di Lucrezia Ricciardi
Tante sollecitazioni, tante riflessioni smuove l’incontro delle femministe che da Paestum hanno lanciato “una sfida nel cuore del crisi”. Senza trombe mediatiche, senza patrocini, senza clamori, quasi in sordina qui da tutta Italia sono arrivate in tante. Trenta promotrici tra cui Lea Melandri e Bia Sarasini hanno orchestrato un semplice tam-tam. Maria Bellelli, Gabriella Paolucci e Rosalba Sorrentino, le tre promotrici locali, hanno prenotato una sala con 350 posti a sedere e dato l’afflusso è servita una sala grande quasi il triplo.
Non è stata una delle tante noiose e paludate assemblee politiche che si vedono in giro per l’Italia, qui non ci sono stati leader da eleggere nè guru o sciorinate menti sopraffine da applaudire. Colpisce la forma e colpisce il metodo: un migliaio di donne di ogni età in un clima di festa (non c’erano fiori ma la sala odorava magnificamente di fiori), nessuna relatrice, il palco vuoto, luce in platea e un microfono aperto a chiunque avesse qualcosa da dire. Un raro esempio di dialogo effettivamente orizzontale.
A tutte sta a cuore la prefigurazione di un’altra poltica, a Paestum si è parlato di educazione sessuale nelle scuole; della rappresentazione mediatica del corpo delle donne; del precariato e/o reddito di cittadinanza; dello sfruttamento della forza lavoro di quelle ombre che sono in Italia le donne extracomunitarie. Detto così sembra poco. E’ arduo circoscrivere i temi latenti e quelli affrontati in questo incontro, ancora più arduo restituirne il quadro generale in cui queste tematiche da anni sono inserite, necessita forse una premessa. Sul femminismo storico, quello uscito dalla seconda guerra mondiale, quello del “68”, quello “dell’aborto e del divorzio” si è innestato il più recente movimento del “Se non ora quando” (2011), quindi sebbene questa entità sociale esista da anni “le donne organizzate” si muovono ancora come un fiume carsico, il pensiero declinato al femminile scava grotte e poi impetuosamente erompe per generare vere e determinanti sterzate sociali.
Il femminismo è forse l’unica filosofia veramente incarnata; ha un poderoso apparato teorico(*) ma è soprattutto una pratica esistenziale che molte donne vivono nella vita di tutti i giorni. Alcune donne hanno consapevolezza di ciò e si organizzano in gruppi dove poi si produce un agire politico che diventa servizio al territorio e/o produce tanta, tanta letteratura. Sono una minoranza, viaggiano intorno ai sessantanni, vivono spesso in grandi città, con un buon impiego e molto impegnate in questa missione, un aura tra lo snob ed il sofisticato demodè le connota, ma in primis sono delle gran generose. Poi ci sono le femministe che non sanno neanche di esserlo, donne che per istinto o vocazione percorrono il proprio sentiero solitario di “emancipazione” fuori da ogni gruppo, senza etichette e senza bandiere da sventolare, queste donne “comuni” sono la stragrande maggioranza. Tutte queste donne (…beninteso quelle che non dormono) nei momenti cruciali rinserrano le fila e fanno corpo. Sono tanti i fili di questa tela che da anni l’universo femminile sta tessendo contro la subalternità a qualcuno o a qualcosa e l’invisibilità sociale. Non si può negare che esista per gli uomini e per le donne, ma non si sa perchè per le donne esiste di più.
Forse tutto dipende da quel pantheon che sovraintende l’immaginario collettivo umano, qui non ci sono ancora eroine o figure femminili a tutto tondo, si segnala qualche vittima sacrificale ma questo genere di eroismo piace sempre meno alle donne. Gli archetipi della Madonna, di Cassandra, di Penelope ancora aleggiano sulla nostra testa, sofferenza e pazienza, nel quadro dell’humana conditio questo ancora si chiede alle donne.
(*) La vita inizia dove finisce la paura 9 ottobre 2012
approfondimenti:
(video)
http://qik.com/video/54874935
(il blog)
http://paestum2012.wordpress.com/