Il poeta degli spazi vuoti-aperti

Dopo la notizia del Nobel a Tomas Transtomer, preso dalla curiosità, ho iniziato a leggere un po di articoli sui giornali e in rete. Su qualche sito ho avuto la possibilità di leggere alcune poesie.

Ad una  prima lettura sono rimasto deluso, avevo la sensazione che i versi del poeta svedese fossero freddi, distanti. Nei giorni successivi, sono tornato a leggerli ed ho avuto una sensazione completamente opposta: li ho letti forse con un’anima diversa, più libera e aperta.

Ho comprato il libro “Poesia dal silenzio” (Crocetti editore) e, appena giunto a casa, ho iniziato a leggerlo… L’antologia esordisce con i versi giovanili, in cui forte si sente una certa influenza surrealista. Una magica alchimia di visioni e mescolamenti metaforici sostengono i versi con una cadenza ritmica notevolmente calibrata, musicata. Ci si ritrova immersi in immagini grandiose, in cui l’io poetante sembra in cerca di un ri-dimensionamento creaturale. Il poeta avverte la natura con spavento misto a una sorta di grazia. Sente la natura come madre infinita che costringe l’uomo a stare pienamente nella sua condizione transeunte, provvisoria. In questo sentire il poeta prova consolazione, si appaga. Nei versi de l’Elegia, scrive: “La pietà induce d’un tratto alla confidenza. Lasciare il travestimento dell’io su questa spiaggia, dove la strada palpita e sprofonda, palpita e sprofonda.”

Transtomer è anche un raffinato musicista. Nei suoi versi la musica è presente. Viene chiamata in causa apertamente quando scrive: “Listz ha scritto accordi cosi’ pesanti che si dovrebbero spedire all’istituto mineralogico di Padova per l’analisi. Meteoriti!” La si avverte come dimensione evocante, come la Musa inebriante che dice senza mai parlare. La musica come regno sonoro dove l’essere viene proiettato sull’orlo, sul confine dell’indicibile.

Viene in mente la forza ctonico-aurorale dei componimenti di Sibelius, in cui l’uomo viene ammaliato e stordito dal sublime; ma anche il gioco “infantile” di un Grieg, che sorregge il mondo percorrendo il paesaggio nella sua forma-forza pittoresca, che in se nasconde l’atavico, il magico, il misticismo della materia.

Transtomer è il poeta della spoliazione dell’io. E’ la voce che ci conduce a percorrere i sentieri laterali dell’esistenza, la “strada che palpita e sprofonda” lungo la quale l’esserci si arrende allo smarrimento. E’ il poeta che scrive la “prefazione al silenzio”; del luogo che percorriamo per arrivare sempre “al punto di partenza”. Nel posto dove il vuoto è “una stanza in cui la verità non ha bisogno di mobili”, e una voce dice: “Non sono vuoto, sono aperto”.

Antonio D’Agostino

Aprile e Silenzio

La primavera giace deserta.
Scuro come il velluto il fossato
si snoda al mio fianco
senza immagini riflesse.

Soli a splendere
sono dei fiori gialli.

Mi porta la mia ombra,
come la sua nera custodia
un violino.

La sola cosa che voglio dire
brilla fuori dalla mia portata
come l’argento
sul banco dei pegni.

Traduzione di Maria Cristina Lombardi

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