Arminio: la Coppa America? Avessimo almeno creato le regate mediterranee

Da ”Corriere del Mezzogiorno” –  Giovedì 26 Gennaio 2012

Napoli tra grandi eventi e filosofia di Latouche

Paesologo e poeta autore di Terracarne (Mondadori)
commenta la città vista da lontano: «Non dobbiamo imparare dalla ‘decrescita’, noi siamo la decrescita»

 

Intervista a cura di Natascia Festa

NAPOLI – Il «Vento forte tra Lacedonia e Candela» – è il titolo laterziano di Franco Arminio – non sfiora le vele dell’America’s Cup. Il poeta e paesologo irpino, dalla sua «Terracarne» (Mondadori) non vede il mare, e meno che mai le regate. Ma questo è ovvio.
Mercoledì ha sfiorato Napoli – una conferenza alla Facoltà di Architettura – e poi ritorno a Bisaccia.
«Lambisco la metropoli, non ne conosco bene i meccanismi, posso raccontare come appare da lontano».

Lei però è uno che s’interroga oltre che sulle parole «da Sud» anche sui modelli di sviluppo praticabili a Sud. E non si può non definire latouchiano? O no?

«Solo in un certo senso. Ho conosciuto Serge Latouche, abbiamo conversato un po’, ma il suo linguaggio è molto economicista, io mi sento addirittura più estremo. Noi meridionali non abbiamo bisogno di farci spiegare da un bretone la filosofia della decrescita. Noi siamo la decrescita».

Quindi, essendo in ritardo, saremmo in anticipo.

«Esattamente. Nel Mezzogiorno il capitalismo è sopportato, non è incorporato del tutto. Il Nord Italia faticherà molto di più se, con la crisi, dovesse affermarsi e auspicabilmente un modello cosiddetto di decrescita».

Da meridionalista non importa se vede o non vede il mare. E il sud che immagina oltre quello che descrive che ci interessa. È possibile conciliare la Coppa America con un tipo di filosofia come quella di Latouche?

«Non sono mai stato in barca a vela per la verità e per me quello è un mondo lontanissimo. Ma un’idea ce l’ho chiara: non è ospitando uno di questi grandi eventi che si costruisce lo sviluppo. Quanto può durare l’indotto di una manifestazione che, certo avrà un’enorme eco mediatica, ma che non stratifica nulla a lungo termine? Né crea nulla di nuovo. Si fosse pensato a ideare una ’Coppa del Mediterraneo’, capace di tenere testa alle regate internazionali allora forse sì, si poteva parlare di modello di sviluppo per il Mezzogiorno, ma così mi sembra sostanzialmente inutile».

Eppure deve esistere un punto di sintesi tra la teoria della decrescita e la filosofia che sottende al «grande evento».

«Più che di sintesi possiamo parlare di bricolage intellettuale. Ma non è un problema solo napoletano o solo del sindaco de Magistris che non conosco e il cui operato vedo dalla distanza dell’entroterra. Il bricolage culturale è una caratterista della contemporaneità, in un cui tutto va a braccetto con tutto. Procediamo per ossimori e non ci scandalizziamo di niente, figuriamoci delle incongruenze intellettuali. La confusione, se così vogliamo chiamarla, non è solo del sindaco di Napoli. Concedendo l’attenuante del massimo della buona fede a Luigi de Magistris, e non vedo perché non dovremmo, addirittura si potrebbe trarre vantaggio da questo bricolage intellettuale. Se il primo cittadino riuscisse a mutuare il meglio da questi modelli differenti e apparentemente antitetici, allora andrebbe bene. E anche in questo, noi meridionali, siamo avvantaggiati».

In che senso?

«Siamo più duttili, più capaci di adeguarci al flusso che cambia. Non rispondiamo rigidamente al cambiamento. Questa caratteristica, che da necessità è diventata virtù, in prospettiva è un vantaggio: potremmo immaginare un modello di sviluppo mobile».

Né Latouche né Coppa America, o tutti e due insieme?

«Questo tipo di pensatori sono utili sono perché ci ricordano che noi quelle cose le pensavamo prima di loro. La nostra è la terra di Giordano Bruno. Con tutto il rispetto…».

2 pensieri riguardo “Arminio: la Coppa America? Avessimo almeno creato le regate mediterranee

  1. «Non dobbiamo imparare dalla ‘decrescita’, noi siamo la decrescita» con lucidità e perseveranza franco ci ricorda ,vigile , che …..
    …..noi non cerchiamo “case” a cui chiedere ospitalità o rifugio abbiamo una “casa” in cui non ci sentiamo a nostro agio e spesso non ne conosciamo la ricchezza ma ciattadiamo a rilevarne le mancanze dando la responsabilità agli altri ….cinici o bari……

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