La Patria nella Lingua

alighiero boetti

La Patria nella Lingua
Il Luogo del nostro corpo in cui siamo tutti italiani
di Claudia Fabris

Premetto che mi sento cittadina del mondo, anzi mi sento ospite di un pianeta azzurro e verde che rotola nello spazio attorno al Sole, stella di una galassia chiamata poeticamente Via Lattea.
Premetto che fatico sinceramente a comprendere gli uomini con la pretesa ridicola e ingenua di comprare e vendere la terra, il cielo e il mare, tracciandovi confini immaginari che loro ritengono serissimi e che ai miei occhi, oltre ad un onesto stupore, generano un compassionevole sorriso.
Detto questo io, Claudia, in questo pianeta che prende il nome da uno dei quattro elementi, sono senza dubbio Italiana. A partire dal nome che mi fa voltare per un istinto inconsapevole ogni volta che venga pronunciato a voce alta, e lo sono, italiana, più di quanto i miei pensieri su una presunta cittadinanza galattica mi lascino supporre.
E credo sinceramente che siano italiani, oltre ogni loro ragionevole coscienza, anche tutti gli altri esseri umani nati in questo curiosissimo stivale, che i suoi confini li ha accettati dalla Natura, più che da immaginifiche riunioni postbelliche attorno ad una cartina geografica, circondato com’è dal mare e chiuso dalle Alpi. E mi accingo immediatamente a motivare questa affermazione, che con ogni probabilità almeno una parte politica oggi potrebbe confutare.
Esiste in ogni italiano un organo, o meglio un luogo del corpo, in cui la parola patria trova la propria casa e questo luogo è la bocca o per essere più precisi la lingua. Nella lingua che parliamo e in quella fatta di carne e sangue, allenata sin dal latte materno, educata con costanza e gioia ad una sensibile intelligenza dei sapori, siamo davvero integralmente, innegabilmente e per sempre italiani. E davvero non è poca cosa avere un’ambasciata del proprio paese in corpo, e nella bocca poi, in quella lingua con cui si parla, si mangia, la lingua con cui, appassionati amanti, si bacia.
Se si pensa che la lingua utilizzata per comunicare con gli altri è innanzi tutto la lingua che usiamo per pensare e parlare a noi stessi. Il punto non è: “io parlo italiano” ma: “io penso in italiano”. La Madrelingua, madre forse proprio per questo, è il modo che utilizziamo più frequentemente per organizzare di fronte alla nostra coscienza il mondo esterno quando si affaccia agli occhi, è realmente Madre. Madre di tutto ciò che vediamo.
Se pensassimo in un’altra lingua, vedremmo altre cose, differenti, e vivremmo in un altro mondo, o quanto meno in un altro paese. Per questo motivo due popoli con una lingua diversa si sentono tanto diversi. Ovviamente non sono diversi in quanto esseri umani, ma vivono in due mondi differenti perché pensano e dunque vedono cose differenti. E questo è tanto vero da costringerli ad un confronto violento, nel caso in cui il sacrosanto diritto a mantenere viva la propria lingua venga calpestato.
Un esempio mille volte citato è quello degli eschimesi che hanno decine di parole per la neve con le sue sfumature di bianco. Se un eschimese venisse in vacanza a Cortina probabilmente le userebbe quasi tutte, perchè le sfumature di bianco e i diversi tipi di neve ci sono anche a Cortina. Vedrebbe cose che noi non vediamo e il motivo per cui noi non le vediamo è che non abbiamo le parole per descriverle.
L’altra madrelingua, ancor più madre, è quella che ci insegna dall’infanzia ad amare la cucina, trasformando la naturale necessità di nutrirsi in un’arte piena di sapienza che forse, e dico forse solo per evitare la presunzione, non trova eguali in tutto il pianeta. Ogni Italiano ha una sua lingua, in questo senso, cresciuta ed educata da madri e nonne, sorelle e amanti, nell’intimità della propria famiglia. Una lingua emotiva, che si fa carne e corpo. Cucinano anche gli uomini, lo so, ma più per lavoro o in particolari occasioni. La cucina quotidiana, quella che costruisce i corpi dei bambini mentre crescono, spetta ancora il più delle volte alle donne ed è anche questa una madrelingua. Madrelingua di corpi e di emozioni a cui nessun italiano saprebbe mai rinunciare. La pizza, ed è solo il più semplice e banalissimo esempio, forse l’abbiamo esportata in tutto il mondo solo per essere sicuri di poterla ritrovare ovunque andiamo.
E dunque, forse, nonostante tutto quello che quotidianamente vediamo nei giornali e alla tv, che ci farebbe pensare al nostro popolo come ad un popolo un po’ ridicolo e ben poco maturo, di macchiette melodrammatiche e fanfarone, di furbetti piccolini e molto avidi, se, e sto dicendo se, siamo ciò che mangiamo, forse gli italiani ci riserveranno ancora qualche piacevole sorpresa.

Pubblicato da david ardito

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Una opinione su "La Patria nella Lingua"

  1. Si può benissimo pensare e sognare in più di una lingua e amare più di una cucina. Il mito delle tante parole per la neve è sfatato da tempo: l’eschimese non è una lingua ma una famiglia di lingue; in ogni lingua non ci sono più di 3 o 4 espressioni specifiche per descrivere la neve come del resto in tedesco (Neuschnee, Pulverschnee, Schneematsch etc) o in inglese (snow, slush, sleet, blizzard..).

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