Nemo propheta in patria
oggi è uscito sul mattino questo mio articolo sul tema del “nemo propheta in patria”. per me la battaglia contro questa legge idiota, che trova nei paesi la sua più rigida applicazione, sarà uno dei fili più chiari delle battaglie culturali di questo blog.
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Ci sono malattie delle persone e malattie della società. Ci sono malattie antiche che resistono. Il nemo propheta in patria è una malattia dello spirito collettivo, è diffusa in ogni angolo del mondo, ma forse ci sono dei luoghi in cui alligna con più forza e resiste agli antibiotici dello spirito nuovo.
Personalmente sono sempre stato particolarmente sensibile a questa malattia per una ragione che risale all’infanzia. Mio padre faceva l’oste ed era molto ammirato dai clienti che venivano da fuori. Nel paese invece percepivo una fortissima ostilità nei suoi confronti. Quando ho cominciato a scrivere ben presto mi sono trovato nella sua stessa condizione. Mandavo i miei testi a persone come Zanzotto, Celati, Pontiggia, Magrelli, Bufalino e ne ricevevo sempre grande attenzione. Gli stessi testi avevo difficoltà anche solo a proporli agli amici del paese. Lo schema è andato avanti per anni e potrei citare centinaia di momenti in cui il nemo propheta in patria ha esibito con più chiarezza il suo codice. Mi limito a raccontarvi gli episodi di ieri.
Ero col mio amico Giorgio Boatti. Primo incontro all’abbazia del Goleto con un enologo lucano. Boatti si presenta per quello che è, giornalista de La Stampa e autore di libri. L’enologo immediatamente illustra i suoi saperi. A questo punto il mio amico gli parla di me dicendo più o meno questo: ti presento Franco Arminio, ha pubblicato libri importanti, ha fatto anche dei bellissimi documentari, fra un poco esce un libro con Mondadori, è uno scrittore di culto. L’enologo non si scompone e continua a illustrare i suoi saperi rivolgendosi unicamente a Boatti e quando ci salutiamo provvede a lasciare solo a lui il proprio biglietto da visita.
Secondo incontro al convento di San Francesco a Montella con un padre francescano. È un quarantenne di Napoli che ci accoglie con molto piacere e quando Boatti dice chi è e cosa fa, il nostro infittisce il suo eloquio teso a mostrare le sue sapienze. Boatti gli parla di me con gli stessi accenti che aveva usato al Goleto, ma la risposta è la stessa. Il frate ovviamente non sa nulla di me e sembra unicamente proiettato a illustrarci qualcosa di sé. Nessuna domanda sul luogo dove vivo o sulle cose che sto facendo.
Fin qui i due incontri. Dell’enologo ho già dimenticato il nome. Del frate posso attingere notizie su Facebook. Mi colpisce che tra le informazioni sul suo profilo compare la scritta che gli piacciono le donne.
Commentiamo con Boatti questi due incontri della giornata. Io ho scritto una piccola nota su Facebook e lui è intervenuto nella colonna dei commenti, illustrando il suo stupore per aver visto all’opera in diretta la dura legge del nemo propheta in patria. Io penso ai tanti straordinari ragazzi del sud che sono stati e saranno vittime di questa legge. La giornata è chiusa, vado a dormire e buona notte pure all’enologo e al frate.
Caro Franco,
capita spesso anche a me quello che racconti.
Magari sei semplicemente fuori da certi clichè estetici oppure hai uno sguardo troppo intelligente o curioso o vivo o inquieto e diventi trasparente, tranne poi far sobbalzare queste illustri eccellenze dell’intelletto se ti vedono al telegiornale. Io credo però che questa sia la cifra provinciale di questa nuova italia, più o meno, non solo quella di questo sud. Credo che certe forme di rispetto ed interesse si siano perse con i nuovi modelli sociali che frequentiamo ogni giorno da quando ogni cosa motivata dal senso e dai sensi è scappata dai nostri orizzonti.
Le uniche eccezioni vengono da chi ha rierimenti culturali che si rifanno ad un rigore antico.
Una volta ho avuto a che fare con un grande imprenditore del nord est che incarnava la quarta generazione della famiglia propietaria dell’impresa. Mi trattava con un rispetto ed una attenzione (era anche più giovane di me) che avrebbe dato a chiunque gli fosse stato introdotto come una persona capace o professionalmente riconosciuta (giacchè di lavoro si trattava), con un’educazione quasi monarchica. E, credimi, non ero davvero il suo tipo. Andandomene pensai che doveva essere identico a suo nonno, sicuramente era così.
Buona giornata
una cura possibile è creare “sacche di resistenza” capaci di diffondere nell’aria sogni e idee . Una nuova forma di contaminazione positiva . Quella del “nemo propheta in patria” è una malattia antica , cronica . La risposta non sta nel combatterla , ma nel far girare nuove esperienze , senza l’illusione di curare tutti , L’Italia è piena di gruppi che vivono (tentano) con un atteggiamento diverso , fatto di ascolto , compassione e condivisione .
Un poeta è “una contestazione vivente” … La sua forza sta tutta nella messa in discussione dello status quo …. quindi , non può che infastidire i suoi conterranei .
Caro Franco non sono così pessimista.Probabilmente l’enologo si cura più della bocca che della parola e il frate più delle donne che dell’anima,soprattutto la sua.tu parli di vita e di morte dei paesi, di lotte per la discarica ,per l’ospedale, del museo dell’aria, cose universali.Già il fatto di proporsi in questo modo è coraggioso. comunque fai bene a condurre questa battaglia contro la negazione accidiosa e ricercata. E’ una battaglia giusta . Tu ci metti la faccia, sei candidato alla elezione del parlamento della terracarne e non potranno votare che te,ma non tutti.
‘sta battaglia è scadente, caro franco.
me ne dai conferma tu stesso, se per vincerla vai a guardarti il profilo fb del prete … suvvia …
stamattina sul corriere sono arrivate le prime adesioni alla proposta da parte dei sindaci di bisaccia e conza e del vicesindaco di lacedonia.
paolo….
capisco che hai voglia di tenere un tono scanzonato
ma tieni sempre conto che le parole in uno spazio pubblico vengono distorte.
la battaglia, che poi tale non dovrebbe essere, ha un suo senso.
se non riusciamo neppure a cambiare un nome
figuriamoci il resto!
nei prossimi giorni non so se riuscirò a seguire come si deve il blog, spero che ci sia
un impegno corale da parte degli amici a tendere i fili che qui abbiamo già steso…..
allora, facciamo così: mettiamo anche “unlike”. se tu riferisci in maniera obliqua dei gusti sessuali di un prete (la categoria mi è radicalmente indifferente) prendendo spunto da un campo di fb, posso dire che qualcosa non va sul ‘nostro’ blog?
Tieni conto, se vuoi, che per carattere e abitudine se dico “non mi piace” è solo per dare senso e valore ai “mi piace” che sono venuti o che verranno.
Naturalmente, se assilla il problema che qualcuno retropensi le mie parole posso tacermi.
E’ la soluzione ottima anche per un falso problema…
pensieri sparsi: nel sud l’ignoranza comportamentale aumenta ogni giorno a vista d’occhio.
il nord non è quello che appare in televisione, è infinitamente più colto, per bene e intelligente. vivrò e morirò al sud, consapevole che sto in un gabbia di fetenti. nel mondo civile 95 persone sono degne e 5 andrebbero fucilate, al sud 5 persone sono degne e 95 andrebbero fucilate
La frase del vangelo più volte citata, amara come un calice, è quanto mai una battaglia culturale da perseguire nei piccoli paesi: di recente in Ciociaria, mi sono occupata di inaugurare una rubrica in un periodico locale che parlasse degli artisti locali, dei giovani e dei talenti. Lo faccio gratuitamente e cerco di agganciare tutti gli artisti che posso: da Napoli.Paradossale situazione in cui da fuori cerco quelli dentro. E dire che io sono dovuta emigrare dalla mia amata terra ciociara; non so se sono un profeta, ma mi consola l’idea che da fuori, io riesca ad aiutare quelli dentro. Il 19 saremo a Coreno Ausonio, a presentare il tuo lavoro, la tua battaglia: ancora la mia terra che mi chiama dopo che son andata fuori.Dentro e fuori, categorie labili in paesologia e anche della personalità.