Si chiudono i cancelli in questa
Notte in cui un fossile gemmato
Dagli anni si deposita sulla piastra
Di marmo della mia finestra sempre
Aperta sugli annuvolamenti
Per ogni sonno senza rotta
Dove penavo di sola ombra
E disperato annotavo sul muro
Tutti i passi che precedevano
Il frastuono della coda mozzata
Sul muro catramato
La lucertola rantolava nel suo
Vuoto staccato dal reale
Io nel dimesso spazio
Recavo in mano la biro
Per seguire quel corpo calloso
La sua epilessia mattutina
Presso il cavo partorito dal selciato
Dopo un elementare passaggio
Di pioggia fitta di pantano
Restavo indolente nel far dono
Al mio ricovero della mano
Che riapriva la feritoia
Per tanti anni murata cessata
Nel mutismo accudito dai vermi
Oggi la scovo per fare un dono
Di preghiera all’alba
Metto le mani nelle viscere
Di catrame scolato
Dall’ossario degli spettri
Nel pozzo da dove giungono
Le iridescenze vegetali
Che prendono posto nel giardino
Nel dormiveglia tra i gerani
Sotto l’ombra di una fitta nuvola
Fradicia di germi
Un ospizio sospeso di anime
Ricovero torbido per ogni
Infortunio di quiete necessaria
A rompere la veranda impiastrata
Di scorie elementi morti
Di luce propria.
Antonio D’Agostino
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“Permanenza nella notte dopo notte stesso disegno: lasciare il lavoro a tempo … Lo sguardo gira lentamente verso l’invisibile … Lo spazio sta diventando sempre più tattile, in silenzio. La vista si estende come una struttura viva che lascia assorbire tutto ciò che è lì … E quando tutto si adatta a destra, è stata la sensazione di essere nel cuore delle cose. “
Alexandre Hollan
straordinaria… è come se mille colori si fossero stampati nella mia mente!
http://vongolemerluzzi.wordpress.com/2011/10/28/canzone-di-un-uomo-triste/
c’è il passato e poi il presente da un fotogramma ne sgorga l’ altro. ecco la scelta dell’ immagine? e del commento…? “Permanenza nella notte dopo notte stesso disegno…” stesso luogo. non ci sono altri luoghi per il poeta che se stesso da cui vedere lo sgorgare di permanenze e permeabilità della sua natura al ripetersi delle altrui nature e dei dettagli e delle orbite già calcolate e delle più vaste ancora incomprese. tutta sotto gli occhi – non ci si sposta mai nemmeno nei viaggi più perigliosi – la Cosa fatta di Cose che nasce e muore si ammala si spezza decanta chiama o respinge respira rantola e via e via ancora una listar troppo umana per essere “vera”… e c’è una sofferenza che esala dai versi: ogni oggetto è “schiavo” come tirato da fili incapace di librarsi nell’ essenza ed è come se il poeta stesso ne soffocasse schiavo di ognuno di essi e sì della bellezza di essi parti infinitesimali che ne riverberano l’ entità senza nome senza misura. così almeno leggo e sento io.
un saluto Antonio e agli ospiti qui.
paola
grazie , Paola . Bella e penetrante riflessione…. Ti stimo . ciaoo