Morire all’ingrosso

Online, 18 aprile

Una società non è una una macchina di Formula uno ferma ai box, non siamo qui per ripartire dopo che abbiamo cambiato le ruote. Meglio morire di fame che andare avanti sempre più immiseriti nello spirito. Tutti a parlare di cosa aprire nella fase due e nessuno che cita lo scandalo dei cimiteri chiusi. Poco fa mi ha telefonato Giovanna da Sondrio dicendomi del suo dolore di non poter fare visita alla madre in un piccolo cimitero di campagna. Non è un’Italia rumorosa quella delle persone che andavano ogni tanto al cimitero a visitare i loro cari, ma è un’Italia che esiste ed è una vergogna ignorarla solo perché non strilla. Anche ieri quasi seicento morti, ma il dato è passato inosservato perché tutta l’attenzione è sul fatto che sono diminuiti i contagi. Come dire: pensiamo a salvarci noi, dei morti non ce ne frega niente. Il divieto dei funerali si poteva capire come misura straordinaria per un paio di settimane, ma ora è davvero inaccettabile. E non parlo del funerale tradizionale, penso a un rito alternativo con tutte le misure di sicurezza: qualcuno dovrebbe spiegarmi  perché posso andare a comprare la nutella e non posso mettere la mano sulla bara di un mio caro amico.

Siamo un popolo di atei, questa è la triste verità venuta a galla in queste settimane. Altro che nuovo mondo, si profilano anni in cui il potere mostruoso della finanza renderà gli egoismi sempre più accesi. Ci voleva il Coronavirus per farci vedere che nella città più potente del mondo ci sono tante persone che vengono seppellite in fosse comuni. Ed è brutto che il mondo della cultura non si sia mobilitato per difendere il culto dei morti. Forse gli scrittori dovrebbero ricordare a tutti quello che diceva Proust: “i vivi sono dei morti non ancora entrati in funzione”.  Questo per dire che la morte non è una circostanza occasionale, non è qualcosa che può capitare a qualcuno, ma è una cosa che accade sempre e a tutti. 

Ho provato per settimane a chiedere che ci fosse un momento di lutto collettivo. Alla fine c’è stato solo l’iniziativa dell’Anci: un minuto di silenzio dei sindaci davanti ai loro Municipi. Mi pare veramente troppo poco per ravvivare nella popolazione la pietas per  morti.

In una situazione del genere si capisce anche la malagrazia con cui si trattano i parenti dei malati di Covid. Perché non si consente ad almeno un familiare l’accesso al capezzale del paziente? Va ba bene il ventilatore, ma ad allungare o salvare una vita può servire anche qualcuno che ci tiene stretta la mano, ovviamente con tutte le misure di protezione.

Possiamo pure ripartire, ma non andremo da nessuna parte se non ricostruiamo le basi morali della nostra convivenza. Non si può onorare la vita senza attenzione alla morte e al dolore.



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