scuola carbonaria di paesologia 9

di

Domenico Ierone

Una donna ha prestato cinque euro a qualcuno, il marito teme che i soldi non le verranno restituiti. I due parlano di questa faccenda per un buon tratto della loro passeggiata.

A sentire la gente, Vito è un disoccupato rancoroso. Lui si proclama poeta e cantautore, ispirato da De André. Si porta sempre dietro i suoi biglietti da visita: sul retro c’è il logo dell’Hotel Ristorante Gronki, corredato da tre stelle e da una torta nuziale a bordo piscina.

Al Bar Centrale il televisore, con il suo schermo piatto, trasmette in ritardo di quarant’anni. Nel locale va ancora in onda la differita dei Settanta nel bancone, nelle bottiglie dei liquori in vetrina e nella tenuta da lavoro del proprietario.

L’incerta e prolungata stretta di mano di Antonio, 90 anni suonati e decantati, assomiglia a un tentativo di trattenere qualcosa che scivola via, forse un po’ più a rilento in questi giorni di agosto.

Di Aquilonia conosco solo questi fatti. Li ho raccolti tutti sulla strada che attraversa il paese.

 

Nel salone di Cecco puoi farti la barba per tre euro, capelli e shampoo per otto euro, solo i capelli per sei euro, solo lo shampoo o la lozione per due euro e cinquanta. Gli sguardi indulgenti di Padre Pio,  della Madonna  Mediatrice e del suo  bambino sono inclusi nel prezzo, ma solo se ti accomodi nella poltrona alla sinistra del listino.

 

All’ora di pranzo, sotto l’insegna del bar Tiffany di Calitri, un vecchio tossisce, poi sputa per  terra.

 

A Monteverde c’è chi, per le ferie, si è portato da leggere un libro: “Il condominio dalla A alla Z”. A Calitri, il condominio Di Napoli di via Tedesco piange la scomparsa della cara Antonietta e partecipa al dolore della famiglia.

 

Franco mi parla dei chilometri che lo separano dal figlio che vive a Torino. Da questo bar di Pietrapertosa a lì sono circa mille, mi dice. La metà di quelli che dovrebbe percorrere per andare a trovare la figlia, in Germania. Dall’enfasi che mette sui numeri, capisco che le distanze sono la sua specialità. Merito degli anni trascorsi a trasportare merci con il camion, puntualizza. Anche i ricordi legati al suo lavoro in fondo non sono altro che stime di lontananza tra un punto di carico e un punto di scarico. Il pensiero di quegli anni scrutati dall’abitacolo gli accende una luce particolare in volto, tanto che cerca di coinvolgermi nella rievocazione dei suoi itinerari. Scopro che la città in cui vivo, il luogo in cui sono nato e quello in cui andrò domani sono tutti presenti nella sua cartografia dell’asfalto, ma il ricordo, più che sui dettagli del luogo, cade su come al tempo era arrivato fin lì. Anche la conversazione comincia a reggersi a stento, le parole zoppicano e io mi limito ad annuire. Vorrei chiedere a Franco se ha un’idea di quanta strada ha percorso prima di andare in pensione, una stima generica. Anche se sono convinto che saprebbe darmi una risposta, non glielo domando, tanto so che i conti non tornerebbero, i conti non tornano mai in posti come questo. In questo momento, oltre alla mia distanza dalle sue parole, riesco a contare soltanto quello che vedo tra me e lui: due pacchetti di sigarette,  tre bicchieri di birra, una protesi artificiale lì dove dovrebbe esserci la sua gamba destra.



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2 pensieri riguardo “scuola carbonaria di paesologia 9

  1. L’abitacolo da cui Franco vedeva sfrecciare gli spazi che si frantumavano all’istante
    misurava il tempo in cui si predeva e poi si ritrovava.
    Posizione privilegiata,,
    Altri abitacoli,come le pareti di una casa,consenono visioni stagnanti che fanno smarrire il tempo.

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