Cartelli stradali a Casoria
Ho un amico a Sant’Arsenio. Oggi piove, vado a cercarlo direttamente dove è ricoverato. L’infermiera mi accoglie con piacere. Mi presenta il medico. In genere nelle strutture che ospitano persone che hanno disturbi mentali c’è sempre un’aria tesa quando arriva un estraneo, come se avessero paura che venga fuori qualche magagna. Qui no. Io sono qui per sentire Angelo Pepe.
Lo trovo nella sua stanza, in pigiama. Si mette sotto le coperte e gli chiedo come mai non usa il cuscino.
Parte da qui la sua loquela fitta e fiorita. Mi piace ascoltarlo, mi piacciono gli esseri umani che hanno una lingua propria. Ascolto felice di registrare tutto e portare a casa. Sono un pescatore di naufraghi. Ora è il tempo di accudire, asciugare. Mi rimetto sull’autostrada. Sono partito da Rosarno alle quattro del mattino, devo scegliere se uscire a Contursi e tagliare verso casa dalla valle del Sele, oppure allungarmi verso Salerno e poi verso Napoli. Scelgo la seconda soluzione, anche perché ha smesso di piovere e Angelo mi ha dato una bella spinta. Non ho una meta precisa, non mi aspetta nessuno, posso fermarmi ad Angri, a Nocera, a Scafati, a Pompei.
L’autostrada tra Napoli e Salerno a tratti sfiora il salotto delle case. Devi decidere subito dove uscire, ogni minuto compare un luogo diverso, in effetti è un’autostrada che si muove dentro una città vastissima. Esco a Torre del Greco. Oggi mi piace guidare e guardare. Venendo dalla Calabria la zona intorno a Napoli oggi mi pare abbia un suo ordine e una sua gradevolezza. C’è come un senso di festa dovuta all’adiacenza di questi paesi giganti. È proprio un farsi compagnia, ogni paese si allunga verso l’altro ed è corrisposto in questa sua voglia di fusione. Qui è come se fosse sempre sabato. Non ho mai trovato un’atmosfera da lunedì mattina. Mentre faccio questo pensiero mi sono accorto di essere a San Giorgio a Cremano. Ho solo voglia di andare avanti senza fermarmi.
Ascolto la musica e guardo fuori. Anche Angelo mi aveva detto che gli piace uscire fuori perché fuori c’è l’ozono. A un certo punto una meta me l’assegno. Voglio andare a rivedere gli ex voto della Madonna dell’Arco. Voglio fare un po’ di fotografie, ma arrivo che sono quasi le due, la chiesa è chiusa. Mi fermo a mangiare qualcosa, per una volta niente panino.
Non ho fretta e neppure impazienze particolari. Mi vengono vari pensieri nella testa. Mi sento contento di come gira la mia testa e la mia giornata. Sono in giro da più di una settimana, sono felice che fra qualche ora torno a casa. Sono stato a Tursi, a Stigliano e poi a Rosarno. Ho pensato lungamente alle differenze tra la Campania e la Calabria. Ora mi viene un pensiero sulla Lucania. Sono a Casoria quando mi arriva il pensiero che da queste parti la vita si svolge tra l’asfalto e l’ultimo piano dei palazzi, diciamo da zero a trenta metri. In Lucania lo spazio della vita è più diluito, va dalla terra alla luna e viceversa.
Ha ripreso a piovere anche qui, come pioveva a Polla. Entro in un cimitero senza capire a quale paese appartiene. Per la gente di questi posti ci sono sicuramente tante differenze tra un paese e l’altro. Io mi confondo, quando sto qui non so mai dove mi trovo, devo arrivare al centro di Napoli per sapere dove sono. E per uscire dal labirinto l’unica possibilità è seguire l’insegna verde dell’autostrada. Ogni volta che sono da queste parti l’ingresso in autostrada mi dà il senso di essere scampato a un pericolo. Al ritorno al paese la prima cosa che noto è un manifesto funebre. Il morto si chiama Antonio Lattarulo,
penso sia una persona che conosco.
Allora il pensiero va alla mia morte, dunque prima o poi devo morire, dopo un viaggio passato cantando eccomi tornato nella terra del thanatos. Parlo per me, magari per gli altri questa cosa non è vera. Io quando sto qui sono nel demanio della morte. Ci penso anche altrove, ma solo qui la morte non si assenta mai. Solo qui posso scrivere e questa è un’illusione di cui devo liberarmi. Per scrivere bene adesso ci vuole la gioia.
da Repubblica
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