Samech
Calmo in penombra, chiuso in me,
a dar ascolto. Silenzi profanati.
Lontano è il mio naufragio, monti,
sopra nuvole lattiginose e deliziose,
come il tuo sguardo in penombra.
Non sento voci, né parole di conforto,
sono nel deserto in cui mi trovi assorto.
Aleph
Disteso all’alba del giorno
che immensa notte sembra calata
immensa… immensa, stellata,
senza ombra riflessa sul platano.
Nessuno ha lasciato ciò che ha perso.

Deleth
Piano sale, quasi decollando
e lieve scende senza planare.
Ha negli occhi le distese del mare
che senza agitarsi a lui si è voluto
donare
ammutolendo i sospiri, lo sguardo.
Eugenio Tinto
Mi piace, e perciò “perdono” qualche ingenuità semantica.
condvido l’ ingenuità semantiche di certi passaggi di cui scrive Salvatore e il tentativo di crearsi alla luce di un pudore poetico quasi infantile che giunge delicato alla lettura e per nulla artificioso e pure mi sono soffermata alle atmosfere rarefatte e intime di cui lo stile è permeato e anche sulla la mappa scandita dalle lettere ebraiche a titolo di ciò che le segue paradossalmente ma apparentemente non sempre nella natura di ciò che esse lettere in essenza esprimono.così sì è tentati di indagarne e quali connessioni transitano fra il titolo e il corpo poetico e la natura introversa introversa almeno per il mio sentire che le esprime.
un saluto
paola