Io vado poco al cinema. E credo di non aver visto più di cinque film alla tv in tutta la mia vita. Non ho mai amato il cinema di finzione e lo amo sempre di meno. Prima era più che altro un fatto fisico: l’allergia al cinema era legata alla mia incapacità di stare seduto per tempi lunghi. L’unica posizione seduta che amo è quella con la faccia al sole su una panchina. Ed è a questa postura che penso quando penso al cinema paralitico. Nei piccoli documentari che ho realizzato in proprio l’idea era sempre di filmare da fermo piccole scene della vita in piccoli luoghi marginali. Quando arrivo in un paese spesso mi capita di vedere un vecchio seduto su una panchina, un’anziana donna che attraversa la strada con una busta in mano. In un paese dove stai due ore sai che il film è cominciato da moltissimi anni ma tu puoi vedere solo qualche scena. È un po’ come guardare frammenti di un affresco che è andato perduto. Dove c’era una vita misera ma fitta, ora puoi vedere cose singole, spaiate, un poco meste.
Nuovo cinema paralitico incrocia questa mia passione per la desolazione (che a volte diventa beatitudine) con il lavoro di Davide Ferrario, da sempre molto attento a vedere bene quello che c’è fuori. E forse un punto di incontro tra di noi è Gianni Celati, con cui Ferrario ha realizzato un bellissimo documentario. È un po’ come se noi due fossimo i cateti e Celati l’ipotenusa. In questo triangolo mi pare ci sia l’idea che il mondo esterno può essere una farmacia: guardare i luoghi ci distrae un poco da quel luogo spesso sopravvalutato che è la nostra testa. E poi c’è anche una questione etica e politica: guardare i luoghi, fisssarli, è in qualche modo un esercizio contro lo svanimento a cui sono sottoposti dall’omologazione globale e dal vertinoso cambio d’epoca che sta diventano frequente come il cambio d’abito.
Nuovo cinema paralitico è l’idea di un cinema che non si traveste da capolavoro, che non usa additivi, eccipienti. Dobbiamo rieducarci a una vita meno concitata, meno bulimica. E quella che sta accadendo in questi giorni è una sorta di paralisi provvisoria: ci potrebbe far bene se sappiamo farne buon uso.