DOPO SESSANT’ANNI RIPRENDE L’INTERESSE PER LA PROVINCIA. IL PERMESSO DI RICERCA SCADE NEL 2016
Avellino – Negli ultimi due anni voci di un presunto interesse dell’Eni, piuttosto che della Shell, per il sottosuolo dell’Alta Irpinia erano circolate ripetutamente, salvo infrangersi contro il muro impenetrabile della burocrazia locale. Mai una conferma su un fax o di una telefonata a questo o quel funzionario, amministratore locale. Eppure a margine delle grandi adunate la parola petrolio ricorreva con circospezione, sussurrata. In realtà nessuno credeva più alla concreta praticabilità di ricerche o perforazioni. Almeno fino a ieri.
Alla luce del nuovo orientamento del Ministero per lo Sviluppo Economico, che propende per accelerare l’individuazione di nuovi giacimenti petroliferi, tornano ad occupare le luci della ribalta le aree che hanno già concesso autorizzazioni esplorative. In particolare, l’attenzione si focalizza sulla Val D’Agri in Basilicata, il più grande giacimento continentale, e il Vallo di Diano, nel salernitano, dove si discute da diversi mesi dell’apertura di una piattaforma estrattiva.
A chiudere il triangolo geografico, l’Alta Irpinia, dove risulta una concessione di ricerca attribuita il 21 ottobre 2010, approvata dal Ministero per lo Sviluppo Economico, Dipartimento per l’energia, Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche a valere su Nusco e il suo comprensorio, dal Calaggio all’Ufita. Parliamo del “Permesso di ricerca in terraferma” attribuito alla società Italmin exploration Srl, che comprende una superficie di 698,50 kmq, e coinvolge i comuni di Nusco, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Bagnoli Irpino, Cassano Irpino, San Mango sul Calore, Morra De Sanctis, Montemarano, Torella dei Lombardi, Luogosano, Sant’Angelo all’Esca, Guardia Lombardi, Paternopoli, Fontanarosa, Sturno, Gesualdo, Taurasi, Frigento, Mirabella Eclano, Venticano, Grottaminarda, Bonito, Villamaina, Flumeri, Castelbaronia, Carife, Vallata, San Sossio Baronia, Caposele e Apice (Bn).
La scadenza del permesso di ricerca è fissata al 21 ottobre 2016 e rappresenta la quota maggiore di interesse della società in Campania, che elenca anche una fascia chilometrica nel beneventano. Sulla possibilità di nuove esplorazioni di giacimenti petroliferi nel comprensorio altripino, in realtà, se ne è parlato anche di recente: in occasione della prima convocazione degli Stati Generali dell’Alta Irpinia a Teora, lo stesso sindaco di Nusco Giuseppe De Mita aveva informato gli amministratori del rinnovato interesse di una compagnia inglese per il sottosuolo nuscano. Non solo.
Il consigliere regionale del Pd Donato Pica ha inviato alla fine di febbraio una richiesta al presidente della commissione Ambiente in consiglio regionale, per fissare un’audizione sulle autorizzazioni, e fare chiarezza sulla vicenda relativa alla richiesta presentata dalla Compagnia petrolifera Shell di effettuare sondaggi esplorativi in otto comuni del Vallo di Diano, citando l’Alta Irpinia, per le implicazioni relative al rischio sismico. Oltre alle trivellazioni degli anni ‘50, note all’opinione pubblica, le mappe elencano anche la presenza di pozzi, molti dei quali sono rimasti nell’anonimato o poco conosciuti dalla popolazione.
In località Fontaniello, a Sant’Angelo dei Lombardi è stata registrata la presenza del pozzo più profondo, con uno scavo di ben 1360 metri; altri pozzi sono stati scavati nei comuni di Bisaccia, Lacedonia, Rocca San Felice, Trevico, Guardia e Montecalvo. Attualmente dunque, si valutano le decisioni del Ministero, laddove le compagnie hanno manifestato un interesse diretto a sopralluoghi tecnici, seguite di pari passo nelle operazioni da Legambiente, interessata a monitorare la tutela delle condizioni ambientali, il rischio idrogeologico e sismico.
Nel comprensorio altirpino, infatti, Legambiente è chiamata ad applicare la lente di ingrandimento sulla salvaguardia del territorio, e ad approfondire l’ipotesi di nuovi interessi da parte delle compagnie Eni e Shell. Dopo le trivellazioni degli anni ’50 infatti, l’attività è stata ripresa nella stessa area di riferimento alla fine degli anni ’70, appena prima del sisma, anche se rimane ignota la natura dei ritrovamenti. C’è chi afferma che fu ritrovato un giacimento di gas naturale, ma in quantità troppo esigua per compensare l’investimento della società, e chi invece, sostiene che l’oro nero esiste, ma che è stato preferibile nasconderlo in cassaforte ancora per un po’. Nel 1997 però, i sopralluoghi ripresero, sia in mare che sulla terra ferma, ma il progetto fu bloccato dalla Texaco, che si oppose a difesa degli equilibri sismici della zona, troppo precari per essere messi a repentaglio.
Elisa Forte – Ottopagine – 27 APRILE 2012
uhmm, qui …imbroglio ci cova. Occhio! parati estis e vigilate!