria

  1. Interessante articolo ! Ho avuto modo di essere un amministratore della sanità negli anni 80 per un breve periodo; anni in cui si sarebbe dovuto attuare la riforma sanitaria, che spostava l’attenzione e le risorse sulla prevenzione e sulla nuova organizzazione distrettuale, ridimenzionando il ruolo degli ospedali(che assorbivano ingenti risorse). Esperienza scandalosa che per un giovane di 30 anni, pieno di ideali , non fu sopportabile al punto da dimettermi da ogni incarico politico. Prosegui l’impegno nel MFD (movimento federativo democratico e tribunale dei diritti degli ammalati) con scarsi risultati collettivi; gli esponenti di detto movimenti si sono anch’essi inseriti nel sistema di potere, offrendo servizi e ottenendo funzioni che non rendevano i cittadini condizionanti tramite il controllo di base sulle scelte del potere. Questo è il punto cruciale! come rendere i cittadini protagonisti del monitoraggio della qualità e accessibilità del servizio sanitario, e in termini più generali come rendere il cittadino cittadino e non suddito in ogni questione riguardante l’interesse pubblico o bene comune che dir si voglia.Questione democratica di grande rilievo, che a tutt’oggi si è aggravata e non vi è segno di risveglio delle coscienze. In questo blog si tenta di farlo, ma non coinvolge le masse, come si diceva una volta; eppure oggi ci sono maggiori strumenti di comunicazione, manca il protagonismo democratico delle nuove generazioni ed una organizzazione politica impegnata seriamente su questo aspetto. Il cittadino è visto solo come produttore(operaio) e non anche come consumatore.Il suo benessere, invece, dipende da quanto guadagna, ma anche da quanto è costretto a spendere per vivere una vita dignitosa.

  2. Ringrazio Staffiero per questo commento. Più interessante dello stesso mio articolo perchè rappresenta una testimonianza diretta e viva dei fallimenti della nostra Sanità. Prima ancora che il muro dei numeri, infatti, è crollato il progetto, forse l’utopia, di una sanità che doveva essere democratica ed è diventata di massa, doveva essere universale ma è diventata selettiva in modo perverso e inefficiente.

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