visioni lucane

Alle nove di sera devo parlare a San Fele. Da casa ci vuole poco più di mezz’ora. Parto alle tre del pomeriggio. Voglio fare una foto che sia buona per la copertina del libro. La prima tappa è Calitri vista da sotto. Una piramide di case da inquadrare col teleobiettivo, per entrare dentro, per estrarre un pezzo di paese in cui il tutto è superiore alla somma delle parti. La sensazione di bellezza viene quando le case sembrano nella stessa cornice, attaccate una all’altra, tetti e facciate, scale, finestre, una grafia fitta che dice di un tempo in cui si costruiva non per distinguersi dagli altri ma solo per accamparsi.

Dopo Calitri passo per Pescopagano senza scattare fotografie. Qui ci sono bei palazzi e il paese è adagiato sulla roccia in maniera accidentata, non c’è una visione da cui si vede tutto. E le case non sono orientate nella stessa direzione.

A Castelgrande torna una visione simile a quella di Calitri anche se cambiano i colori, qui c’è un intonaco grezzo, con la prevalenza del grigio. L’ho fotografato varie volte, mai col teleobiettivo. Dopo le foto decido di passarci dentro, l’ho sempre visto da sotto, dalla strada, come se avessi paura di scoprire una lapide. E il paese dentro è perfettamente vuoto. Molti infissi sembra che non siano mai stati aperti dopo la loro posa. Una vecchina mi dice le solite cose prima ancora che io finisca la solita domanda. Arrivo davanti alla chiesa. Si sente un po’ di animazione che viene da alcune case in una periferia che non avevo mai visto. C’è perfino una piscina. Insomma, i pochi che sono rimasti stanno in basso. Quando il paese comincia a diventare verticale non c’è più nessuno. È una storia comune nella montagna italiana, solo che qui è resa clamorosa dal fatto che il paese verticale è perfettamente ricostruito, non ci sono rovine.

Riprendo il viaggio per fermarmi subito dopo a bere a una fontana sul ciglio della strada. L’acqua è buonissima, ma quando rialzo la testa ho una leggera vertigine. Inutile dire che anche oggi sono stanchissimo, un occhio al mondo, uno alla morte, come sempre. Il mondo prima di parlare con me deve parlare alla mia stanchezza. Mi pare che sia diventata un filtro, una forma.

Anche a Muro Lucano c’è la parete verticale di case che vado cercando. Scatto in continuazione, mi sembra di sparare nel mucchio.

Vado a Bella, uno dei pochi comuni lucani che non ho mai visto. Qui la forma è diversa. Il paese è un filamento che poi si allarga salendo sulla collina e finendo con un castello dipinto come una discoteca. Nel centro sembra che ci sono tutti. Sotto un bel filare di tigli, otto più otto, ci sono panchine in stile anni sessanta, tutte occupate dai posteggiatori del crepuscolo. Davanti ai bar tutto lo schieramento più tipico dei paesi meridionali. Noto l’insegna di un negozio: scarpe diem. L’atmosfera è gradevole, si sente che queste sono le giornate in cui il paese mette il muso fuori dalla porta, prima che la furia dell’inverno torni a imperare. Mangio un gelato per mettermi in forze e per affrontare la montagna che mi separa da San Fele. A un incrocio c’è un bar in mezzo alla compagna. Ne ho visti molti in Lucania. Sono i bar dei contadini.

Arrivo alla meta con un’ora di anticipo. Mi salutano gli organizzatori della manifestazione che si chiama Spiritualia. Ho tempo di fare anche qui qualche fotografia e perfino di guardare la posta elettronica. L’incontro è previsto sulla terrazza di un bel palazzo. La visione è notevole, ma il freddo pure. Il pubblico si sistema e ci sistemiamo al nostro posto anche noi relatori. Con me c’è un prete che viene dal Friuli, c’è il vescovo della zona e il presidente della Regione. Mentre l’assessore comincia a parlare, faccio notare che sarebbe il caso di spostarci all’interno. Era un pensiero che avevano anche gli altri e non osavano pronunciare.

Il tema è generico, però vengono fuori discorsi non banali. Sono contento di scoprire che il Presidente è un mio accanito lettore. A un certo punto dice che la paesologia offre uno specchio a chi abita nei paesi. Non ci avevo mai pensato, forse è così, forse però lo specchio zigrinato.

Dopo il convegno andiamo a cena. Il Presidente è a fianco a me, non si dà arie da divo, l’atmosfera è semplice, non ci sono parole impostate, si mangia e si chiacchiera parlando di Lucania e la Lucania è questa atmosfera, è questa tavola in cui ci facciamo compagnia senza tante pretese prima di imbucarci nella notte e nel tunnel della nostra vita.

Arrivo a casa alle due. Apro il computer, sono esausto ma è come se volessi ancora sprofondare. Leggo in un blog le tipiche frasi di chi scrive con la faccia per terra. Mi sento solo, sento che ognuno parla da una lingua sua, ognuno stringe tra le mani il suo specchio. Per me sono giorni di dolore, un fuoco incrociato di intransigenze e meschinità a oltranza. Il perimetro della provincia e le sue leggi. Cambiano i nemici, ma quello che vogliono è sempre la stessa cosa: vogliono che tutto sia piccolo, controllabile, senza misteri. La poesia è sempre più bandita oppure è accolta, mangiucchiata come se fosse una cosa come un’altra, un argomento della vita, non la radice infiammata, l’urlo contro la morte e la parete infinita che ci separa dai noi stessi e dagli altri. Vivere è uscire, è distinguersi irrimediabilmente, una volta che si è formato un essere non c’è più niente da fare, non c’è condivisione possibile. L’amore, la lotta politica, perfino la religione, non possono che realizzare comunità provvisorie, luoghi di fortune casuali, sempre sul punto di svanire. C’è una furia di fondo che ci spinge sempre più lontani da ogni altra creatura, ognuno è un dio folle in un deserto.

Adesso io sento un dolore che mi martella da dentro, un dolore che mi assale, mi sbatte contro il muro, contro il muro degli altri che continuamente mi deludono quando provo ad avvicinarmi. La comunità non è mai esistita e non è mai esistita nessuna compagnia vera. Nel nostro essere batte una luce solo nostra, da questa radicale solitudine possiamo decidere come passare il tempo mentre il tempo decide senza il nostro consenso come passare su di noi.

franco arminio

4 pensieri riguardo “visioni lucane

  1. “Non ci si arrende solo rispetto all’idea di inseguire il mito dello sviluppo, ci si arrende all’idea di essere qualcosa o qualcuno. Per uscire dall’autismo corale ci vogliono posture nuove. È tempo di tornare a una fisiologia meno velleitaria, a un quieto vagabondare nel mondo che gira, nell’aria che non sta mai ferma, nella polvere in cui luccichiamo ad occhi aperti insieme al sole e alle stelle”.

    franco arminio

    La comunità provvisoria e Il blog che ne è nel bene nel male la vetrina delle idee originali, degli umori,delle passioni calde e fredde sono le forme e gli spazi tradizionali dell’esercizio democratico di esigenze esistenziali,culturali e politiche. Nello stesso tempo sono le occasioni e lo spazio per costruire nuovi paradigmi ,logiche e grammatiche per vivere e pensare un territorio in modo autentico e originale. Evitando il più possibile la “dannazione alla chiacchiera che alimenta la “postdemocrazia” non solo per implosione dei vecchi vizi e difetti della ‘politica politicata’ ma anche per un cattivo eccessivo uso delle sue libertà senza responsabilità.Noi la voriamo e pensiamo ad una “comunità aperta” al futuro nel rispetto del passato.” “Quando affermo che il futuro è aperto – scriveva K. Popper- con “apertura” intendo, in senso ampio, che noi possiamo scegliere quei valori che sentiamo come valori importanti per noi e per la nostra vita…… Affrontare i problemi significa andare alla ricerca di soluzioni, ovvero ricercare qualcosa che migliori la situazione in cui ci troviamo…..E risolvere i problemi significa compiere delle valutazioni. ……Quando parlo del futuro aperto, io con ciò non solo intendo semplicemente affermare che non è possibile predire quel che accadrà; intendo dire piuttosto che quello che accadrà sarà influenzato da noi e dai nostri valori “.

    Questo spazio va curato al meglio delle sue possibilità tecniche ma salvaguardato nella sua libertà di espressione nella regola della responsabilità individuale e nella cornice valoriale e culturale della “paeoslogia”. Il blog è anche l’accompagnamento organizzativo e informativo delle iniziative che come Comunità provvisoria formalmente organizzata sia delle esperienze di approfondimento conoscitivo (es seminario a Grottaminarda sulla paesologia o a Lacedonia sul parco rurale o incontri mirati sulle varie “eccellenze” ) ma anche delle visite esistenziali , individuali e comunitarie , paesologiche e amicali nei piccoli paesi nello spirito che Franco ci suggerisce e ci racconta nei suoi scritti. Il Blog è anche l’espressione di un dialogo, un conflitto o un amore e una cura non ideologica e dottrinale per una “terra”, l’Irpinia dei piccoli paesi …dalla grande vita”.L’irpinia ha una storia dignitosa e ricca letterariamente e culturalmente anche tra contraddizioni fisologiche ,sospetti metodologici e filosofici e quant’altro la condiziona non solo per le zavorre storiche in senso economico,sociale e politico. Anche questo aspetto ha una sua autenticità e originalità che ci dobbiamo autoriconoscere non solo come difficoltà e complessità ma anche come merito , capacità e possibilità di nuove intuizioni ed analisi. Per ultimo e non ultimo :Cairano 7X. E’ stato scelto “un piccolo paese” come simbolo e anche una possibile pratica di”grande vita” nascosta e da scoprire con una esperienza veramente innovativa e originale con alle spalle una grande esigenza o idea di Franco Dragone che Franco Arminio ha avuto il coraggio dei sognatori , la testardaggine dei poeti e la capacità del vero politico di rendere realizzabile al meglio di uomini e idee che circolano in Italia ed in Europa in cerca di esperienze coerenti di nuovi modi di abitare e pensare la terra che ci è data in comodato d’uso. Incomprensioni ,pigrizie e scelte al ribasso in coda ai poteri costituiti istituzionali e sociali hanno determinato rotture non volute ma necessarie . Di tutto ciò dobbiamo sentirci non solo orgogliosi e liberati ma soprattutto perché abbiamo recuperato il senso di attori e artefici di noi stessi ,ognuno con le sue capacità e le sue conoscenze purchè al meglio delle nostre possibilità e competenze senza gerarchie ne culturali né di poteri. Siamo in una fase costituente ed abbiamo un estremo bisogno di convinte adesioni ma soprattutto di entusiasmo culturale , passione civile, generosità e amore del dono, sentimenti caldi e un impegno personale nella responsabilità concreta secondo le proprie conoscenze,sentimenti e abilità organizzative. La Comunità provvisoria resta una buona e bella idea coltiviamola al meglio delle nostre capacità e possibilità nel rapporto di altre esperienze comunitarie ma non dimendichiamoci di annacquare o disperdere la sua anima “paesologica” .Non è solo “un valore aggiunto” ma un modo nuovo di essere,pensare e vivere l’Irpinia e tutte le “irpinie” della nostra “madre terra”……..

    mauro orlando

    .

  2. è un giro che ho fatto esattamente uguale un paio di volte o una sola. il post ha fatto sentire tutta la particolare fatica di quel cammino, la sua inquietudine e il suo senso di insoddisfazione, forse come quella di un soldato che va a immolarsi in battaglia pensando che del suo coraggio, del suo bel gesto eroico, nessuno saprà mai nulla. nemmeno l’onore postumo. ma poi c’è questo racconto scritto e la condivisione con chi lo legge, almeno

  3. ciao franco, io con la lucania ho un legame genealogico e sentimentale, la genuinità e la semplicità che racconti della cena col presidente sono sentimenti facilmente ritrovabili nei paesi lucani.
    e se si cerca anche in rete, si sentono alcuni sprazzi di vitalità notevoli, che per una regione di 500mila abitanti non sono per niente scontati; penso ad esempio al raduno delle bande di Montescaglioso (Mt) alle notti federiciane di Lagopesole, all’omaggio a Isabella Morra di Valsinni. Per non parlare di eventi ormai affermati come il Volo dell’angelo o lo spettacolo della Grancia.
    Ci vorrebbe l’umiltà di imparare dai nostri fratelli e vicini.
    Devo anche dire che questo ritorno alla paesologia che ha accompagnato la nascita del nuovo blog non mi dispiace per niente!

  4. “Sono contento di scoprire che il Presidente è un mio accanito lettore.”
    “Dopo il convegno andiamo a cena. Il Presidente è a fianco a me, non si dà arie da divo, l’atmosfera è semplice….”

    Visioni lucane , visioni di una lucania aperta.
    Non cerano portoni chiusi,come quello della regione Campania quando si manifestava per impedire la chiusura dell’ospedale di bisaccia.

Rispondi a Mauro OrlandoAnnulla risposta

Scopri di più da Casa della Paesologia

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading