piazza e paesaggio

metto qui il pezzo uscito ieri sul manifesto, prima di scrivere quello che esce domani (sul viaggio di ieri a l’aquila). sabato sera a bonito prima uscita dell’antispettacolo che porterò in giro questa estate.
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Le piazze ci sono ancora, ma la vita se n’è andata. Nei paesi c’è un senso di nostalgia, come se avessero alle spalle un passato straordinario che in realtà non c’è mai stato. Adesso hanno il buco al centro. La vita che è rimasta si dispone ai margini.
Nelle piazze in certe giornate convenivano tutti, a partire dai contadini. Adesso ci sono i contadini della desolazione. Non si fanno più i comizi. Lo struscio è confinato al mese di agosto, quando tornano gli emigrati. Le panchine sono disoccupate. Le piazze si svuotano, si riempiono i loculi. Non ci sono più i ragazzi che giocavano a pallone e i giovanotti che aspettavano le fanciulle. Non c’è più la piazza come grembo di tutti. Questo, però, non deve far pensare a un luogo ameno. A parte l’orrendo mercato delle braccia, c’era un’atmosfera in cui era più facile affermare la perfidia che l’ammirazione. Certo che si stava insieme, ma a pensarci bene è una cosa che ha funzionato soprattutto negli anni sessanta e settanta. Prima il paese si metteva in piazza solo nel giorno del santo patrono o per le adunate politiche. La vita quotidiana brulicava nei vicoli. Ed era un brulicare di animali e persone, un tessuto sonoro che veniva dai lavori artigianali: il fabbro, il falegname, lo scalpellino, lavoravano dentro il paese, non esistevano i capannoni della periferia.
Le piazze ci sono ancora, ma a che servono? A parcheggiare le macchine. Negli ultimi decenni sono state dominate dai maldicenti, ma forse questo presidio si è allentato. Lo sfinimento è tale che anche la cattiveria non sa più su chi esercitarsi. Rigenerare le piazze significherebbe rigenerare la politica. E invece il sud continua ad ammalarsi, continua ad emigrare. E quello che resta è scontento. Sembra una novità, così non è. Le piazze del passato non erano luoghi dove sfilava la felicità. Il passeggio era una noia per signorotti.
Bisogna dirselo una volta per tutte e con chiarezza. Deve nascere una nuova ruralità fondata sulla terra e sul sapere, una ruralità che sappia coniugare  il computer e il pero selvatico.
Nessuna nostalgia per la piazza degli sfaccendati e dei maldicenti. Bisogna inventare un sud che guardi al suo passato senza vittimismi e senza compiacimenti. C’era tanta miseria, tanto squallore. Adesso ci sono malattie nuove, c’è una crescente miseria spirituale che stranamente è più grande nei luoghi economicamente più progrediti o più trafficati. Il futuro è del sud e dei paesi, ne sono convinto. Abbiamo bisogno dei braccianti del futuro. Gente che non esce a portare in giro il proprio ronzio, ma per riattivare lo sguardo, per incontrare gli altri,  per camminare insieme, per sfondare la prigione della provincia.
I ragazzi del nostro sud e i ragazzi italiani in generale non sanno che fino a pochi decenni fa la loro vita era venduta senza che la cosa suscitasse scandalo. Dobbiamo raccontare queste storie, dobbiamo raccontare il dolore da cui veniamo, i soprusi, le ingiustizie. Abbiamo dei ragazzi straordinari nel sud italiano, che hanno voglia di comunità e di restare dove sono. Forse bisogna scoprire una nuova piazza, che non è al centro dei paesi, ma intorno ad essi, una piazza che si chiama paesaggio. Gli alberi al posto delle panchine. Una fontana al posto del bar. Le mucche al pascolo al posto dei rancorosi a passeggio. Forse sta nascendo una nuova civiltà contadina, sta nascendo per il crollo della civiltà della finanza. E sarà una civiltà molto diversa da quella del passato. Non vedremo persone sfruttate, vedremo l’intreccio tra le passioni umane e gli umori della terra. Coltivare, creare, rilocalizzarsi, capire che il posto in cui viviamo è sempre più importante di quelli dove vorremmo andare. Il mio sogno è che la piazza al centro dei paesi e quella intorno ad essi si congiungano per creare nuovi luoghi che non abbiamo mai avuto. L’epoca ha esaurito quasi tutte le sue miserie, ora tornano in primo piano passioni più calde. Si sta avvicinando il tempo in cui gli esseri umani diventeranno creature mirabili e nei paesi lo vedremo meglio che altrove.

5 pensieri riguardo “piazza e paesaggio

  1. Accenti profetici, messianici….

    ma qui da noi la terra è stata mangiata , distrutta e noi non si è altro che fantasmi addensati lungo il margine del cratere (le zone interne) dove forse c’è ancora spazio per la futura nuova ruralità.

    E allora, come redistribuire sul territorio questa enorme massa ( quasi quattro milioni) addensata sulla striscia urbano-costiera della nostra regione? Come fermare l’ implacabile emorragia degli esodi dalle zone interne (le Terre dell’Osso, il Cilento ecc.) e avviarla finalmente, questa nuova ruralità?

    Sono solo due tra le tante domande che la tua (condivisibile) lettura “paesologica” dei luoghi e del tempo in cui viviamo pongono a chi ha dentro di sé ancora un barlume di rivolta contro la rassegnazione allo statu quo..

    Come trasformare in senso /proposta/progetto/utopia “politica” nuove questa lettura e queste domande?

    Ecco un NODO, uno SCACCO in cui ci si arrovella da almeno quattro anni (con la CP prima e le CP poi)…. nodi e scacchi che ci portano continuamente su sentieri scivolosi, lungo strade lastricate di equivoci, che alla lunga logorano i viandanti : chi si dà alla fuga, chi si ferma sotto questo o quell’albero del malinteso, chi affonda nelle paludi del malanimo o del risentimento, e chi li alimenta..foss’anche per “tic nervoso”, per bulimia del sé o per umanissima fallacia…

    Urge uscire dall’ impasse.

  2. lioni,5 aprile 2012, ore 14:10= Amici cari ho poco tempo ma voglio dire che penso:

    salve a tutti. complimenti per il pezzo, ma veniamo al nodo: la piazza, le brutte e vuote piazze della ricostruzione del post-terremoto del 1980, vanno riempite di vita e idee, di criticità e azione.non possiamo farci sfuggire ancora altre generazioni di giovani, dobbiamo pretendere econonia e sviluppo e occuparle come riferimento per andare incontro al paesaggio e alla cultura.dovremo cominciare a ritrovarci in piazza dopo ogni uscita, e dobbiamo sempre ripartire dalla piazza. siamo nell’abbandono e dobbiamo ripartire da lì. il vuoto dei vicoli deve essere riempito di nuovo, e le case devono diventare dimora della lentezza e del pensiero.il sud, il nostro sud appenninico, fatto di paesi arroccati è pieno di questi luoghi e ognuno di noi deve essere persona-emblema nella piazza.occorre e un logo-bandiera nella piazza se vogliamo presidiare e sommuomere, sconquassare questo autismo civile. la nostra deve essere una rivolta culturale di piazza e allora dobbiamo organizzare incontri aperti e senza pareti per dare sfogo alla poesia, alle arti figurative, cinematografiche, fotografiche, teatrali. la piazza, le nostre tante piazze cojn cortine di anfitaatri e giri di sedili inutilizzati devono diventare più spesso un circo senza tendone, con un biglietto per far protrarre le ore della riflessione.anche una conferenza, una nostra conferenza deve essere svolta in piazza ed io proporrei anche i resoconti dopo le nostre passeggiate nel paesaggio. la sagra del futuro sermpre in piazza, propongo questa bandiera sventolante in ogni piazza: Sagra del Futuro-Utopia necessaria di ogni Comunità Provvisoria.un abbraccio a tutti, vostro Gaetano.

  3. sabato a bonito valuteremo presenze e disponibilità.
    mi pare un ottimo momento per verificare e rilanciare

  4. la piazza non funziona più perché è tramontato il concetto di ‘limite’ che le dava forma, sostanza e codice di funzionamento.
    il paesaggio ha il vantaggio, rispetto alla piazza, di portare con sè una riscrittura del ‘limite’, atteso – con giacomo – che tutto ciò che orla ha più il potere evocativo di svelare che quello prescrittivo di con-cludere.

    p.s. stavo scherzando, dai…

  5. franco dice che sono un ipercritico, tutti per la verità dicono che sono un ipercritico…forse sto diventando, o già sono, uno di quei rancorosi di cui parla sempre franco…per la verità però io mi ritengo un ipercostruttivo, anzi l’unico costruttivo, solo che io vorrei costruire con la sostanza dei sogni… forse mi rivolgo allora proprio ai rancorosi, ai falliti, alla gente dei manicomi, delle panchine dove si aspetta droga, forse ai religiosi e misticheggianti un po’ ingenui ma puri delle parrocchie… perchè chi sognava e ha fallito là è andato a finire…ad animare i blog e gli incontri di oggi ci sono invece solo i non sognatori… troppi che ora stanno dietro a franco perchè ha avuto successo… pessimo materiale, il successo…già fa sfaldare ogni costruzione di un vero sognatore… troppi che si buttano sulle teorie paesologiche (non certo il meglio di franco…) perchè così pensano di stare al centro dell’attenzione nazionale… cominciate a sognare, come si è fatto nel 77, nel 68, come si fa ancora in certe sacche dell’arte e della letetratura, che però nessuno considera perchè non sono di successo…la vera rivoluzione radicale è questa…cominciate a chiedere ai pazzi perchè sono diventati pazzi….

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