La fabbrica del terremoto, il rapporto 2011 dell’Osservatorio

La fabbrica del terremoto. Come i soldi affamano il Sud

L’Osservatorio permanente sul Doposisma è nato per stimolare discussione attraverso i dati, le fonti e le indicazioni che provengono dalla ricerca applicata. Lo ha fatto lo scorso anno con “Le macerie invisibili” di 30 anni di terremoti italiani, lo fa quest’anno indagando “La fabbrica del terremoto”.

Il nuovo filone di indagine ha preso in esame i condizionamenti e le dinamiche innescate nelle aree terremotate dall’intervento di sviluppo industriale programmato nella legge di ricostruzione (la 219/81) e cosa accade dopo un disastro a livello macroeconomico comparando diversi esempi internazionali. Una parte del progetto, realizzata da Lucia Lorenzoni e Nicola Zambli, è stata affidata all’Area Ricerche della Banca Monte dei Paschi di Siena; alle industrie del dopo terremoto in Campania e in Basilicata è rivolto il saggio di Pietro Simonetti (Regione Basilicata) e Stefano Ventura (Università di Siena); il rapporto include altresì uno studio antropologico di Teresa Caruso, ricercatrice dell’Università degli Studi di Bergamo, dedicato alla comunità terremotata di Caposele (AV). Completa il volume un’intervista a Gianfranco Viesti, presidente della Fiera del Levante.

Il rapporto ha come punto focale il problema del riequilibrio demografico tra l’osso e la polpa del Sud, come l’intellettuale Manlio Rossi Doria definiva le aree interne e la costa. La proposta è quella di un equo bilanciamento che passi attraverso la mobilità reticolare; un’operazione che non comporta il dispendio delle grandi opere, ma si esplica attraverso la riattivazione dei cosiddetti rami secchi delle ferrovie. Il ripristino di un sistema ferroviario efficiente è oggi l’unica possibilità per garantire una mobilità sostenibile alle aree interne ormai disabitate. Ad esse la fabbrica del terremoto ha lasciato in eredità un enorme surplus di case inutilizzate; di contro le aree costiere, sovraffollate, producono la  fabbrica mangiasoldi dell’emergenza. Si tratta di uno squilibrio che restituisce un territorio ingovernabile, rendendo la vita impossibile sia a Napoli che sulle alture dell’Irpinia. Il Sud, ed è questa l’istanza fondamentale, non è affamato di soldi ma di buone e piccole opere.

La lettura del rapporto 2011 offre quindi gli strumenti di lettura e analisi su questo problema ma anche le suggestioni e possibili vie di uscita che vanno discusse e praticate, specie in questi tempi di grave crisi istituzionale e civica.

Gli autori

Lucia  Lorenzoni è attualmente responsabile del settore Research dell’area Research, Investor Relations e Pianificazione strategica di Banca MPS.  I suoi interventi sono apparsi sia su canali televisivi finanziari quali Bloomberg tv e CNBC, sia su carta stampata, tra cui Il Mondo e il Sole24ore. Laureata in Scienze Economiche all’Università di Siena e ha conseguito un master in Economia e Banca nella stessa università. In precedenza ha lavorato: come analista a Credit Suisse a Londra nel dipartimento rischio paese e poi, come analista sui paesi emergenti a Banca IMI a Milano e come economista su “core markets” presso MPS Finance .

Nicola Zambli è attualmente economista nel settore Research nell’area Research e Pianificazione strategica di Banca MPS. E’ laureato in Economia Bancaria all’Università degli Studi di Siena e ha conseguito un Master in Economia e Banca presso la stessa università.

Teresa Caruso è dottoressa in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Bergamo, con una tesi di laurea specialistica in Antropologia Culturale dal titolo “Politica, fiducia e mutamenti culturali in una comunità del Gargano”, relatore Prof. Davide Torsello.

Pietro Simonetti e’ presidente del Centro Studi, documentazione e ricerche economico – sociali. E’ il coordinatore del Centro Lucani nel mondo “Nino Calice” della Regione Basilicata. E’stato operaio  metalmeccanico e segretario della commissione interna della Rabotti sud, poi
segretario generale della Fiom e della Cgil Basilicata, segretario  nazionale dei lavoratori chimici della Cgil e vice presidente del consiglio regionale della Basilicata. E’ stato anche consulente del gruppo parlamentare del PCI per la commissione d’inchiesta sul terremoto del 1980 (1989-1991) .
E’ autore di progetti, saggi e norme legislative su politiche industriali e del lavoro, sull’ emigrazione, sulla programmazione economica. E’ l’ideatore del progetto “Un computer in ogni casa”, della borsa lavoro BASIL (Sistema informatico Lavoro Basilicata) e del progetto di reddito di cittadinanza solidale.

Stefano Ventura è nato in Svizzera, è cresciuto a Teora (Avellino) e vive a Siena. Si è laureato in Storia all’Università di Siena con una tesi dal titolo “Irpinia 1980-1992: storia e memoria del terremoto” e ha conseguito il titolo di dottore di ricerca nel 2009 presso la scuola di dottorato in Scienze Storiche, Politiche, Giuridiche e Sociali dell’Università di Siena con progetto di ricerca su “L’Irpinia dopo il terremoto”. Ha curato diversi saggi, articoli e contributi su riviste nazionali e locali di storia contemporanea. Nel 2010 è uscito il suo primo libro Non sembrava novembre quella sera. Il terremoto del 1980 tra storia e memoria, (Mephite edizioni, Atripalda Avellino).

Ha curato la ricerca contenuta nel rapporto 2010 dell’Osservatorio sul Doposisma “Le macerie invisibili” sulla comparazione delle gestioni delle emergenze nei terremoti italiani degli ultimi 30 anni. Oltre all’Osservatorio sul Doposisma della Fondazione MIdA (Musei Integrati dell’Ambiente), collabora con la Fondazione Officina Solidale Onlus e con altre fondazioni e enti di ricerca pubblici. E’ amministratore del sito ORENT (Osservatorio sui rischi e gli eventi naturali e tecnologici – Università di Siena). Svolge il ruolo di tutor per l’Agenzia Formativa Arci di Siena.

Ha partecipato a diversi convegni e seminari sui temi legati alle catastrofi naturali, alla Protezione Civile e alla memoria del terremoto del 1980 e scrive occasionalmente per diversi quotidiani locali e siti web.

 

Il Rapporto è leggibile in formato pdf  sul sito dell’Osservatorio Permanente MIDA. Prego David Ardito di inserirlo qui, in calce al post

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11 pensieri riguardo “La fabbrica del terremoto, il rapporto 2011 dell’Osservatorio

  1. e che dire del disastro nel tessuto connettivo comunitario? il terremoto nelle trame di parole e incontri tra la gente? nei pensieri disconnessi dovute a storie personali stravolte? è quello che affiora nelle pagine di Terracarne ed anche in ciò che ho visto e ascoltato a San Giuliano di Puglia.
    sono storie che all’inizio non riesci bene a comprendere, fin quando non cerchi di guardare dal punto di vista di chi ti racconta. dissapori, rancori, una scia di ostilità che ha lasciato un solco profondo in quelle comunità. ma questa è un’altra scia di ricerca.

  2. Ragazzi questo rapporto va assolutamente letto e diffuso, perchè fotografa in termini scientifici ciò che andiamo dicendo e praticando in termini organizzativi e poetici.
    Cos’è stata e cos’è la bellissima esperienza di In Loco Motivi, dell’Avellino- Rocchetta se non porre l’accento sul riutilizzo delle linee interne per collegare osso e polpa? E la lotta per l’Ospedale di Bisaccia e il dibattito sulla delocalizzazione dalla costa verso l’interno delle strutture sanitarie, rese più “leggere” e sostenibili economicamente? E la lotta agli sprechi, alla devastazione e allo stravolgimento degli antichi assetti insediativi?…Leggere, leggere e diffondere!

  3. molto bene. diamo valore al lavoro culturale che si sta facendo. non siamo più consumatori di visioni costruite altrove, ma stiamo costruendo le nostre- è difficile farsene capaci, ma è così…

  4. grazie cari amici, le nostre sono riflessioni a disposizione di chi le vorrà discutere e anche criticare.
    dobbiamo conoscerci e condividere analisi, riflessione, e proposta.
    E’ il nostro antidoto alla barbarie mercantile dei tempi attuali.

  5. il report è molto lungo e articolato.
    prendendo per mezzo e tralasciando che il modello di analisi comparato con il friuli non mi pare il massimo (per quello che vale il mio giudizio) mi pare doveroso evidenziare il segno eccellente restituito dai dati (a luglio 2011!) della tabella di pag. 103.
    Risultati che mi sembrerebbero straordinari se ci fosse il riscontro di un “buon” costo per ULA a carico delle finanze pubbliche (che non mi pare esposto).

    Resto perciò convinto che sul dopo-terremoto in irpinia si sia consolidato nel tempo un giudizio più superficiale che ingeneroso, nella assoluta mancanza di consapevolezza delle penose condizioni in cui la storia e il sisma consegnavano questo territorio alla ricostruzione.

    Così mi delude Caporale che, dopo aver messo in piedi un osservatorio, sia il primo a “non osservare” ma ad abbandonarsi ai cliché.
    Il sisma dell’Irpinia è stato un tornante della storia nazionale dal quale è stato il paese intero per molti versi a uscire sconfitto.
    Ma non perché si sono fatte le barche in montagna.

    Che è finalmente ora di convincersi che è un cliché due volte sciocco. Primo perché non si giudica un evento di questa portata con l’insuccesso di una iniziativa.
    Secondo perché uno dei cantieri italiani più prestigiosi (Cranchi) fa barche di 50 piedi in Valtellina, in un paese piccolo, in montagna e lontano dal mare, più di uno qualsiasi dei nostri…

  6. caro paolo, pur avendoli raccolti io, devo dire che i dati citati a pag. 103 sono forse da approfondire, anche perchè la fonte citata (i consorzi asi) è parziale.
    In definitiva, per chi non ha letto il rapporto, saremmo a un 49% di addetti rispetto alla previsione iniziale dell’articolo 32 della 219, ma c’è da considerare la tipologia di occupazione, le casse integrazioni, le mobilità etc.
    piccola autocritica sui dati, quindi, ma con la voglia e la ferma intenzione di approfondirli, riverificarli e ridiscuterli.

  7. la percentuale “irpina” è del 75% in termini di occupati e del 85% in termini di aziende rispetto ai dati previsionali. se fossero veri – a 30 anni dal sisma, occhio – sarebbero numeri da manuale…
    confermo le cose dette prima e mi chiedo: se tu hai delle incertezze sui dati, perché caporale non ha incertezze a dare giudizi?
    io ho una mia idea. Gli è che capire il linguaggio con il quale è scritto il gran libro della realtà non porta grandi guadagni ed è pure una gran rottura di scatole…

  8. spero presto di poterne fare una presentazione avellinese, lo potrai chiedere direttamente a lui.
    e di discutere non solo l’analisi, ma anche le eventuali proposte (che pure nella ricerca ci sono).

  9. La proposta (forse sarebbe più proprio dire la suggestione) del riequilibrio demografico con le zone costiere è priva di fondamento. Il modello che la storia ha selezionato finora è quello della città di grandi dimensioni, laddove il benessere è diffuso a costi economici e ambientali largamente ottimizzati (napoli conferma la regola evidentemente per eccezione).

    E non è un caso che l’irpinia, come tutte le zone marginali e rurali, declina per l’insopportabilità di costi necessari a garantire servizi pur minimi. D’altra parte basta andarci e vedere che in una scuola, in un ospedale e financo in una parrocchia (mauro ricorderà…) sperduti, statisticamente ci trovi o lo scarso o quello che non vede l’ora di andarsene.

    Dunque, se possibile chiederò. Continuando in quella vana, improduttiva e dunque provvisoria ricerca della direzione giusta, i cd. stati caporali…

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