Dalla prudenza della distanza rischiamo di passare alla tentazione della lontananza. È una tentazione che può provare uno sgretolamento ulteriore dei nostri legami. Una risposta possibile sarebbe creare delle comunità per azioni. Penso a piccoli gruppi, da tre a trenta o anche a trecento persone, ma non di più, in cui si fanno delle cose comuni dentro una cornice che non è quella del partito o del paese o del lavoro o del tempo libero. Le comunità per azioni non ha uno statuto, non hanno un elenco di soci e neppure un programma. Le azioni si fanno insieme oppure ognuno nei suoi luoghi. Eccone alcune, giusto per dare un’idea, in realtà le azioni possibili sono tantissime.
Leggere poesie.
Andare nei luoghi dove non va nessuno.
Passare ogni giorno un poco di tempo con un anziano o con un animale.
Mangiare pochissima carne.
Stare in ozio almeno un’ora al giorno.
Fare ogni tanto cose apparentemente inutiili, tipo scrivere o telefonare a persone che sono morte.
Usare il baratto ogni volta che è possibile.
Svegliarsi molto presto la mattina.
Camminare con altre persone e parlare assieme delle cose viste.
Le comunità per azioni servono a combattere l’autismo corale e il rischio di che le persone possano circondarsi di muri per immunizzarsi. Chi le vuole creare non deve far altro che vedere quali persone sono disposte a condividere le nostre azioni o quanto siamo disposti a condividere le loro. Le comunità non hanno necessità di di durare. La loro grazia è nel fatto che sono provvisorie.
Franco Arminio