entroterra #16 – Daniela Luisi (*)
Una grelinette, una tazza di terra cotta, una bicicletta, una goccia d’acqua, uno zaino, una rivista giovane e ‘scomoda’. In ognuna di queste immagini c’è la motivazione di un professionista/attivista nel dare avvio a una comunità tematica sulle aree interne. Siamo in un contesto non istituzionale, vicino alla finanza etica, che inizia a guardare le aree interne come luoghi in cui si produce economia e valore, sociale, ambientale e culturale. In ognuna di queste immagini c’è una storia, un’aspirazione e un investimento. Nel sentirle, mi rendo conto che a muovere le passioni narrate c’è un legame molto forte con un’etica del fare, un’aspirazione di cambiamento, ed entrambe muovono non solo passioni e interessi, ma capacità professionali. In ognuna di queste storie c’è un legame con le aree interne, un movimento, un andare e un tornare. Rischi che fanno meno paura quando si creano spazi di opportunità dove è il meccanismo della fiducia a smuovere ambizioni, innovazioni, bellezza. Per chi le conosce e le vive, o le ha vissute, le aree interne sono così. Luoghi di fughe e di ritorni, ma anche di restanza e di resistenza. E tra chi torna e chi resta cambia lo sguardo con cui si attraversa il paese e ci si guarda.
Io ho cambiato questo sguardo quando ho iniziato a guardare nelle storie di chi era rimasto e aveva resistito con passione, tenacia, competenza. Ho iniziato a ritrovarmi nel bello che cambiava, che diventava nuovo e inatteso: la radio gestita da studenti, la pista ciclabile, le bici nel paese, la ciclofficina nella piazza, davanti alla chiesa, la birreria aperta da quel ragazzo giovane che è andato a studiare a Roma e poi è tornato. Ho così iniziato a mal sopportare gli interrogativi di rito, soprattutto quelli che mettono insieme due sentimenti contrapposti: la calda accoglienza (quando sei arrivato?) e l’immediato commiato (quando te ne vai?). Uno smarrimento e un vuoto che, adesso, cerco di colmare informandomi sulle cose che cambiano, che stanno cambiando, cercando in ogni piccola trasformazione una grande meraviglia. Allo stesso modo, cerco di ricordare ai miei interlocutori che sì, vivo e lavoro fuori, a Roma ma, se potessi scegliere, tornerei giù. Se potessi fare qui quello che faccio lì, tornerei.
In questo tempo difficile molti hanno potuto sperimentare questo ritorno, imprevisto, nuovo e inaspettato. Forse potrà accorciarsi una distanza e potranno crearsi condizioni nuove per i tanti andati via e per chi è rimasto, per chi deciderà di andare e tornare. Si è creato un varco, si è aperta una prospettiva, si è resa manifesta una possibilità che sa di verità. Secondo Richard Sennett ci sono tre capacità fondamentali del sapere artigiano: “la capacità di localizzare i problemi, di porsi domande su di essi e la capacità di aprirli quindi dare concretezza alle questioni, riflettere sulla loro qualità e ampliarne il senso”. Ed è quello che qualsiasi azione o dispositivo di policy che interviene in questi luoghi deve cercare di fare, di avere come motivazione e obiettivo. Il lavoro di co-progettazione, come ha insegnato la SNAI, deve essere un lavoro di analisi, ricerca, di ascolto, da non affidare solo ai tecnici. Ci vuole tempo per progettare, per coinvolgere in modo attivo e dare voce, ma ci vuole investimento pubblico e sociale, protagonismo e fiducia perché le cose accadano. La leva è il cambiamento ma anche il come si apprende in questi processi. Non si cambia solo imparando a fare cose nuove, o a farle in modo diverso. Le cose cambiano quando cambia lo sguardo con cui si agisce. Fino a quando questi luoghi saranno attraversati da interventi intesi come semplice “trasferimento di competenze”, sarà difficile ottenere cambiamenti duraturi e sostenibili. Se, invece, l’apprendimento passa attraverso una inversione di sguardo, un “guardarsi dentro”, allora possono innescarsi risultati e azioni generative.
(*) Ricercatrice sociale e dottore di ricerca in ‘Sistemi Sociali, Organizzazione e Analisi delle politiche pubbliche’ (Sapienza, Università di Roma), si occupa di sviluppo locale, processi partecipati nella costruzione e attuazione di politiche territoriali, metodi di analisi e valutazione delle politiche pubbliche. Ha lavorato per la Strategia Nazionale Aree Interne (Dipartimento per le Politiche di Coesione – Presidenza del Consiglio dei Ministri), come progettista e come membro del coordinamento del gruppo tecnico di supporto.

Entroterra è una rubrica-laboratorio che vuole restituire la ricchezza dei saperi e delle visioni sul tema delle aree interne raccolti in questi 20 anni di paesologia, moltiplicandoli in nuove riflessioni e sperimentazioni. Segui il sito casadellapaesologia.org e la sua pagina Facebook per leggere i contributi delle voci e delle delle menti che “abitano” la Casa; iscriviti alla newsletter qui in basso per ricevere i contenuti sulla tua posta elettronica.