un mio pezzo uscito oggi nel primo giorno di un giornale locale, ottopagine, che mette assime irpinia e sannio. era da tempo che non scrivevo per un giornale locale. mi piace quando i territori si avvicinano. mi considero un sarto dei luoghi.
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Avellino e Benevento, i paesi del Sannio e dell’Irpinia: un bel pezzo di Italia interna, una sequenza fitta di paesi e montagne. Quello che sta per venire sarà il tempo dei paesi e delle montagne. Non è un tempo che verrà subito. I luoghi, come le persone, fanno fatica a uscire dalle loro malattie, ma a un certo punto arriva la guarigione. Si tratta di uscire, di avere fiducia nelle nostre piazze, nelle nostre vigne. Dare fiducia agli alberi e alle formiche, dare fiducia ai ragazzi e ai vecchi, credere a chi è rimasto e a chi vorrebbe tornare. L’Appennino non è un luogo in estinzione. Non bisogna farsi condizionare dalla condizione attuale di molti paesi che sembrano diventati i musei delle porte chiuse. È una condizione temporanea. Presto arriveranno nuovi residenti e anche se non arrivano presto, non bisogna disperare. Anche il silenzio può essere un’occasione quando non è eterno. E poi non siamo noi a essere in pochi, sono i nostri vicini delle pianure che sono troppi. Non siamo noi che dobbiamo andare verso di loro, ma sono loro che devono venire verso di noi, verso un nuovo umanesimo delle montagne. Il centro non saranno le coste, il centro sarà l’Italia interna. Anche se questa fosse solo una finzione, sarebbe una finzione in cui è utile credere. Abbiamo per troppo tempo dato ascolto a chi ci scoraggiava, a chi ci governava non credendo a queste terre, a chi pensava solo a imitare modelli lontani. Ora è arrivato il tempo di raccontare una posizione nuova: non siamo né indietro né avanti, non siamo il problema e neppure la soluzione. Dobbiamo pensarci aprendoci all’impensato, guardare il nostro futuro e il nostro passato senza pregiudizi, senza ansie di compiacimento o di scoramento. Insomma, è venuto il tempo di dare le spalle agli scoraggiatori militanti che ancora danno il passo alle nostre terre, che ancora ci vorrebbero convincere che il meglio è sempre altrove. Il meglio non è da nessuna parte, ogni territorio deve costruirselo da solo il suo meglio e darsi la lietezza di pensare che può bastare. Non bisogna farsi istigare dalla smania di fare chissà che. Non dobbiamo crescere e neppure decrescere. Dobbiamo stare nei nostri luoghi e anche altrove, andare e venire, intrecciare l’arcaico che ci rimane e il futuro che riesce liberarsi dalla palude del presente.
“Anche se questa fosse solo una finzione, sarebbe una finzione in cui è utile credere.”
Per come la vedo io, questo è un passo più che utilie.