Un paese (appunti per un’ossessione)

di Antonio D’Agostino

Il luogo in cui si nasce è un ossessione . Una ferita aperta quando ti allontani e sei a corto di familiarità ; lontano dal quel “perimetro di sicurezza” che se da una parte ti conforta , dall’altra ti annienta . Ho sempre cercato di sradicare da me le radici . Quelle radici che tutti i miei compaesani elogiano . Le radici che tutte le prefiche di paese si struggono perchè morte . Non ho mai capito questo lamento sulle radici che “stiamo perdendo” . Ho sempre avvertito un qualcosa di pericoloso , non tanto per la presenza-assenza di queste dannate radici , ma in chi si fa cantore (spesso in mala fede ) del lamento funebre che accompagna ogni perdita . Perchè poi ti accorgi che questi lamentatori non hanno nel cuore un bel niente . Sono , il piu delle volte , gli artefici della distruzione dei luoghi e del mondo prossimo a loro . Vivono il paese come un eterna sagra . Una festa in cui mettere in atto la grande abbuffata delle retoriche .

Vivo il mio paese come un fantasma . Sono anni che non gioco per strada . Sono anni che non mi concedo una pausa in un suo luogo . Sono anni che non mi disseto – dopo una giornata di caldo afoso –  presso qualche fontana . Le fontane sono sparite dalle piazze e , con esse , sono sparite anche le piazze , i piccoli slarghi e i vicoli che attraversavo con spensieratezza . Tutto è sparito perchè tutto si è smagnetizzato nella mia testa . Tra me e il mio paese non c’è più corrispondenza . Non c’è sentimento . Il mio paese si è rifugiato nel pozzo della mia anima . Ogni tanto riemerge un coccio di questo grande vaso smembrato che è il mio paese , ma io non so collocarlo in nessun posto reale .

Il mio paese è solo un simbolo che ha perso potere . Si è insabbiato nel mio corpo come un relitto . Il mio paese è solo un ossessione fatta di carne e spirito , ma ,che appena cerco di pronunciare -per diffondere all’aria aperta del paese un segnale  di questa presenza – tutto si dissolve si smaterializza . Il paese è polvere . E’ polvere che appanna il vetro del presente . Un presente che non sto a descrivere perchè non so starci , non saprei guardarlo , non posso farlo e forse non voglio.
E’ solo un ossessione il paese in cui vivo .
E’ tutto nella mia pancia . Nella piazza vuota in cui nessuno vive .
Il paese è San’Antimo (provincia di Napoli ) . Il nome di un santo “inventato” per riempire le strade .

8 pensieri riguardo “Un paese (appunti per un’ossessione)

  1. Arriva come un sasso che lascia-scie nell’acqua: un ciottolo di memoria interiore, un malessere acceso e una maledizione profetica.Cinque o sei rimbalzi allo stomaco e conosci te stesso. Nessun profeta è in patria riconosciuto, ma tutti confidano nell’oracolo. Io, nel potere della scrittura, che non salva, ma aiuta a vedere personali calvari e pellegrinaggi del dentro.

  2. Caro antonio ho apprezzato il tuo scritto come generoso ed autentico stimolo per un confronto vero e amicale in questo nuovo spazio che vogliamo cotruire libero e vero sopratutto nelle nostre convinzioni e confutazioni…La parola “radici” (al plurale bada bene!) è un classico per innescare equivoci,incomprensioni e facili politicismi ideologici e liquidazioni al ribasso (etnicismo fobico e separatimo a sfondo razziale) e rifiuti nihilistici rispettabili culturalemente ma improduttivi politcamente.Ci sono parole buone che ci sostengono nelle decisioni importanti della nostra vita,che illuminano i passi che compiamo, che ispirano i nostri modi di orientarci nel mondo,che riempiono i vuoti e gli spazi della nostra mente,dei ricordi,della memoria e danno senso ai rapporti con gli altri.Ma le stesse parole possono essere ‘avvelenate’ quando confondono realtà,finzione e aspirazione e diventano “mito” e “ideologia” per persone ,singoli,gruppi o comunità e diventano “sostanza”,”essenza” che escludono il dibattito,il conflitto,le differenze o peggio si fanno “sostanza” biologica,storica o culturale sfociando nel razzismo e nel fondamentalismo.Essa è parola che può determinare altresì sforzo e ricerca della incompletezza,comunicazione,convivenza,scambio,interazione …alterità. Non privilegia la coerenza,la stabilità,l’unità,la chiusura ,la sufficienza ma l’apertura,la comunicazione,lo scambio,il mutamento,la trasformazione,la creatività e l’innovazione.Identità può diventare parola avvelenata e tossica pur essendo parola nitida e bella,fiduciosamente condivisa,di uso universale quando promette ciò che non c’è,quando ci illude in ciò che “non siamo e non vogliamo”,quando fa passare per reale ciò che è finzione ,al massimo ,aspirazione o “falsa coscienza” e “mito” di una modernità strapiena di beni,di merci,di ricchezza e desolatamente povera di relazioni e di progetti di convivenza e condivisione.Il mio modo di pensare alla “mie radici irpine” è tutto questo e questo lo “spirito” che mi piacerebbe aleggiasse in questo spazio e nei notri tra umani diversi ma unici …..
    mauro orlando

  3. Post di ottimo pregio letterario, ma nient’affatto estetizzante, perché sincero e aperto come una ferita, appunto. Quella ferita colta in progress, che abbiamo tutti noi con quella faccia un po’ così che abbiamo….vissuto a cavallo di epoche, generazioni e trasformazioni, che abbiamo cuore e occhio critici e non ci rassegnamo né al passatismo né all’ideologia d’un mondo futuribile. E’ semplicemente la ferita di chi vede “le cose come stanno”, di chi patisce per la terra e le radici avvelenate da uomini e da un sistema ormai inestricabili nella loro reciproca malefica influenza. La ferita di chi non rinuncia a lottare e a dire le cose come stanno, anche con finezza letteraria. Grazie e complimenti, Antonio.

  4. Mi piacerebbe proseguissi queste tue riflessioni Antonio, son illuminanti e molto utili alla “vita moderna”: porta fuori e avanti questi mondi sepolti, riattiva comunicazioni sopite o scoprine altre oltre la perdita delle passate – davvero sono vicinissimo a te, e come me credo che moltissimi oggi in Italia vivano in questo spaesamento che non ha trovato ancora una nuova geopsichica, modi migliori per stare in e con il mondo…

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