Inoperosità comunitaria è categoria paesologica…….
D’inverno…… la stagione del silenzio e del respiro del corpo e della natura non la fa da padrone “la ragione” con la sua freddezza ma “il sentimento” con il suo calore. L’inverno è anche l’inverno della “politica” di oggi mortificata dalla pratica partitica implosa insieme all’intero ordine politico moderno e vinta da una sorta di “teologia economica” con i suoi feticci di mercato che ha sottratto a tutti sovranità e diritti acquisiti.In questo mutamento epocale che ha scompaginato le dicotomie costitutive dello Stato moderno- tra pubblico e privato, interno ed esterno, artificio e natura, anche la nostra esperienza “comunitaria e paesologica” ha la necessità di fare i conti senza subire l’agenda eteronoma dei governi tecnici nazionali ed europei per i nostri pensieri,sentimenti,passioni, sogni e azioni quotidiane.
Sono rimessi in discussione non solo i nostri redditi ma rischia di trascinare con sè il corpo vivente dell’individuo, delle popolazioni dalla nascita alla sessualità, dalla salute alla morte.Richiedono un ripensamento anche le questioni biopolitche ,relative alla vita biologica, all’ambiente, alla mobilità e alle migrazioni, alle risorse energetiche, alla salute privata e pubblica,, all’uso delle biotecnologie nelle fasi estreme dell’esistenza.E’ in discussione anche la stessa “economia politica” che cercava di condizionare l’agire economico anche solo sul primato della produzione sul consumo inserito nell’orizzonte ancora governato da presupposti e finalità politiche.Oggi siamo sempre più nelle mani dei “grandi sacerdoti” dello “spread” ,neanche eticamente condizionati , e di una “tecnostruttura economica” interna al gioco dei mercati finanziari.E’ il momento che l’agenda politica la ristabiliamo ripulendo e sostituendo le vecchie categorie politiche ed economiche degli ultimi due secoli. R. Esposito in un suo recente scritto ha consigliato di rimettere al centro del nostro pensare e fare politico la nozione di “bene comune”. “Certo -scrive – dopo un lungo periodo in cui si è ragionato soltanto lungo il discrimine tra pubblico e privato, ovvero tra ciò che appartiene allo Stato e ciò che appartiene all’individuo, è difficile anche pensare che qualcosa possa appartenere atutti precisamente perchè non appartiene a nessuno. Ciò che non appartiene a nessuno- quello che sulla scorta del diritto romano si definisce ‘ res nullius’- è sempre apparso appropriabile da chiunque se ne impossessi”. Bisogna rimettere in discussione questo schema mentale e all’interno di questa nuova nozione politica fondamentale riporre il problema “pubblico” relativo all’aacqua, all’aria, alla terra e all’accesso all’nformazione in una sorta di nuovo pèrocesso costituzionale dal basso e dalla nostra esistenza-esperienza individuale e comunitaria.Mai dimendicando ma rivendicando con orgoglio le nostre esperienze “comunitarie e provvisorie” degli ultimi anni che non solo avevano scelto gli spazi territoriali e i tempi giusti ma sopratutto il senso giusta da dare alle nostre idee e azioni pubbliche.Sapendo bene che “negli inverni del nostro scontento” bisogna soprattutto evitare le prime incrinature senza nessuna consolazione con i sentimenti della tristezza ,dell’inquietudine e della nostalgia. Non esiste una definitiva salute dell’anima così come non esistono i medici dell’anima e del dolore. La vera salute dell’anima è la vita .” Infatti una salute in sè non esiste…dipende dalla tua meta ,dal tuo orizzonte ,dalle tue energie,dai tuoi impulsi ,dai tuoi errori e , in particolare dai tuoi ideali….”
( Nietzsche, La gaia scienza).
E’ il tempo interno del proprio “io” melanconico a definire il senso e il significato dei sentimenti ,degli altri e delle cose. Questo si fa non recuperando il senso di nostalgia per forme di identità perdute ma imparare a recepire in piccoli e insignificanti gesti, in particolari parole, “una nuova figura dell’umano nella pura apparenza e nella nudità e leggerezza della bellezza.
Il pensiero non si manifesta nella compiutezza e pesantezza dei suoi filosofemi, o nella determinatezza delle sue intuizioni, ma nello scarto che produce rispetto al prorio tempo e al proprio spazio o territorio. Nel momento che si sottrare dal “farsi accecare dalle luci estive del secolo” e tiene fisso il suo sguardo alla sua parte d’ombra, al nascosto (aletheia) non solo per apparire ma venire alla luce, alla presenza ,quindi all’esistere non superficiale ma autentico. Recuperare e vivere il significato concreto di “inoperosità” come custodia e vitalizzazione di queste zone d’ombra “Guardare nel buio di noi e dell’epoca” ma per percepire in esso “una luce che diretta verso di noi, si allontana infinitamente da noi”.Recuperare un senso dell’agire dentro di noi non per autoconservazione ma il recupero dei pezzi persi sul campo operoso fuori di sé stesso. Un vero atto “politico” ed “estetico”. ” Le arti che non realizzano alcuna ‘opera’- scriveva H. Arendt- hanno grande affinità con la politica ” …la vera politica!E ‘ la strada per approdare ad un pensiero e un vissuto della “Comunità inoperosa”: azione senza opera, soggetto senza sostanza (postcartesiano), presenza senza rappresentazione. Lasciare l’estate esuberante del nostro “io” metropolitano per vivere profondamente la maliconica mestizia della bellezza nei chiari i bosco. Questa è solo la strada del “sentimento” o delle “ragioni del cuore”.