Neve, emergenza e buon senso

"La palatina" - david ardito

di Stefano Ventura

“La natura non conosce catastrofi”, affermava lo scrittore svizzero Max Frisch. Non sono i fenomeni naturali a provocare disastri e conseguenze letali per l’uomo, ma l’inadeguatezza e l’impreparazione. La “catastrofe” di questi giorni si chiama neve, quella di qualche mese fa che colpì Genova e Lunigiana si chiamava “bomba d’acqua”, ma in generale la comunicazione di massa abusa a sproposito della categoria delle catastrofi, ovvero un “sovvertimento della realtà”, secondo l’etimologia.
Ben più serio è il discorso che riguarda le responsabilità, le inadempienze e i possibili correttivi. In questi giorni sono stati spesso chiamati in causa i sindaci, che hanno a loro volta criticato la struttura nazionale della Protezione Civile.


In Irpinia sappiamo bene cosa vuol dire protezione civile, sappiamo quanto è stato doloroso e grave che non ci fosse subito dopo la scossa del 23 novembre 1980; abbiamo imparato a conoscere un onorevole di Varese, Zamberletti, che ci ha insegnato, da commissario straordinario, che la Protezione Civile nasce dal coordinamento tra le varie forze, siano esse istituzioni, forze armate, volontari o semplici cittadini.
Poi è venuta negli anni Duemila la gestione Bertolaso, contraddistinta da un forte interventismo dai modi spicci, una impostazione che ha avuto, come effetto secondario, quello di addossare alla Protezione Civile un ruolo salvifico che sopperisse ai limiti dell’amministrazione ordinaria.
Le polemiche che abbondano e che tirano in ballo anche le amministrazioni locali avellinesi, così come quelle regionali, non sono infondate, ma sono inutili se non avviano un dibattito corale su una reale prevenzione e sugli strumenti per realizzarla. Una nevicata particolarmente forte è un evento prevedibile, come le piogge torrenziali e come le ondate di calore, a differenza di un terremoto.
La prevenzione chiama in ballo anche i singoli cittadini, che sono i primi attori della Protezione Civile. Molte volte è il corretto comportamento dei singoli a evitare conseguenze peggiori in caso di allarme o emergenza, basterebbero a volte piccoli atti di buon senso, che non necessitano per forza di una ordinanza del sindaco o di un bollettino della Protezione Civile.
Allo stesso tempo, però, le istituzioni devono avere un protocollo chiaro e condiviso da attuare in previsione e in seguito ad una nevicata, evento tutt’altro che estremo per zone interne come le nostre (anche se quest’ondata ha assunto davvero i caratteri dell’eccezionalità, pensiamo ad esempio all’Alta Irpinia).
Tutto questo insieme di regole e comportamenti non può certo manifestarsi per incanto alla caduta del primo fiocco di neve, ma va preparato, così come va diffusa una cultura capillare e partecipata di Protezione civile. Pensiamo al rischio sismico: i comuni sono obbligati a dotarsi di un piano di Protezione Civile, a verificarlo, a tenere esercitazioni e a diffonderlo. Anche su questo tema negli ultimi tempi si è avuto modo di polemizzare, ma la programmazione e la pianificazione pubblica troppo spesso eludono gli scenari di lungo termine, a vantaggio del tornaconto immediato. Insomma, polemizzare è inutile se fine a se stesso, sarebbe meglio iniziare un processo serio e partecipato che metta al lavoro tutti quelli che possono dare un contributo reale.
Passata l’emergenza, sciolta la neve, dovremmo avere cura di continuare a stimolare le istituzioni comunali, provinciali e regionali affinchè adottino o perfezionino i propri piani di Protezione Civile, puntando al pieno coinvolgimento del mondo del volontariato, che in Irpinia esiste, opera e si impegna, e anche coinvolgendo scuole, enti e strutture di ricerca, professionalità e competenze plurali.

2 pensieri riguardo “Neve, emergenza e buon senso

  1. A noi manca la cultura della pianificazione e del progetto territoriale. Qualcuno afferma che non serve a nulla, sono solo chiacchiere. Almeno però fossero pronti con l’azione.
    La stragrande maggioranza dei comuni – ad esempio – non ha un Piano di Prevenzione dei rischi da calamità naturali – pure obbligatorio per approvare i piani urbanistici comunali (quelli che ancora oggi muovono interessi particolari e speculativi): andateveli a vedere quei pochi che esistono, copia ed incolla !
    I Centri Operativi Comunali (COC) – altro esempio – devono essere attivati ed organizzati con tanto di delibere sin dall’insediamento del sindaco e devono pure fare qualche esercitazione: pensate che qualche sindaco -oggi- ha fatto il comunicato stampa che ha attivato il COC, coprendosi a sua insaputa di ridicolo.Credo che prima di ogni umanesimo delle montagne, paesologia, valorizzazione economica, ambientale e turistica dell’Irpinia, è necessario essere più efficienti alla faccia di chi oggi odia i modelli europei a cui necessariamente ispirarsi.

  2. caro luca
    condivido; se ti va, possiamo pensare di rifare qualcosa su questi temi, sulla prevenzione e sulla pianificazione, aprendo alla partecipazione di chiunque voglia contribuire.
    secondo me e’ il momento.

    Stefano

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